Nello stato assoluto avveniva spesso che il sovrano cedesse in parte l’esercizio della propria sovranità ad individui privati i quali pur agendo in nome proprio e nel proprio interesse, tuttavia esercitavano attività di Pubblica Amministrazione e talvolta anche funzioni legislative o giurisdizionali.

Di queste forme è rimasto soltanto l’esercizio a titolo professionale di attività che risulta rilevante anche per l’amministrazione e che si è soliti considerare come materialmente amministrativa.

Il notaio, talvolta il medico agiscono infatti in nome proprio e nel proprio interesse, tuttavia esercitano un’attività che risulta rilevante per lo stato.

Essi sono quindi soggetti che attuano Pubblica Amministrazione pur non essendo Pubblica Amministrazione.

Per essi è prevista la necessità del conferimento di una speciale capacità. Solo che non essendo i loro atti né formalmente né sostanzialmente amministrativi, ma atti privati questa è esercitata dagli ordini o collegi ai quali appartengono e che sono a loro volta soggetti alla sorveglianza dello stato.

Solo indirettamente discendono da quelle forme storiche altre forme di esercizio privato della Pubblica Amministrazione: tali l’esercizio di un’attività materialmente amministrativa connessa con un servizio pubblico (ferrovie) fondato su un titolo di concessione ossia sul conferimento del diritto a quell’esercizio da parte della stessa Pubblica Amministrazione; e l’esercizio del diritto di agire in giudizio a favore di un interesse proprio di un ente pubblico da parte di ogni cittadino.

Ancora più direttamente ne discendono infine altre forme nelle quali il privato agisce si in nome proprio ma non più nel proprio interesse: tali le ipotesi in cui l’esercizio dipende da un dovere imposto dalla legge stessa a che si trovi in una certa condizione di diritto o di fatto: così ad esempio il capitano di una nave esercita attività di polizia durante la navigazione e ogni cittadino deve rendere testimonianza.

In tutte queste ipotesi di esercizio privato di Pubblica Amministrazione, il soggetto soddisfa con la sua attività un proprio interesse diverso per natura ma coincidente nei fini ultimi con quello dello stato o di altri enti pubblici e perciò concomitante in quanto esso rimane sempre un interesse pubblico e soprattutto si noti che la sua attività può essere connessa con l’esercizio di poteri di impero: ciò che basta ad affermare che questi atti siano esplicazione di autarchia.

Nella nuova legislazione amministrativa sono stati introdotti degli istituti che cominciano a configurare delle ipotesi in cui il cittadino interessato partecipa alla amministrazione pur agendo sempre con poteri privati ma l’esito di tali agire è parificato ad un atto amministrativo.

La prima di tali ipotersi è quella che va sotto il nome di silenzio assenso.

La legislazione ha infatti previsto in certi settori che quando un cittadino rivolge una domanda all’amministrazione per avere un provvedimento cui ritiene di avere diritto, quando l’amministrazione rimanga inerte e cioè assuma una posizione di silenzio, decorso un determinato periodo di tempo il silenzio viene equiparato ad un atto amministrativo positivo.

In questi casi si ritiene che non sia soltanto il silenzio tenuto per il tempo previsto a produrre l’effetto desiderato ma la stessa attività del privato che ha fornito all’amministrazione tutto ciò che è necessario per provvedere.

In questa ipotesi la domanda di concessione diviene dopo il periodo prescritto automaticamente un provvedimento concessorio e ciò dipende non dall’attività dell’amministrazione che è rimasta inerte ma dall’attività del privato che si è in tal modo sostituito alla amministrazione del privato che si è in tal modo sostituito all’amministrazione inadempiente.

Ancora più interessante è quanto è stato introdotto nella nuova legge sul procedimento amministrativo. È stato previsto che il cittadino abbia il diritto potere di concorrere con l’amministrazione nella formazione di ogni atto amministrativo attraverso il contraddittorio che costituisce una forma di partecipazione privata all’esercizio della funzione amministrativa.

Ma il cittadino ha il diritto potere non solo di partecipare all’istruttoria ma anche di partecipare alla formulazione dell’atto finale del procedimento.

In questi casi e cioè quando sia l’autorità che il cittadino concordano nel contenuto dell’atto, l’amministrazione non procede più alla emanazione di un provvedimento amministrativo unilaterali ma la fattispecie è definita mediante un atto denominato accordo in cui le due parti concorrono nella sua formazione. È da ritenere che anche qui si sia in presenza di una attività di PA.

Per completezza di esposizione vanno peraltro anche segnalate alcune ipotesi minori di esercizio di attività privata necessariamente coordinata all’interesse pubblico.

Sono le ipotesi in cui l’ordinamento giuridico attribuisce una particolare rilevanza ad alcune attività, svolte mediante l’uso di poteri privati e nell’interesse immediato del loro autore, ma che peraltro incidono notevolmente nella vita della collettività sicchè il loro esercizio assume uno spiccato rilievo di carattere sociale.

Basti pensare all’attività delle banche e delle imprese di assicurazioni. In questi casi malgrado il loro carattere esclusivamente privatistico, tali attività vengono sottoposte a controlli molto penetranti da parte di autorità amministrative indipendenti come la banca di Italia per il sistema creditizio, la consob, il garante per l’editoria, la commissione di garanzia per l’esercizio del diritto di sciopero nei servizi pubblici essenziali onde garantire l’interesse pubblico.

Ma il fenomeno di gran lunga più interessante in questo contesto è dato da ciò che lo stato stesso interviene sempre maggiormente nell’attività economica privata onde conseguire il soddisfacimento di interessi pubblici sociali, mediante le proprie attività ma soprattutto mediante la creazione di persone giuridiche destinato a perseguire fini di interesse pubblico collettivo. Tali persone giuridiche non sono enti pubblici, sia perché non perseguono fini propri dello stato ma soltanto fini di interesse generale, sia perché non agiscono mediante l’uso di poteri di impero. Essi dunque a volte assumono strutture organiche proprie degli enti pubblici ma nella maggioranza dei casi la stessa struttura delle persone giuridiche private.

Anche rispetto a queste persone lo stato interviene con il suo controllo il quale però più che sugli atti avviene indirettamente mediante la nomina di amministratori e sindaci.

Né è da dimenticare che talora lo stato ottiene ugualmente che l’attività privata sia svolta nell’interesse pubblico e quindi sottoposta ai suoi controlli. Ciò avviene quando lo stato facendo coincidere l’interesse dei privati con l’interesse pubblico sottrae ai privati il potere di disporre della propria attività: tipico era il caso dei prezzi amministrati o del blocco dei contratti di locazione di immobili.

In queste ipotesi seppure la libertà dei privati non sia completamente eliminata, tuttavia si ha una parziale penetrante sostituzione espropriativi dell’amministrazione alla sfera di capacità dei singoli e quindi una loro riduzione a strumenti di governo.

Si tratta nel nostro ordinamento di ipotesi che segnano il confine con ordinamenti statali di tipo collettivitstico.

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