La funzione giurisdizionale è l’unica che appartiene esclusivamente allo Stato: mentre quella normativa ed amministrativa sono riconosciute e attribuite anche ad altri soggetti dell’ordinamento, è solo lo Stato che può applicare il diritto al caso concreto per risolvere una controversia con una decisione idonea ad acquisire efficacia di giudicato.

La giurisdizione è attuazione della legge: di conseguenza si estende fin dove sussiste soggezione alla legge. La relativa questione può essere rilevata d’ufficio, in quanto la giurisdizione fa parte dei presupposti processuali che devono essere delibati dal giudice amministrativo prima di esaminare il merito della domanda.

La legge attribuisce la giurisdizione a soggetti dell’ordinamento, gli organi della magistratura, individuando i limiti del relativo potere:

–          limiti esterni: oltre essi non sussiste nessun giudice dell’ordinamento che abbia giurisdizione àil superamento determina un difetto assoluto di giurisdizione

–          limiti interni: operanti nell’ambito della sfera di giurisdizione spettante ai vari organi àil superamento determina un difetto relativo di giurisdizione

Nelle ipotesi in cui il conflitto sorge all’interno del medesimo ordine giurisdizionale si profila una questione di competenza.

Diversi, invece, sono gli elementi dell’azione esercitata:

  1. il soggetto
  2. il petitum: è l’oggetto dell’azione. Eel giudizio amm.vo consiste nella domanda di annullamento
  3. la causa petendi: è il titolo sul quale si fonda l’azione

Il riferimento a questi elementi è rilevante per la determinazione del criterio per distinguere la giurisdizione del giudice ordinario da quella del giudice amministrativo. Dopo l’istituzione della IV sez. Consiglio di Stato, difatti, la stessa sezione propose di operare il riparto tra le giurisdizioni secondo il criterio del petitum:

–          il giudice amministrativo avrebbe avuto giurisdizione quando fosse chiesto l’annullamento dell’atto a prescindere dal tipo di norme violate

–          il giudice ordinario invece sulle controversie per le quali fosse richiesta una sentenza di condanna o dichiarativa

Questo criterio fu invece rifiutato dalla cassazione, la quale affermò che il riparto dovesse essere operato avendo come riferimento alla causa petendi, quindi alla natura della situazione giuridica dedotta in giudizio, ossia diritto soggettivo o interesse legittimo:

–          giudice amministrativo: interessi legittimi

–          giudice ordinario: diritto soggettivo

La giurisprudenza si è quindi impegnata per definire una regola che indicasse quando si è in presenza della lesione di un diritto soggettivo ovvero di un interesse legittimo, individuato sulla base della contrapposizione tra carenza di potere e cattivo esercizio del potere:

–          se si contesta l’esistenza del potere: si è in presenza di diritti soggettivi

–          se si lamenta un cattivo uso del potere: si fa valere un interesse legittimo

Secondo la giurisprudenza si verifica carenza di potere in concreto quando l’amministrazione agisce in una situazione in cui difettano uno o più fatti stabiliti dalla legge (norma di relazione) come presupposti per l’esistenza in concreto del potere: si pensi al provvedimento di esproprio emanato quando è spirato il termine fissato dalla dichiarazione di pubblica utilità.

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