Ai dirigenti sono stati attribuiti poteri autonomi di gestione, con il compito di organizzare il lavoro, gli uffici e le risorse umane e finanziarie, nonché di attuare le politiche delineate dagli organi di indirizzo politicoamministrativo, rispondendo del conseguimento dei risultati.

La dirigenza statale si articola in due fasce del ruolo dei dirigenti istituito presso ogni amministrazione.

Nell’ambito del predetto ruolo sono definite apposite sezioni, in modo da garantire la eventuale specificità tecnica.

L’accesso alla qualifica di dirigente nelle amministrazioni statali e negli enti pubblici non economici avviene mediante due distinte modalità: concorso per esami indetto dalle singole amministrazioni ovvero corsoconcorso selettivo di formazione bandito dalla Scuola superiore della pubblica amministrazione.

Un canale alternativo per l’accesso alla dirigenza è costituito dagli incarichi diretti esterni, mediante contratto a tempo determinato .

Il rapporto di lavoro si fonda su un contratto , mentre nel passato, per i dirigenti della qualifica più elevata, in quanto non soggetti alla privatizzazione , si basava su un atto amministrativo unilaterale.

La fase determinativa del rapporto di servizio , affidata alla contrattazione collettiva , va tenuta distinta dal momento della preposizione all’organo mediante “incarico della funzione” che è sempre conferito a tempo determinato.

Per il conferimento dell’incarico( che è rinnovabile) si tiene conto , in relazione alla natura e alle caratteristiche degli obiettivi prefissati, delle attitudini e delle capacità professionali del dirigente, valutate anche in considerazione dei risultati conseguiti con riferimento agli obiettivi fissati.

La definizione dell’oggetto , degli obiettivi e della durata dell’incarico correlata agli obiettivi e comunque non eccedente i tre anni per gli incarichi di segretario generale, di direzione ecc. è contenuta nel provvedimento di conferimento, mentre la definizione del trattamento economico spetta al contratto individuale che accede al provvedimento medesimo.

Non necessariamente tutti i dirigenti hanno la titolarità di uffici dirigenziali : allorché ad essi sia affidata tale titolarità, i dirigenti svolgono funzioni ispettive, di consulenza, studio e ricerca o altri incarichi specifici previsti dall’ordinamento.

Proprio dei dirigenti è poi la responsabilità dirigenziale : essa, aggiuntiva rispetto alle altre forme di responsabilità che gravano sui dipendenti pubblici, sorge allorché non siano stati raggiunti gli obiettivi o in caso di inosservanza delle direttive imputabile al dirigente( art. 21 d.lgs. 165/01).

Tale responsabilità, che rivela l’inidoneità all’incarico, non sorge dalla mera violazione di precise regole normative da parte del dirigente, ma si collega all’attività complessiva dell’ufficio cui egli è preposto. La sanzione è l’impossibilità del rinnovo dello stesso incarico . La responsabilità riguarda essenzialmente il mancato raggiungimento degli obiettivi, per la valutazione dei quali è essenziale il controllo di gestione. Il raggiungimento degli obiettivi rileva anche ai fini del trattamento economico.

Gli incarichi di segretario generale, di direzione di strutture articolate al loro interno in uffici dirigenziali generali e quelli di livello equivalente cessano decorsi 90 gg. dal voto sulla fiducia del governo. Mentre per gli incarichi di vertice, dei consigli di amministrazione , conferiti dal governo o dai ministri nei 6 mesi antecedenti la scadenza naturale della legislatura o nel mese antecedente lo scioglimento anticipato delle camere, le nomine possono essere confermate , revocate, modificate o rinnovate entro sei mesi dal voto sulla fiducia al governo.

La disciplina espressamente volta a definire i rapporti tra organi politici e dirigenti di uffici dirigenziali stabilisce che gli organi di governo esercitino le funzioni di indirizzo politico-amministrativo, definendo gli obiettivi e i programmi da attuare, adottando gli altri atti rientranti nello svolgimento di tali funzioni e verificando la rispondenza dei risultati dell’attività svolta, mentre i dirigenti adottano i provvedimenti amministrativi e curano la gestione finanziaria, tecnica e amministrativa .

Ai sensi dell’art. 14, c. 1 d.lgs. 165/01 il ministro definisce obiettivi, priorità, piani e programmi da attuare ed emana le conseguenti direttive generali per l’attività amministrativa e per la gestione. Tale organo non può revocare, riformare, riservare o avocare a sé o altrimenti adottare atti di competenza dei dirigenti (la norma prevede che solo in caso di inerzia e di ritardo il ministro possa fissare un termine per provvedere e qualora l’inerzia permanga, o in caso di grave inosservanza di direttive da parte del dirigente, egli abbia il potere di nominare ,salvi i casi di urgenza, un commissario.

Ne discende che gli atti e i provvedimenti adottati dai dirigenti preposti al vertice dell’amministrazione e dai dirigenti di uffici dirigenziali non sono suscettibili di ricorso gerarchico, ma resta salvo il potere di annullamento ministeriale per motivi di legittimità. Tutto ciò a superamento della gerarchia, confermato dall’art. 72 che ha abrogato espressamente il capo I del d. p.r. 748/72 che prevedeva i poteri ministeriali di annullamento, revoca e riforma degli atti dei dirigenti. Oggi la separazione tra politici e dirigenti è talmente netta che si esclude si possa parlare di un rapporto di direzione, non tollerando una diretta ingerenza del politico nell’attività del dirigente.

Invece i dirigenti preposti agli uffici dirigenziali generali, nei confronti dei dirigenti definiscono gli obiettivi e attribuiscono le risorse, dirigono, coordinano e controllano l’attività dei dirigenti e dei responsabili dei procedimenti, anche con poteri sostitutivi in caso di inerzia e con poteri di decisione sui ricorsi gerarchici contro gli atti e i provvedimenti amministrativi non definitivi dei dirigenti.

L’art. 17 dlgs. 165/01 prevede poi poteri di direzione, coordinamento e controllo in capo al dirigente in relazione all’attività degli uffici che da lui dipendono e di quella dei responsabili dei procedimenti amministrativi, anche con poteri sostitutivi in caso di inerzia. L’art. 17 bis prevede l’area della vicedirigenza la cui istituzione è rimessa alla contrattazione collettiva di comparto. La normativa, inoltre, favorisce la mobilità tra settore pubblico e privato.

 

I soggetti del diritto amministrativo: le formazioni sociali e gli ordinamenti autonomi

Un ruolo importante rivestono le organizzazioni sociali, ossia formazioni costituite da aggregazioni di individui che perseguono interessi, non caratterizzati dal fine di lucro, in parte coincidenti con quelli affidati alla cura dei soggetti pubblici. Questi costituiscono il c.d. terzo settore composto, oltre dalle associazioni no profit, anche da organizzazioni di volontariato, associazioni e cooperative.

Il campo di azione di numerose di queste organizzazioni è in linea di massima quello dei servizi sociali.

La normativa di settore prevede che le organizzazioni che perseguono finalità di interesse generale possono ricevere finanziamenti pubblici e siano talora sottoposte a forme di controllo o vigilanza , ovvero ad un regime fiscale favorevole.

Le associazioni di volontariato possono stipulare convenzioni con soggetti pubblici per lo svolgimento dei servizi , e devono svolgere attività di utilità sociale senza fine di lucro e nel pieno rispetto della libertà e dignità degli associati.

Accanto all’ordinamento generale figurano gli ordinamenti autonomi quali gli ordinamenti delle confessioni religiose e quello sportivo.

Es. il Coni è anche qualificato ente pubblico

 

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