Nel settore degli appalti pubblici, la regolazione comunitaria si è evoluta da una disciplina con funzione principale di coordinamento delle legislazioni nazionali, contenuta nelle direttive degli anni Settanta dello scorso secolo, ad una vera e propria disciplina comune (ma pur sempre distinta per tipo contrattuale), di ordine non più solo sostanziale ma anche processuale, contenuta nelle direttive emanate alla fine degli anni Ottanta e nella prima metà degli anni Novanta e da ultimo riunite, come veri e propri testi unici della materia, nelle direttive 2004 (la disciplina processuale continua peraltro ad essere contenuta nelle dir. 89/665/Cee e 92/13/Cee). Ciò in ragione delle dimensioni quantitative del fenomeno e della sua rilevanza ai fini della costruzione di una economia di mercato aperta e in libera concorrenza.

 

Le fonti di diritto interno

Il quadro delle fonti normative interne, che dispongono la disciplina dei contratti delle pubbliche amministrazioni, è ampio.

Innanzitutto, il codice civile, in particolare i principi di autonomia contrattuale, di buona fede e di correttezza nel comportamento negoziale (stabiliti, rispettivamente, negli artt. 1322, 1337 e 1338 c.c.), nonché i principi di diligenza, di responsabilità e di assoggettabilità a procedure esecutive nell’adempimento delle obbligazioni derivanti da contratto (stabiliti, rispettivamente, negli artt. 1175, 1218 e 2740, 2910 c.c.).

In secondo luogo, la legge di contabilità generale dello Stato (artt. 3-21, regio decreto n. 2440/1923) e il relativo regolamento (artt. 36-123, regio decreto n. 827/1924), in particolare i principi, in quei testi stabiliti, di imparzialità e di convenienza amministrativa, aventi riguardo, rispettivamente, al profilo della massima partecipazione e della par condicio degli aspiranti al contratto (art. 3, regio decreto n. 2440/1923; artt. 37 ss., regio decreto n. 827/1924) e al profilo della maggiore entrata o della minore spesa dell’amministrazione a seconda del tipo di contratto (artt. 73 ss., regio decreto n. 827/1924).

In terzo luogo, i regolamenti, derogatori alla disciplina generale, delle singole amministrazioni, in forza del principio di specialità, o per tipo di amministrazioni (ad esempio, Ministero della difesa) o per tipo di materie (ad esempio, lavori pubblici).

 

Le fonti di diritto comunitario

La normativa comunitaria definisce una soglia minima, in relazione all’importo economico del contratto, solo superando la quale la normativa stessa esige applicazione uniforme da parte delle amministrazioni nazionali. Di conseguenza, lo stesso diritto comunitario trova applicazione diversificata nei confronti dei vari tipi di contratto, in relazione alla specifica quantificazione delle soglie (5.278 milioni di euro, per i contratti di appalto di lavori; 211.000 o 137.000 euro, per i contratti di appalto di servizi e di forniture di beni, a seconda delle diverse fattispecie riconducibili alle varie tipologie di contratto o di organismo aggiudicatore).

Anche se la più recente giurisprudenza comunitaria ha sancito che pure ai contratti pubblici sottosoglia si applicano i principi generali del diritto comunitario e, in specie, quelli di non discriminazione, parità di trattamento, concorrenza e trasparenza.

 

Le fonti regionali: i capitolati

I capitolati d’oneri sono distinti, secondo l’art. 45, regio decreto n. 827/1924, in capitolati generali e capitolati speciali. I primi ”contengono le condizioni che possono applicarsi indistintamente ad un determinato genere di lavoro, appalto o contratto, e le forme da seguirsi per le gare”; i secondi ”riguardano le condizioni che si riferiscono più particolarmente all’oggetto del contratto”. Dei capitolati speciali è indiscussa la natura contrattuale, per cui essi sono in principio da ritenersi equivalenti alle condizioni generali di contratto nei rapporti interprivati.

Più controversa, invece, è la questione per quanto riguarda i capitolati generali; dall’interpretazione che fa propria la natura regolamentare di questi ultimi deriva la possibilità per gli interessati di far eventualmente valere con ricorso in Cassazione la violazione o falsa applicazione delle disposizioni dei capitolati stessi. Costituisce, peraltro, opinione ormai consolidata che abbia natura regolamentare il capitolato generale dei lavori pubblici dello Stato.

 

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