L’azione missionaria o “implantatio Ecclesiae”, che segue le grandi scoperte geografiche dell’inizio dell’era moderna (1492), ha un influsso sugli sviluppi del diritto canonico. Le scoperte geografiche segnano il passaggio dall’età di mezzo all’età moderna e creano una nuova espansione missionaria, dopo la prima dell’età cristiana ad opera di Paolo verso i “gentili” e la seconda dell’età medioevale verso gli anglosassoni e gli slavi. I metodi missionari della terza erano nuovi perché legati a differenti condizioni ambientali, sociali, culturali e politiche, perciò nuovi erano anche gli strumenti giuridico – istituzionali. La vita interna della Chiesa, insieme all’accentramento romano del governo, vede due diverse modalità di reggimento del popolo di Dio: una tradizionale, nei Paesi d’antica cristianità; l’altra più innovativa ed elastica, nei Paesi di missione.

Nascono nuove prassi di governo sia per la produzione normativa sia per l’amministrazione, favorendo la nascita di nuove norme e nuovi istituti. Si forma quindi una branca specialistica del diritto canonico denominata diritto canonico missionario (ius missionarium). Un esempio è l’istituzione dei vicari apostolici, figura istituzionale per poter provvedere al governo ecclesiastico delle Chiese particolari nei territori di missione. Questi prelati hanno la stessa dignità e potestà dei Vescovi diocesani, potevano essere nominati direttamente dalla Santa Sede senza formale violazione delle prerogative regie. Al governo della Chiesa locale attraverso l’ordinaria gerarchia si sostituiva un governo accentrato nella Sede Apolitica che non poteva essere soggetto alla giurisdizione regia e che veniva espletato attraverso vicari.

La progressiva accentuazione di una concezione personalistica e non territorialistica delle Chiese locali nei territori di missione, da un punto di vista storico rispondeva all’esigenza di emancipazione e dal punto di vista ecclesiologico e giuridico veniva ad introdurre significativi elementi di novità. L’introduzione nei territori di missione di forme governo diverse ed originali immette nel diritto canonico e nella stessa ecclesiologia quell’idea della Chiesa locale come comunità di persone, anziché come realtà istituzionale legata ad un territorio. Un altro esempio dell’influenza del diritto missionario è il regime giuridico delle persone fisiche.

Infatti nasce una nuova attenzione ai problemi del reclutamento e della formazione del clero, motivata dalla reazione ai condizionamenti delle grandi potenze coloniali che tendevano ad avere nelle missioni un clero nazionale, fedele al proprio Paese. Viceversa alla Chiesa interessava favorire l’impegno missionario di un clero che fosse zelante nell’opera apostolica e fedele alla Santa Sede, da qui l’avvento del clero indigeno considerato anche più idoneo per portare il messaggio evangelico. Inoltre si parla anche della condizione giuridica dei non battezzati che venivano chiamati ancora “infedeli”.

Dal punto di vista istituzionale l’espansione missionaria, che inizia alla fine del XV secolo, porta delle modifiche negli organi di governo della Chiesa universale. Con la costituzione apostolica Inscrutabili divinae Providentiae del 22 giugno 1622, Gregorio XV istituisce la Congregazione “de Propaganda fide” destinata ad organizzare e sostenere la propagazione della fede cristiana. Aveva una duplice funzione: diffondere la religione cattolica presso gli infedeli (missio ad gentes) e tutelare il sacro patrimonio della fede nelle regioni europee devastate dall’eresia (missio ad intra). Ha sviluppato essenzialmente la prima. Sin dal 1623 comincerà ad esercitare il governo delle missioni in maniera esclusiva, assommando tutte le funzioni ordinariamente ripartite, ecco perché questo dicastero è detto “ceteras Congregationes habet in ventre”.

Le attribuzioni della Congregazione non si limitavano all’esercizio di funzioni amministrative ma si estendevano anche alla funzione legislativa, avendo il potere di emanare decreti generali aventi forza di legge. L’attribuzione di poteri senza la contestuale revoca dei privilegi concessi precedentemente alle corone spagnola e portoghese portò un conflitto con il Patronato, il complesso di diritti e di obblighi che la Santa Sede aveva dato loro dalla metà del XV secolo affidando la parte orientale al Portogallo e la parte occidentale alla Spagna. Si crea insomma una situazione di concorrenza tra due diverse autorità: quella ecclesiastica e quella regia.

Gli argomenti principali del conflitto erano: la libertà di accesso dei rappresentanti di Propaganda e dei missionari nelle terre di missione; il placet regio agli atti dell’autorità ecclesiastica; lo ius nominandi dei Vescovi da parte del sovrano; l’estensione dei privilegi concessi dai Pontefici ai sovrani iberici. All’inizio si cercò di armonizzare le due differenti competenze ma quest’esperienza di collaborazione durò poco. Il conflitto tra le due autorità era in realtà sussistente in re ipsa, non potendosi armonizzare due potestà concorrenti. La Congregazione, pur nel formale rispetto degli jura maiestatica circa sacra, reagisce con l’emancipazione dell’azione missionaria e della vita delle giovani Chiese nei Paesi extraeuropei dai limiti e dagli impedimenti di Patronato. Queste controversie portano quindi la nascita di un nuovo diritto canonico. Certamente questi avvenimenti accentuano il passaggio del diritto canonico a prevalente diritto pontificio.

Dopo l’età medioevale, con il principio della “plenitudo potestatis”, e dopo la svolta Tridentina, che accentua la teologia dell’universalità della Chiesa e l’accentramento del suo governo, l’esperienza missionaria costituisce la frontiera avanzata della sperimentazione di un diritto canonico di produzione pontificia. Lo ius missionarium nasco come diritto speciale rispetto al diritto generale e comune, il diritto canonico. Le sue norme ed i suoi istituti però hanno una notevole influenza sul diritto generale, infatti quest’ultimo risulta essere l’estensione alla generalità della comunità dei fedeli di norme ed istituti nati nell’ambito dello ius canonicum missionarium.

Questo segna una prima svolta in senso spiritualista del diritto, la seconda sarà con la codificazione del 1917 e con la codificazione latina del 1983, con quest’ultima il diritto missionario sembra scomparire dando luogo alla più generale estensione di un diritto comune divenuto poi più missionario. Le controversie giurisdizionalistiche del Patronato costituiscono un ripensamento sul senso e sul fine del diritto nella Chiesa: quello della sua finalizzazione pastorale, della sua strumentalità alla salus animarum.

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