La dichiarazione di parte, la confessione, il giuramento. Le prove documentali

La dichiarazione della parte è detta anche confessione, nel caso in cui la parte ammetta un fatto contrario ai suoi interessi. Nelle cause matrimoniali la confessione non costituisce una prova piena e spetterà al giudice valutarla attraverso il confronto con tutte le altre circostanze di causa ed il conforto di tutti i possibili elementi atti a corroborare la deposizione, anche in merito alla sua personale credibilità.

Se si procede in base a un interrogatorio, il difensore del vincolo e il promotore di giustizia possono presentare un questionario su cui far svolgere l’interrogatorio → can. 1533.

Hanno diritto di assistere all’interrogatorio il difensore del vincolo, il promotore di giustizia e i procuratori delle parti. I soggetti intervenienti possono proporre ulteriori quesiti alla parte esaminata tramite l’istruttore.

Il giudice deve deferire alle parti interrogate il giuramento promissorio (o quantomeno quello assertorio).

Il documento è la rappresentazione sensibile di un gatto, predisposta ai fini della prova, ma prima del processo e indipendentemente da esso.

Il documento può essere pubblico o privato, quello pubblico può essere ecclesiastico o civile. Il documento pubblico offre piena prova di tutto ciò che direttamente e principalmente è in esso attestato; il documento privato ha la stessa forza probatoria di una confessione extragiudiziale.

Ogni documento, per essere ammesso come prova, deve essere esibito in originale o in copia autentica (can. 1544): l’eventuale questione sulla veridicità è una tipica questione incidentale.

Nessuno è tenuto ad esibire un documento dalla cui conoscenza possa derivare un pericolo grave per sé, per il coniuge o per i prossimi congiunti oppure il rischio di violare il segreto d’ufficio.

La testimonianza – La perizia, l’accesso e la ricognizione giudiziali; la presunzione

Le disposizioni dinanzi al giudice dei soggetti che non sono parti in causa costituiscono le testimonianze. Tutti possono essere chiamati a testimoniare, a meno che non siano espressamente esclusi dalla legge → can. 1549.

Sono inabili a testimoniare i minori di anni 14 e gli infermi di mente, a meno che il giudice non disponga diversamente con specifico decreto.

Sono sempre incapaci: le parti, i loro patroni e procuratori, il giudice ed i suoi ausiliari, i sacerdoti per tutto ciò che sia stato oggetto di confessione sacramentale, pur quando il penitente li liberi dal vincolo del segreto → can. 1550

Sono esentati i sacerdoti per tutte le confidenze ricevute in ragione dell’esercizio del loro ministero personale, i pubblici funzionari, i medici, le ostetriche, gli avvocati, i notai e tutte le persone tenute al segreto d’ufficio, coloro dalla cui testimonianza potrebbe derivare un grave pericolo per loro stessi o per i congiunti.

I soggetti esenti sono tenuti a comparire o ad offrire al giudice gli elementi onde valutare la fondatezza della loro facoltà di astenersi; tornano ad essere obbligati quando vengono liberati dal vincolo del segreto.

La parte può escludere un teste se ha un giustificato motivo.

La richiesta della prova testimoniale va accompagnata dall’articolata indicazione degli argomenti su cui dovrà svolgersi l’interrogatorio del teste. Di norma i testi vengono sentiti presso la sede del tribunale a meno che il giudice non disponga diversamente (rogatoria). I Cardinali, i Patriarchi e i Vescovi vanno ascoltati nel luogo da essi scelto.

Il teste è tenuto a rispondere in modo veritiero e, ove egli non lo rifiuti, il giudice deve deferirgli il giuramento promissorio o assertorio.

Il teste deve essere rifuso delle spese affrontate e risarcito del mancato guadagno per l’adempimento dell’obbligo di rendere testimonianza.

Le deposizioni sono da valutare in ragione della loro credibilità, della loro coerenza, della rispondenza con le altre risultanze processuale e distinguendo se si tratti di un teste che depone per conoscenza diretta o sulla base di una sua congettura, per sentito dire da altri o per quanto riferito dalla comune opinione.

L’accesso e la ricognizione sono disposti da parte del giudice, con decreto, sentite le parti, ove egli ritenga opportuno accedere ad un luogo o ispezionare qualcosa → can. 1582

Le presunzioni sono tipiche prove indirette, consistono nella probabile congettura di una cosa incerta. Se la deduzione è operata dal giudice sulla scorta di semplici massime di vita viene definita hominis, se è stabilita dalla legge si definisce iuris.

Le presunzioni iuris possono essere iuris tantum (effetto: liberare la parte per la quale risultano favorevoli dall’onere della prova, senza impedire che l’altra parte possa offrire la prova del contrario) o iuris et de iure (non è ammessa la prova del contrario, ma solo quella che toglie fondamento al fatto su cui si basa la presunzione).

La conclusione della (istruttoria della) causa e la discussione

Il decreto di pubblicazione degli atti con cui si rende possibile a tutti i protagonisti del processo di avere una visione complessiva delle prove sino a quel momento raccolte non sancisce la conclusione della fase istruttoria.

Le parti possono proporre al giudice un supplemento d’istruttoria → can. 1598.

Dopo emanato il decreto di conclusione della causa è possibile ammettere altre prove purchè:

vengano sentite le parti, vi sia un grave motivo e non sussista pericolo di frode processuale o di subornazione,
ci sia il rischio che, non ammettendo la nuova prova, la sentenza possa risultare manifestamente ingiusta
trattandosi di documenti, la parte interessata ad esibirli non abbia potuto farlo in precedenza senza sua colpa.

Dal decreto di conclusione in causa decorrono i termini assegnati dal giudice alle parti, al promotore di giustizia e al difensore del vincolo per presentare la difesa (restrictus) e le osservazioni (animadversiones). Solitamente si tratta di memorie scritte, a meno che non venga disposta la discussione orale.

A tutti viene dato il diritto di replica e anche di contro-replica; solo al promotore di giustizia e al difensore del vincolo è concesso il diritto di avere l’ultima parola con un’ulteriore risposta.

Degli interventi delle parti si può anche fare a meno, quando si rimettano alla scienza e coscienza del giudice; non si può mai fare a meno delle osservazioni del promotore di giustizia e del difensore del vincolo → can. 1606

 

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