Nel processo amministrativo la prima distinzione proposta riguardava due diverse modalità di tutela degli interessi legittimi: accanto all’ipotesi generale, costituita dalla giurisdizione di legittimità si consideravano anche ipotesi particolari, nelle quali il giudice amministrativo decide anche in merito. Dopo l’istituzione della giurisdizione esclusiva, in alcuni casi particolari anche la giurisdizione sui diritti soggettivi fu associata alla giurisdizione di merito. Dato che il codice ha sensibilmente ridotto il numero delle ipotesi, i casi di giurisdizione esclusiva estesa al merito hanno un evidente carattere di eccezionalità (art. 134):

  • i ricorsi per l’attuazione delle pronunce giurisdizionali del giudice civile o del giudice amministrativo, che introducono il giudizio di ottemperanza;
  • i ricorsi contro gli atti e le operazioni di materia elettorale, quando il contenzioso sia devoluto al giudice amministrativo;
  • i ricorsi contro le sanzioni amministrative pecuniarie, nei casi particolari in cui la tutela rispetto ad esse sia devoluta al giudice amministrativo;
  • i ricorsi in materia di contestazioni sui confini degli enti territoriali;
  • i ricorsi contro il diniego di nulla-osta per la censura cinematografica.

 In passato la giurisdizione di merito si caratterizzava per l’attribuzione al giudice amministrativo, oltre ai normali poteri che gli sono attribuiti nella giurisdizione di legittimità, anche di alcuni poteri aggiuntivi per la cognizione (es. mezzi istruttori aggiuntivi) e la decisione della controversia (es. riforma dell’atto). I caratteri della disciplina di merito, tuttavia, non erano particolarmente chiari:

  • una prima interpretazione riteneva che la giurisdizione di merito si caratterizzasse per il fatto che l’impugnazione del provvedimento amministrativo sarebbe stata ammessa, oltre che per i vizi di legittimità (es. violazione di legge), anche per vizi di merito (es. inadeguatezza del criterio accolto nell’esercizio di un potere discrezionale);
  • una seconda interpretazione riteneva che anche nelle ipotesi di giurisdizione di merito il giudice amministrativo non potesse conoscere e decidere su vizi di merito. I poteri più ampi a questo riconosciuti rispetto alla giurisdizione di legittimità non implicherebbero un sindacato esteso, ma consentirebbero al giudice, oltre che di annullare l’atto impugnato, anche di introdurre lui stesso nell’atto le modifiche ritenute necessarie.

Nel codice la giurisdizione di merito si caratterizza per l’ampiezza dei poteri decisori attribuiti al giudice, il quale può sostituirsi all’amministrazione (art. 7 co. 6) e adottare un nuovo atto oppure modificare o riformare quello impugnato (art. 34 co. 1 lett. d). Secondo la dottrina prevalente, quindi, il giudice amministrativo non accerta soltanto se un certo provvedimento sia illegittimo, ma con la propria pronuncia stabilisce anche ciò che deve valere nel caso concreto.

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