Sebbene una pubblica amministrazione possa incorrere in responsabilità tanto contrattuale quanto extracontrattuale, è la seconda che ha costituito uno dei problemi principali per il diritto italiano delle amministrazioni pubbliche. Fino alla sent. n. 500 del 1999 (Corte di Cassazione), infatti, vigevano due regimi di responsabilità risarcitoria extracontrattuale delle pubbliche amministrazioni:
- uno per i danni arrecati da atti e comportamenti sostanzialmente assimilabili a quelli dei soggetti di diritto comune;
- uno per i danni causati da un esercizio illegittimo di poteri amministrativi.
Responsabilità di diritto comune
La responsabilità extracontrattuale di diritto comune dell’amministrazione si fonda sulle stesse norme generali che sono alla base dell’istituto quando questo viene in rilievo nei rapporti tra privati (art. 2043 c.c.). Essa viene considerata una responsabilità per fatto proprio dell’amministrazione sulla base del c.d. rapporto organico, il quale, diversamente da quanto accade per l’imputazione degli atti giuridici, coinvolge qualsiasi soggetto inserito nell’organizzazione amministrativa. In tal modo, si ha una responsabilità diretta della pubblica amministrazione, alla quale si affianca (solidalmente) quella del funzionario o del dipendente che ha agito (art. 28 Cost.).
Stabilire se l’attività di una persona debba considerarsi come tenuta da un soggetto inserito nell’organizzazione amministrativa oppure come propria di un libero cittadino richiede un esame delle situazioni concrete piuttosto complesso. Secondo la dottrina prevalente, comunque, per rompere il rapporto organico e quindi per escludere la responsabilità civile della pubblica amministrazione, occorre che l’agente si proponga obiettivi egoistici.
Secondo l’art. 2043, perché un comportamento possa essere fonte di responsabilità occorre anche che sia tenuto con dolo o colpa. Occorre quindi stabilire se l’indagine su tale requisito sia necessaria anche per stabilire la responsabilità di una pubblica amministrazione. In Italia, in mancanza di norme legislative specifiche o di orientamenti giurisprudenziali di analogo tenore, non pare possibile prescindere dall’accertamento della colpa o del dolo dell’agente.
Esercizio apparente di poteri amministrativi
La disciplina comune della responsabilità ha normalmente trovato applicazione anche ai danni causati da comportamenti che si prospettano come esercizio di poteri retti dal diritto amministrativo ma che tali sono soltanto in apparenza (es. danni che possono considerarsi arrecati direttamente da atti nulli). In questi termini, peraltro, non è necessario affrontare problemi come quelli sopra esposti circa la riconducibilità alla pubblica amministrazione del comportamento colpevole di una persona, visto che non possono esserci dubbi circa l’imputabilità degli atti che causano i danni da risarcire.
La disciplina della responsabilità di diritto comune si applica anche a certe attività materiali che le amministrazioni, in alcuni casi, pretendono di considerare lecito esercizio di poteri discrezionali. Dato che l’art. 2043 costituisce un limite esterno alla discrezionalità dell’amministrazione, infatti, non possono considerarsi rientranti nella discrezionalità quelle scelte operate con il preciso scopo di provocare un danno ad un soggetto (dolo) o senza tenere adeguato conto delle ordinarie regole di diligenza (colpa).
Chiaramente, se l’art. 2043 deve essere rispettato quando un’amministrazione fa scelte discrezionali del tipo esemplificato, esso ugualmente va osservato nell’attività operativa conseguente a pur legittime scelte discrezionali, anche se questa attività operativa implica ulteriori scelte discrezionali (es. se si è deciso che una linea ferroviaria debba seguire un certo percorso, ciò non implica che sia lecito costruire (attività operativa) la ferrovia su un terreno franoso).
Occorre sottolineare che il comportamento successivo ad una scelta discrezionale legittima di un’amministrazione può dar adito a responsabilità risarcitoria anche semplicemente per violazione del principio del legittimo affidamento, in questo caso inteso in un senso particolare.
Responsabilità per esercizio illegittimo di poteri amministrativi
Le amministrazioni pubbliche possono provocare dei danni anche mediante l’esercizio effettivo di poteri amministrativi:
- se esiste una specifica disposizione in tal senso, il danneggiato, pur non potendo pretendere alcun risarcimento, può essere indennizzato (es. espropriazione);
- se non esiste una specifica disposizione in tal senso, il danneggiato non può pretendere nulla (es. se un’amministrazione decide di non procedere all’asfaltatura di una strada, il fatto che gli abitanti di tale strada si rovinino le scarpe non può essere considerato un danno risarcibile).
Ci si chiede tuttavia se il danneggiato possa pretendere risarcimento qualora un’amministrazione causi dei danni esercitando un potere di cui effettivamente dispone violando la legge. In mancanza di una disciplina specifica, anche in questo caso si tratta di vedere se e come possa essere applicato l’art. 2043 c.c.