L’interesse legittimo non trova una definizione normativa, ma solo menzione nella Costituzione, e si sostanzia in una posizione giuridica attiva in grado di arrecare vantaggio al suo titolare solo se e nella misura in cui la P.A. riconosca che ne tragga beneficio o non ne riceva danno anche l’interesse pubblico che essa tutela e che si interseca con detto interesse.

In particolare, qualora il privato pretenda qualcosa dall’amministrazione, sicché la soddisfazione della propria aspirazione passa attraverso il comportamento attivo dell’amministrazione stessa, si è in presenza dell’interesse c.d. pretensivo (come nel caso del privato che partecipa ad un concorso a pubblico impiego); mentre nell’ipotesi in cui il soggetto privato soddisfi la propria pretesa a condizione che l’amministrazione non eserciti il potere, si è in presenza di un interesse c.d. oppositivo (come nel caso dell’espropriazione).

In entrambe le ipotesi è evidente che il privato non ha un diritto soggettivo, in quanto la sua aspirazione al bene finale della vita non è tutelata in via assoluta dall’ordinamento, non è cioè, protetta da una norma di relazione: l’interesse privato non è un limite alla soddisfazione di quello pubblico. Piuttosto, la protezione giuridica degli interessi del privato si attua indirettamente, cioè attraverso la protezione di un altro interesse del soggetto, quello alla legittimità dell’atto amministrativo.

Il potere dunque, dev’essere esercitato dalla P.A. in vista dell’interesse pubblico secondo le modalità previste in astratto dall’ordinamento, ed è in tale accezione che va intesa la tutela del privato: nella pretesa ad un corretto e legittimo esercizio dell’attività da parte della P.A.

La pretesa alla legittimità dell’azione amministrativa è, dunque, l’interesse legittimo.

Il titolare dell’interesse legittimo, comunque, può non limitarsi ad attendere il comportamento dell’ amministrazione, ma esercitare dei poteri al fine di influenzare lo svolgimento della sua attività. Egli, infatti, ha innanzitutto un potere di reazione, il cui esercizio si concretizza nella possibilità di esperire i ricorsi amministrativi e giurisdizionali allo scopo di ottenere l’annullamento dell’atto amministrativo.

Ha, inoltre, un potere di partecipazione al procedimento amministrativo, e un potere di accesso ai documenti della P.A. ; a tal proposito, si è parlato di interesse procedimentale come di una peculiare categoria relativa appunto a “fatti procedimentali”, ma la dottrina ha obiettato che si tratterebbe, in realtà, di facoltà che attengono all’interesse legittimo. Va precisato, comunque, che l’interesse procedimentale non necessariamente coincide con l’interesse legittimo (il quale consente al soggetto di ricorrere in giudizio e quindi di avere anche una legittimazione processuale).

Infatti, la mera partecipazione al procedimento non necessariamente significa che le conseguenze dell’esercizio del potere amministrativo debbano sicuramente interessare direttamente il titolare dell’interesse stesso; ad es. la L. 349/86 istitutiva del ministero dell’ambiente prevede la possibilità per qualsiasi cittadino di presentare istanze, osservazioni o pareri in relazione ai procedimenti di valutazione di impatto ambientale,ma non assicura in seguito ad essi la legittimazione processuale, riconosciuta solo per le associazioni individuate dal ministero dell’ambiente;

l’unica normativa che si occupa contestualmente dell’intervento dei privati e della legittimazione processuale, non prevede dunque una corrispondenza tra partecipazione e legittimazione processuale.

D’altronde l’interesse procedimentale risulta spesso sfornito di tutela effettiva, non potendosi ricorrere al giudice per la sua violazione, a differenza di quanto accade nell’ipotesi di titolarità dell’interesse legittimo.

 

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