Art. 2043 c.c.: qualunque fatto doloso o colposo che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno Gli elementi necessari alla sussistenza di un illecito sono:

– condotta colpevole: occorre verificare i criteri di individuazione della colpa e di imputazione della stessa colpa ad un soggetto

– l’evento dannoso: occorre individuare il rapporto di causa/effetto fra condotta ed evento dannoso.

– l’ingiustizia del danno: occorre individuare i criteri secondo i quali un danno può essere qualificato come ingiusto.

– l’impossibilità di cancellare il danno Se fosse possibile cancellare il danno con strumenti diversi, tornando alla situazione precedente al venire in essere del danno, non vi sarebbe bisogno di ricorrere ad un ristoro patrimoniale del sacrificio ingiusto subito dal danneggiato

 

La condotta colposa dell’Amministrazione

La difficoltà di applicare la categoria psicologica della colpa al funzionario, il quale svolge parti di un’attività frammentata che termina con l’adozione di un atto, frutto del lavoro di molte persone e molti apparati, ha avuto un risvolto giurisprudenziale ben preciso.

Prima della sentenza n.500-99 si è considerata sufficiente l’illegittimità dell’atto amministrativo, nella ovvia riconduzione di questo all’apparato che lo ha adottato, affinché si possa ritenere integrato il requisito della condotta colpevole, elemento necessario per la sussistenza di un illecito civile. Muovendo dall’equivalenza fra atto illegittimo e condotta illecita, se l’atto era ritenuto illegittimo dal giudice non occorreva più un’apposita indagine sulla colpa dell’amministrazione, ma la colpa stessa si poteva presumere.

Proprio questa equivalenza è stata messa in discussione dalla storica pronuncia (sentenza 500/99) della Suprema Corte, evidenziando diversamente la necessità, perché possa applicarsi l’art. 2043 c.c., di un’apposita indagine sulla colpevolezza dell’amministrazione. Quest’ultima si concretizza quando siano state violate le regole e i principi propri dell’azione amministrativa, come, ad esempio, l’imparzialità, il buon andamento, la ragionevolezza, la proporzionalità e l’adeguatezza. Si tratta, tuttavia, di un orientamento controverso nella giurisprudenza dei giudici amministrativi.

 

Danno ingiusto e il risarcimento

La condotta dell’amministrazione produce un danno ingiusto quando risulta lesa una situazione soggettiva meritevole di tutela, La giurisprudenza riteneva che si producesse un danno ingiusto, ai sensi dell’art. 2043 c.c., solo quando la condotta illecita dell’amministrazione risultasse lesiva di un diritto soggettivo. In quest’unico caso era possibile accedere al risarcimento, mentre per il danno arrecato ad un interesse legittimo si escludeva la risarcibilità.

Esemplificando, mentre il privato leso da un provvedimento di espropriazione illegittimo poteva chiedere il risarcimento del danno al suo patrimonio, non altrettanto poteva realizzare colui il quale fosse stato destinatario di un invalido diniego di autorizzazione o di un’illegittima revoca di una concessione.

Il riconoscimento della risarcibilità del danno ingiusto provocato dalla condotta illecita dell’amministrazione, quando risulti lesa una situazione giuridica di interesse legittimo, è stato il prodotto di una pluralità di fattori, succedutisi nel tempo. In un primo momento, l’influenza del diritto comunitario ha introdotto il criterio del risarcimento del danno in materia di appalti indipendentemente dalla natura della situazione soggettiva lesa (dir. n. 89/665/Cee e n. 92/13/Cee).

Successivamente, la risarcibilità degli interessi legittimi ha trovato riconoscimento prima nella giurisprudenza ordinaria (sentenza n. 500/99 della Cassazione) e, poi, in sede legislativa (legge n. 205/2000).

 

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