Si può dar vita ad un’ordinaria forma organizzativa disciplinata dal codice civile pure attraverso atti (unilaterali o contrattuali) di diritto privato e quindi nell’esercizio dell’ordinaria capacità giuridica e d’agire di diritto privato. Gli enti pubblici, quindi, avendo capacità di diritto privato, possono costruire enti privati, divenendone quindi fondatori o soci. Dal diritto privato non emergono limiti in proposito, salvo quelli ovvi che derivano dall’esigenza che la forma organizzativa sia compatibile con il tipo di attività da svolgere (es. non può essere costituita una s.p.a. tenuta a svolgere attività di beneficienza). Alcuni limiti, tuttavia, derivano dal diritto pubblico:

  • l’ente pubblico non può costituire un organismo di diritto privato per fargli svolgere quelle attività che corrispondono al nucleo essenziale della propria funzione istituzionale: non si può privatizzare quel che la legge vuole sia pubblico;
  • lo scopo per il quale l’organismo privato viene costituito deve consistere nello svolgimento di attività dirette a perseguire interessi pubblici non estranei alla competenza dell’ente cha fa ricorso a tale forma organizzativa;
  • ci si chiede se un ente pubblico possa costituire una società commerciale con il solo obiettivo di ricavare degli utili. Una risposta positiva a questa domanda appare piuttosto dubbia quando a una tale prospettiva corrisponda il rischio di perdite di risorse pubbliche non giustificato dall’obiettivo di perseguire direttamente un interesse pubblico;
  • la forma organizzativa usata deve escludere la responsabilità illimitata dell’ente, dato che altrimenti si violerebbe la regola per cui le spese degli enti pubblici soggetti al regime del diritto amministrativo debbono essere previste nei bilanci preventivi e, quindi, dalla legge
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