Un’altra questione concerne l’individuazione in concreto dell’interesse.

Tradizionalmente si afferma che l’interesse legittimo è un interesse personale, differenziato rispetto ad altri interessi e qualificato da una norma.

L’interesse è qualificato perché preso in considerazione da una norma che lo protegge, anche in modo non diretto, e in quanto tale risulta differenziato rispetto alla pluralità degli interessi che fanno capo ai consociati.

La specificazione di tali caratteri è importante, rispondendo essenzialmente ad un’esigenza di indole processuale, in quanto consente di individuare con precisione il soggetto che, in quanto titolare di un interesse legittimo, è legittimato ad agire in giudizio.

Il problema della differenziazione e qualificazione degli interessi emerge, comunque, con riferimento soprattutto agli interessi diffusi e agli interessi collettivi (c.d. superindividuali); i primi si caratterizzano per il fatto che, da un punto di vista soggettivo, appartengono ad una pluralità di soggetti, e, dal punto di vista oggettivo, attengono a beni non suscettibili di fruizione differenziata; i secondi, invece, (tipici esempi sono l’interesse ambientale, quello alla salute, quello dei consumatori) fanno capo ad un gruppo organizzato, ovvero ad una determinata categoria o gruppo sociale, dal che discende che i caratteri della personalità e differenziazione, necessari per la qualificazione degli interessi come legittimi (tutelabili davanti al giudice amministrativo) potrebbe essere rinvenuto più facilmente se si sostituisce al soggetto atomisticamente inteso, il gruppo.

Il problema, però, è che manca una disciplina positiva del legislatore, e quindi la giurisprudenza ha dovuto procedere per tentativi al fine di individuare criteri di trasformazione degli interessi collettivi e diffusi in interessi differenziati; tra i criteri utilizzati vi è quello del collegamento stabile e non occasionale dell’associazione che si occupa della cura di interessi superindividuali con il territorio sul quale si producono gli effetti di atti amministrativi; tale soluzione, però, ha penalizzato le organizzazioni aventi carattere nazionale.

In altri casi si è fatto riferimento alla partecipazione dell’associazione a comitati previsti dalla legge, o alla partecipazione procedimentale.

Il problema è sicuramente superato per le associazioni ambientali, in quanto, ai sensi della L. 349/86 prima menzionata, possono impugnare gli atti amministrativi, e per quelle di tutela dei consumatori, essendo stata riconosciuta la legittimazione ad agire a tutela degli interessi degli utenti a tutte quelle associazioni iscritte in un apposito elenco a livello nazionale.

La L. 241/90, comunque, sembra aver generalizzato la possibilità, per i soggetti portatori di questi interessi, di partecipare al procedimento amministrativo: e infatti l’art. 9 consente ai “portatori di interessi diffusi costituiti in associazioni o comitati” di intervenire nel procedimento; è evidente, quindi, che non si può prescindere dalla presenza di associazioni e comitati, il che sembra richiamare gli interessi collettivi.

 

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