Il discorso sulla responsabilità della pubblica amministrazione è stato ripreso dall’ art. 28 Cost., il quale, infatti, stabilisce che i funzionari e i dipendenti dello Stato e degli enti pubblici sono direttamente responsabili, secondo le leggi civili, penali e amministrative, degli atti compiuti in violazione di diritti.

In tali casi la responsabilità civile si estende allo Stato e agli enti pubblici.

Da questa disposizione si possono ricavare diverse indicazioni.

1° indicazione: la responsabilità civile degli agenti (cioè, dei funzionari e dei dipendenti) e la responsabilità dello Stato o dell’ ente pubblico sono coestese; nel senso che laddove c’è la responsabilità dell’ agente c’è anche la responsabilità della pubblica amministrazione; e, viceversa, non dovrebbe esserci responsabilità della pubblica amministrazione senza responsabilità dell’ agente.

Sia l’ amministrazione che il suo agente, quindi, rispondono civilmente dei danni cagionati a terzi; qualora, però, sia stato cagionato un danno erariale (che può consistere anche nella somma di denaro che l’ amministrazione è obbligata a pagare ai terzi danneggiati), l’ amministrazione ha il diritto di rivalersi sull’ agente, che sarà chiamato dinanzi al giudice della responsabilità amministrativa (la Corte dei Conti).

2° indicazione: la responsabilità civile degli agenti e la responsabilità civile dell’ amministrazione sono disciplinate dalle stesse regole che valgono nei rapporti tra privati; è in questo senso che va letto l’ art. 28 Cost., nella parte in cui prevede il rinvio alle leggi civili, cioè al codice civile (oltre che alle leggi penali e amministrative).

3° indicazione: il terzo presupposto della responsabilità prevista dall’ art. 28 Cost. è il compimento, da parte degli agenti, di atti in violazione di diritti; ciò significa, quindi, che quel che conta non è il fatto che la violazione sia conseguenza di un mero comportamento posto in essere dal dipendente pubblico (ossia nell’ esercizio di un attività di gestione) ovvero di un provvedimento amministrativo (che costituisce esercizio di un potere di imperio), ma conta il fatto che, operando, l’ agente abbia violato un diritto del privato.

Una parte della dottrina ritiene, poi, che il riferimento costituzionale all’ inciso violazione di diritti negherebbe la risarcibilità degli interessi legittimi; sul punto, in realtà, l’ Assemblea Costituente, non essendosi pronunciata all’ epoca, sembra aver lasciato aperta la strada a qualsiasi tipo di conclusione (non bisogna dimenticare, però, che la formula violazione di diritti rappresenta il frutto dell’ estensione della formula originariamente proposta dalla Costituente: violazione dei diritti di libertà sanciti dagli artt. 13 ss., senza alcun riferimento alla contrapposizione tra diritto ed interesse).

4° indicazione: mentre gli agenti rispondono direttamente degli atti compiuti in violazione di diritti, alla pubblica amministrazione la responsabilità civile è estesa.

Ora, posta la questione in questi termini, si potrebbe pensare che la responsabilità dell’ amministrazione diventi indiretta o sussidiaria (in tal senso si espresse l’ Onorevole Nobile all’ Assemblea Costituente); in realtà (come affermò l’ Onorevole Pisanelli) non è così, perché, al contrario, è il principio della responsabilità dell’ amministrazione che viene esteso alle persone fisiche (dipendenti) che agiscono per essa.

Con ciò si vuol dire, quindi, che con l’ art. 28 Cost. non si è inteso trasformare la responsabilità civile della pubblica amministrazione da diretta in indiretta (se così fosse stato ne sarebbe risultata indebolita la garanzia del cittadino leso, dal momento che il patrimonio dell’ amministrazione è molto più capiente); viceversa, lo scopo perseguito è stato quello di creare una sorta di parallelismo tra la responsabilità diretta dell’ amministrazione e la responsabilità (sempre diretta) degli agenti (in tal modo, del fatto dannoso ne rispondono solidalmente sia l’ amministrazione che gli agenti).

La legislazione ordinaria, tuttavia, ha alterato questo parallelismo: l’ art. 23, D.P.R. 3/57 ha stabilito, infatti, che l’ impiegato statale risponde solo quando abbia agito con dolo o colpa grave; occorre precisare, tra l’ altro, che questa limitazione (al dolo o alla colpa grave) è stata estesa a tutti gli agenti della pubblica amministrazione, siano essi funzionari onorari o professionali o impiegati (L. 639/96). A differenza di questi, invece, l’ amministrazione risponde, secondo i princìpi civilistici, anche per colpa lieve (questa esonera l’ agente, ma non la pubblica amministrazione).

Viceversa, qualora il dipendente abbia agito allo scopo di perseguire un fine privato ed egoistico (estraneo, quindi, all’ amministrazione), lui solo risulterà responsabile, perché manca in questo caso un collegamento tra le finalità dell’ amministrazione e le finalità dell’ agente.

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