La Chiesa, in quanto realtà spirituale, sacramentale, carismatica, trascendente, le cui finalità sono rivolte al bene delle anime, non dovrebbe avere bisogno di diritto. Questo si rivolge all’uomo carnale poiché la dimensione propria del diritto è quella della secolarità, della socialità, dei rapporti esterni. All’interno della Chiesa sono nati diversi orientamenti di pensiero in discussione al diritto canonico: dallo gnosticismo ai diversi movimenti spiritualisti medioevali, alla Riforma luterana, alla contestazione antigiuridicista dell’età contemporanea. Negli ultimi secoli nell’ambito della teologia protestante c’è una contrapposizione tra legge e Vangelo, propria della dottrina di Lutero che ha una concezione della Chiesa come puramente carismatica e spirituale. Questa però è solo una visione parziale della realtà complessa della Chiesa.

La Chiesa come comunità di puri spiriti non ha bisogno del diritto, la “Ecclesia triumphans” dei martiri e dei santi non ha bisogno del diritto, ma la Chiesa militante (“Ecclesia militans”) cioè la comunità di persone in carne ed ossa vive giuridicamente ed ha bisogno del diritto. Il diritto canonico, che ha come fine la salvezza delle anime (“salus animarum”), non può assicurare questo fine ma lo favorisce. La dimensione umana e storica della Chiesa non esaurisce la sua realtà ma ne rappresenta una piccola parte. La Chiesa organizzata in popolo di Dio, l’insieme dei battezzati, si presenta come fenomeno unico e peculiare e manifesta, dal punto di vista socio-giuridico, analogie con le altre forme associative umane.

In un documento del Concilio Vaticano II, la costituzione dogmatica sulla Chiesa “Lumen gentium”, si parla di una analogia tra l’Incarnazione e la Chiesa, realtà spirituale, che si incarna in un corpo sociale che vive nella storia. Questa realtà divino-umana della Chiesa è congiunta alla realtà divino-umana di Cristo, infatti San Paolo parla della Chiesa come Corpo di Cristo. Ma allora come il Corpo del Signore non era sottratto alle leggi biologiche e fisiologiche, così la Chiesa non è sottratta a queste leggi proprie delle formazioni sociali. Se è naturale che ogni gruppo sociale umano si organizzi, è altrettanto naturale che la Chiesa in quanto gruppo umano organizzato produca diritto e viva secondo diritto.

Questo non toglie la differenza tra diritto canonico e i diritti secolari, ma il diritto canonico è diretto a disciplinare quella comunità umana che è chiamata ad essere comunione. Se la saggezza giuridica, ponendo precise regole, manifesta la struttura gerarchica della Chiesa, la spiritualità della comunione conferisce un’anima al dato istituzionale. Sin dalle origini la Chiesa si è organizzata e dotata di un sistema di norme, anche se il diritto della Chiesa è venuto nel tempo a crescere e ad articolarsi. Le ragioni dell’esistenza e la giustificazione del diritto della Chiesa si colgono nelle esigenze della sua stessa missione, cioè nel carattere di missionarietà.

La missione è l’unico vero scopo della società ecclesiale, un fine intrinseco ed immanente a tutto l’ordinamento; le esigenze della sua missione di evangelizzazione, promozione umana e santificazione danno conto dell’organizzazione della società ecclesiale. Il diritto canonico non appare più soltanto come regola statica della vita interna di una comunità religiosa, ma come un essenziale strumento che ne rende possibile e ne favorisce lo slancio apostolico senza rinnegare la ricchezza dei vari popoli e delle loro differenti tradizioni culturali.

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