Il rapporto tra l’ art. 11 L. 241/90 e i princìpi civilistici

L’ art. 11 L. 241/90 prevede anche la possibilità di un esito negoziato del procedimento amministrativo: prevede, cioè, che il procedimento si concluda con un accordo, anziché con un provvedimento. Più precisamente, l’ accordo con gli interessati è consentito sia allo scopo di determinare il contenuto discrezionale del provvedimento finale, sia in sostituzione di questo: cioè, come accordo preliminare al provvedimento o come accordo sostitutivo dello stesso.

Gli accordi in questione rappresentano una species del genus contratti, che l’ amministrazione è abilitata a concludere nella sua capacità di soggetto giuridico; e ciò è confermato dallo stesso art. 11 L. 241/90, il quale, infatti, stabilisce che agli accordi si applicano, ove non diversamente stabilito, i princìpi del codice civile in materia di obbligazioni e contratti.

Sono, però, previste determinate deroghe:

• innanzitutto, va detto che l’ accordo deve essere concluso nel perseguimento di un pubblico interesse;

• in secondo luogo, la stipulazione dell’ accordo deve essere preceduta da una determinazione dell’ organo competente ad adottare il provvedimento (e non del dirigente che, poi, stipulerà l’ accordo per conto dell’ amministrazione);

• l’ accordo deve essere, poi, concluso senza pregiudizio dei diritti dei terzi: se, infatti, l’ accordo sostituisce il provvedimento o ne predetermina il contenuto e se il provvedimento può ledere il terzo (ad es., il permesso di costruire rilasciato a Tizio può danneggiare Caio) è ragionevole che il terzo venga tutelato con questa clausola;

• è necessario sottolineare, infine, che l’ amministrazione, per sopravvenuti motivi di pubblico interesse può recedere unilateralmente dall’ accordo, salvo l’ obbligo di provvedere alla liquidazione di un indennizzo, in relazione agli eventuali pregiudizi verificatisi in danno del privato (è questa un’ ulteriore applicazione del principio secondo il quale l’ accordo deve essere perseguito nel pubblico interesse).

Gli accordi ex art. 11 L. 241/90

Gli accordi previsti dall’ art. 11 sono di due tipi: quelli che determinano il contenuto discrezionale del provvedimento finale (che viene comunque adottato) e quelli che lo sostituiscono.

Per quanto riguarda gli accordi del primo tipo, l’ amministrazione concorre a determinare il contenuto dell’ accordo, accettando la proposta del privato (previa una sua valutazione) o formulando essa stessa la proposta. Ovviamente, una volta sottoscritto l’ accordo, il contenuto del provvedimento diventa vincolato, perché esso deve essere conforme all’ accordo (se è difforme, il provvedimento è illegittimo).

Gli accordi del secondo tipo, invece, sostituiscono il provvedimento: nella versione originaria dell’ art. 11 ciò era possibile soltanto nei casi previsti dalla legge (quali l’ accordo amichevole in materia di espropriazione e la convenzione in materia urbanistica). La novella del 2005 ha soppresso, però, tale inciso: sicché l’ accordo sostitutivo del provvedimento è oggi ammesso senza limitazioni.

A questo punto ci si pone un quesito fondamentale: per quale motivo l’ amministrazione, che dispone di un potere unilaterale (che si estrinseca nel provvedimento), dovrebbe optare per un accordo, ossia per una risoluzione che implica il consenso del privato?

Per rispondere a questa domanda, è necessario sottolineare che oggi il privato è sempre più riluttante a sottostare all’ autorità amministrativa e, invece, sempre più propenso a contestarne le determinazioni e i comandi (sia nel procedimento, sia in via di fatto); vi è, quindi, un interesse dell’ autorità ad ottenere il consenso preventivo della parte se vuole raggiungere il suo obiettivo; dal canto suo, invece, il privato può avere interesse a venire a patti con un’ autorità ostile se vuole realizzare il suo interesse. In quest’ ottica, le due parti, pubblica e privata, si fanno reciproche concessioni, che consentono di raggiungere un’ intesa: così, ad es., sostituendo al provvedimento l’ accordo, l’ autorità può ottenere dal privato, che richiede un permesso di costruire, una prestazione supplementare (ad es., la manutenzione del tratto di strada antistante) che non potrebbe formare oggetto di condizione apposta al provvedimento (perché ne snaturerebbe la tipicità e sarebbe, quindi, illegittima); la proposta può anche venire dal privato che, in questo modo, ottiene ciò che avrebbe incontrato resistenza.

Il sistema degli accordi, ex art. 11 L. 241/90, viene chiuso da una clausola che riguarda la giurisdizione: le controversie in materia di formazione, conclusione ed esecuzione degli accordi sono riservate alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. In particolare, la controversia può insorgere tra le due parti dell’ accordo (ad es., perché l’ autorità si rifiuta di emettere il provvedimento, il cui contenuto è stato determinato con l’ accordo, o perché una delle parti non adempie alle obbligazioni nascenti dall’ accordo sostitutivo), ma può anche insorgere con un terzo che ricorre contro l’ accordo (o contro il provvedimento sostitutivo dell’ accordo), assumendo di aver subìto il pregiudizio che l’ accordo non dovrebbe comportare.

In ogni caso, è necessario sottolineare che gli accordi, ex art. 11, ricorrono raramente nella prassi: le amministrazioni, infatti, da un lato, non sono, di norma, disposte a rinunciare all’ esercizio unilaterale del potere; dall’ altro, gli amministratori temono di venire a patti con i privati per timore che dietro l’ operazione il giudice penale possa ravvisare le fattispecie di corruzione, concussione e abuso.

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