Il contratto che viene concluso da una pubblica amministrazione è collocato a chiusura di un procedimento, composto dai seguenti atti:

• la deliberazione a contrattare;

• il bando di gara;

• la presentazione delle offerte;

• l’ apertura delle buste contenenti le offerte e l’ aggiudicazione;

• l’ approvazione dell’ aggiudicazione;

• la stipulazione del contratto.

La deliberazione a contrattare

La separazione tra il momento della determinazione dei contenuti fondamentali del contratto e il momento della contrattazione vera e propria (scelta del contraente e stipulazione) è formulata chiaramente nell’ ordinamento degli enti locali: ai sensi, infatti, dell’ art. 192 d.lgs. 267/00 la stipulazione dei contratti deve essere preceduta da un’ apposita determinazione del responsabile del procedimento di spesa, indicante:

• il fine che con il contratto si intende perseguire;

• l’ oggetto del contratto, la sua forma e le clausole essenziali;

• le modalità di scelta del contraente e le ragioni che ne sono alla base.

La sequenza sopra descritta, anche se enunciata esplicitamente per gli enti locali, è valida per tutte le amministrazioni, ad eccezione dei ministeri (in questi ultimi, infatti, vi è una sorta di inversione, perché il contratto concluso deve essere, a sua volta, approvato con decreto dirigenziale e successivamente sottoposto al controllo della Corte dei Conti, qualora superi l’ importo previsto dalla normativa comunitaria).

Il bando di gara

La determinazione di contrarre (che è assunta con la delibera) viene esternata e pubblicizzata con il bando di gara, che rappresenta l’ atto attraverso il quale l’ amministrazione rende pubblica la volontà di addivenire ad un contratto. Al riguardo, è necessario sottolineare che una parte della dottrina assimila il bando all’ offerta al pubblico, ex art. 1336 c.c. (che vale come proposta contrattuale), mentre un’ altra parte della dottrina lo assimila ad una invitatio ad offerendum, ossia ad un invito a fare un’ offerta (in questo modo, però, le parti si invertono, perché la proposta non viene più dall’ amministrazione, ma dalla controparte; sicché, l’ amministrazione, accettando, dà luogo alla conclusione del contratto).

La normativa europea richiede che al bando sia data la massima pubblicità: anche con la pubblicazione nella G.U. delle Comunità europee (per gli appalti sopra soglia), in modo che dell’ appalto, indetto con il bando, vengano a conoscenza le imprese europee interessate, permettendo alle stesse di concorrere (d.lgs. 163/06).

Il bando deve fornire alle imprese le informazioni essenziali per la formulazione dell’ offerta: importo, durata, criteri di aggiudicazione, documentazione da presentare, termini e requisiti di partecipazione; nonostante, però, le linee generali siano regolate dalla legge, ciascuna amministrazione può introdurre nel bando clausole specifiche, le quali vincolano la stessa amministrazione, il seggio di gara e le imprese partecipanti (in tal senso, si dice che il bando di gara costituisce la lex specialis del procedimento). Tali clausole (ad avviso della giurisprudenza) possono essere di due tipi: quelle che comportano l’ impossibilità di partecipare (cioè, che precludono ad una determinata impresa la possibilità di partecipare alla gara o rendono nulla l’ offerta da questa presentata) e quelle che producono un effetto lesivo durante la gara (cioè, l’ esclusione di un’ impresa e l’ aggiudicazione della gara ad un’ altra impresa).

Le clausole del primo tipo devono essere immediatamente impugnate (se l’ impresa vuole ottenere l’ ammissione alla gara); in quelle del secondo tipo, invece, l’ impresa può limitarsi ad impugnare l’ esito della gara congiuntamente al bando.

La legittimazione ad offrire

In Italia vigeva la regola, dal 1962, che limitava la partecipazione alle gare d’ appalto indette dalle pubbliche amministrazioni (superiori ad una certa soglia di valore) alle ditte iscritte nell’ Albo nazionale costruttori; iscritte, però, per un certo importo (sicché non potevano partecipare a gare d’ appalto di importo più elevato) e per una determinata specializzazione (ad es., gasdotti, strade, dighe, etc.). Tutto ciò comportava non solo l’ esclusione delle imprese straniere dalla partecipazione alla gara, ma se si considera la presenza di norme a favore di certi territori (ad es., il Mezzogiorno) o di certe categorie di imprese (ad es., le imprese cooperative) ne risultava anche una vera e propria predeterminazione dell’ offerta.

Quest’ assetto è stato, però, modificato dal diritto comunitario, il quale ha fatto leva sui princìpi di libertà di circolazione delle merci e dei servizi, di libertà di stabilimento e di libertà di movimento di capitali (si tratta di princìpi che, come detto in precedenza, risultano violati da normative interne, nel momento in cui queste riservano gli appalti alle imprese nazionali). In questa prospettiva, pertanto, è necessario che oggi gli appalti vengano aggiudicati con procedure concorsuali e siano pubblicizzati in modo adeguato (bandi europei); diventa essenziale, altresì, che i bandi non contengano clausole discriminatorie e che la partecipazione delle imprese non sia subordinata all’ iscrizione in albi gestiti a livello nazionale.

Ovviamente, non può essere ignorata l’ esigenza che l’ impresa partecipante (alla gara per l’ appalto di lavori, di servizi o di forniture) sia qualificata (che fornisca, cioè, garanzie di buona esecuzione); pertanto, in luogo dell’ iscrizione nei relativi albi, il diritto europeo richiede che l’ impresa partecipante abbia una capacità economica, finanziaria e tecnica adeguata alla natura e al contenuto dell’ appalto (in particolare, la capacità economico-finanziaria viene comprovata dalle dichiarazioni bancarie, dai bilanci e dal fatturato; la capacità tecnica, invece, è comprovata dall’ elenco delle principali commesse nel triennio precedente, dall’ elenco delle indicazioni dei tecnici, dei titoli di studio da loro posseduti, delle attrezzature tecniche a disposizione, etc.).

Per allargare, poi, la platea delle imprese ammesse a partecipare alle gare, la normativa europea ha introdotto un particolare istituto: l’ associazione temporanea di imprese. Tali associazioni possono essere di tipo orizzontale, nel qual caso imprese che forniscono lo stesso bene o rendono lo stesso servizio o realizzano la stessa specie di lavoro mettono insieme le proprie forze per moltiplicare la capacità economica, finanziaria e tecnica, in modo da poter partecipare alle gare per l’ aggiudicazione di appalti (ai quali, in dipendenza della loro limitata dimensione, non potrebbero aspirare).

Le associazioni temporanee possono anche essere di tipo verticale: in particolare, nell’ appalto di lavori (ma il criterio si applica anche per gli appalti di servizi e forniture), per raggruppamento temporaneo di imprese di tipo verticale si intende una riunione di concorrenti, in cui uno di essi realizza i lavori della categoria prevalente, mentre gli altri realizzano i lavori scorporabili (ad es., gli impianti di riscaldamento).

Infine, sempre allo scopo di allargare il novero delle imprese abilitate a lavorare per le pubbliche amministrazioni, la normativa europea prevede e disciplina anche il subappalto: ossia lo scorporo di una quota delle prestazioni richieste all’ appaltatore e il loro affidamento (da parte dello stesso appaltatore) ad altra impresa minore (cd. ausiliaria).

Le amministrazioni aggiudicatrici

Lo Stato, le regioni e gli enti locali, allo scopo di aggirare la normativa comunitaria, hanno spesso concluso i contratti di appalto a mezzo di soggetti giuridici diversi da sé, ma che ne costituiscono, in ogni caso, una sorta di longa manus (ad es., un’ azienda di Stato, una s.p.a., un’ associazione, etc.). Per arginare il problema, allora, la direttiva comunitaria 18/04, recepita dall’ Italia con d.lgs. 163/06, ha incluso, tra le amministrazioni aggiudicatrici, oltre allo Stato e agli enti pubblici, anche gli organismi di diritto pubblico, intendendosi per tali qualsiasi organismo:

• istituito per soddisfare bisogni di interesse generale (e non avente carattere commerciale o industriale);

• avente personalità giuridica;

• e la cui attività sia finanziata in modo maggioritario dallo Stato o dagli enti locali o la cui gestione sia soggetta al controllo di questi ultimi.

Al riguardo, va precisato che la Corte di Giustizia CE ritiene che le tre condizioni richieste debbano sussistere congiuntamente, affinché la struttura possa essere qualificata come organismo di diritto pubblico.

La scelta del contraente

Per quanto riguarda la scelta del contraente, il diritto europeo (direttiva 18/04) prevede quattro modalità: la procedura aperta, la procedura ristretta, la procedura negoziata e il dialogo competitivo.

La procedura aperta è quella in cui ogni operatore economico può presentare un’ offerta (si tratta, in altri termini, dell’ asta pubblica).

La procedura ristretta, invece, è quella in cui ogni operatore economico può chiedere di partecipare; ma soltanto gli operatori economici invitati dalle stazioni appaltanti (cioè, dalle amministrazioni) potranno presentare un’ offerta (la figura in esame corrisponde all’ antica licitazione privata, alla quale partecipavano le imprese invitate dall’ amministrazione con la cd. lettera-invito, contente l’ indicazione dell’ oggetto del contratto, del luogo, del giorno e dell’ ora stabiliti per la presentazione delle offerte).

È chiaro che la limitazione della partecipazione alle sole ditte prescelte dall’ amministrazione ha la funzione di escludere dal confronto concorrenziale imprese che potrebbero non essere idonee; presenta, però, l’ inconveniente di rimettere all’ amministrazione una scelta che potrebbe essere ispirata da ragioni di favoritismo. Per ovviare a questo problema, il legislatore ha modificato l’ istituto, introducendo una fase di preselezione: in tal modo, l’ amministrazione, invece di diramare direttamente le lettere-invito, pubblica un avviso di gara contenente l’ indicazione dell’ oggetto, dell’ importo del contratto e dei requisiti di partecipazione; una volta pubblicato l’ avviso di gara, le imprese che intendono partecipare e posseggono i requisiti richiesti possono chiedere di essere invitate entro il termine stabilito nell’ avviso; a questo punto, la stazione appaltante dirama l’ invito a tutti coloro che hanno chiesto di partecipare (previa verifica del possesso dei requisiti).

La procedura negoziata, invece, è quella nella quale le stazioni appaltanti consultano gli operatori economici da esse scelti e negoziano con uno o più di essi le condizioni dell’ appalto (la figura in esame corrisponde alla nostra vecchia trattativa privata).

La normativa comunitaria distingue due diverse modalità di procedura negoziata:

• la procedura negoziata preceduta da un bando, qualora si sia rivelata infruttuosa una procedura aperta o ristretta;

• la procedura negoziata non preceduta da un bando nei casi di estrema urgenza (non imputabile all’ amministrazione appaltante) ovvero nel caso in cui il contratto debba essere affidato ad un operatore economico determinato (ad es., perché titolare di diritti esclusivi).

Il dialogo competitivo, infine, è una procedura nella quale la stazione appaltante, tenuto conto della complessità dell’ appalto, avvia un dialogo con i candidati ammessi a tale procedura, al fine di elaborare delle soluzioni atte a soddisfare le sue necessità; in relazione a tali soluzioni, i candidati selezionati presenteranno le proprie offerte.

Per quanto riguarda il rapporto che intercorre tra le procedure analizzate, è bene precisare che la stazione appaltante deve attenersi, di regola, alla procedura aperta o a quella ristretta (quest’ ultima, però, deve essere preferita qualora il contratto abbia ad oggetto non solo l’ esecuzione, ma anche la progettazione ovvero qualora il criterio di aggiudicazione sia quello dell’ offerta economicamente più vantaggiosa); viceversa, il ricorso alla procedura negoziata e al dialogo competitivo è ammesso soltanto nei casi espressamente previsti.

Infine, è necessario sottolineare che nelle procedure ristrette e negoziate e nel dialogo competitivo l’ amministrazione deve stabilire il numero massimo delle imprese da invitare (la cd. forcella), qualora lo richieda la difficoltà dell’ opera, della fornitura o del servizio (vi è comunque un numero minimo di imprese da invitare, che è di dieci nelle procedure ristrette e di sei in quelle negoziate).

Il criterio di aggiudicazione

Il criterio di aggiudicazione è sicuramente uno degli aspetti più tormentati della disciplina dei pubblici appalti. Nonostante ciò, il diritto europeo è comunque assestato su due criteri: il criterio del prezzo più basso ed il criterio dell’ offerta economicamente più vantaggiosa.

Il prezzo più basso è quello che corrisponde alla percentuale di ribasso più elevata sul prezzo posto a base d’ asta (ad es., base d’ asta: 1 milione di euro; ribasso più elevato: 10%; prezzo contrattuale: 900 mila euro); è bene precisare che si parla di percentuale di ribasso perché la base d’ asta costituisce il tetto che le imprese partecipanti non devono superare, chiedendo un prezzo più elevato. La commissione o il seggio di gara, aperte le buste (contenenti l’ offerta economica) aggiudica l’ appalto all’ impresa che ha offerto il prezzo più basso.

Quando, invece, il criterio prescelto è quello dell’ offerta economicamente più vantaggiosa, il bando di gara stabilisce gli elementi di valutazione (ad es., il prezzo, la qualità, il pregio tecnico, le caratteristiche estetiche e funzionali, le caratteristiche ambientali, il costo di utilizzazione e di manutenzione, la redditività, la data di consegna, etc.) e il peso da attribuire a ciascuno di essi (ad es., al prezzo compete il 40% del punteggio a disposizione della commissione di gara).

La verifica dell’ anomalia

Una questione di rilievo, in tema di appalti, è quella relativa alla presentazione di offerte anomale (di quelle offerte, cioè, che presentano un ribasso talmente eccessivo rispetto all’ oggetto del contratto da far dubitare dell’ affidabilità delle stesse); in presenza di un’ offerta anomala, il legislatore non distingue più tra appalti sopra soglia e sotto soglia (per i quali sanciva l’ esclusione automatica) ed il procedimento di verifica in contraddittorio si applica ad entrambe le tipologie di appalti.

L’ ipotesi dell’ esclusione automatica negli appalti sotto soglia non è, però, del tutto scomparsa: essa, infatti, è ancora prevista nel settore dei lavori pubblici, dei servizi e delle forniture.

La stipulazione del contratto

Le parti sottoscrivono il testo (cioè, il contratto in senso stretto), nel quale sono riprodotte alcune clausole del bando ed è indicato il prezzo risultante dall’ offerta. In alcuni casi la stipulazione ha carattere meramente riproduttivo di un accordo che si è perfezionato al momento dell’ aggiudicazione; in altri casi, invece, la stipulazione coincide con la conclusione del contratto (ciò accade, ad es., nella procedura negoziata, ove manca una fase di aggiudicazione, distinta dalla fase di stipulazione; e si verifica, talvolta, anche quando trova applicazione il criterio dell’ offerta economicamente più vantaggiosa).

Schemi particolari

La prassi e la legislazione di settore hanno introdotto alcune varianti allo schema contrattuale descritto. Analizziamole singolarmente.

1° variante: le stazioni appaltanti possono acquistare lavori, servizi e forniture facendo ricorso a centrali di committenza da esse istituite, anche associandosi o consorziandosi (la contrattazione viene, così, accentrata in poche amministrazioni).

2° variante: una pluralità di appalti può essere aggiudicata ad uno o più operatori economici sulla base di un accordo quadro, nel quale vengono stabilite le clausole dei futuri appalti (in particolare, per quanto riguarda i prezzi e le quantità previste).

3° variante: il sistema dinamico di acquisizione è un processo interamente elettronico per acquisti di uso corrente, limitato nel tempo (4 anni) e aperto a tutti gli operatori economici (che presentino un’ offerta adeguata ai criteri di aggiudicazione enunciati nel bando); l’ impresa inclusa nel sistema ha il diritto di essere invitata in occasione di ogni appalto specifico che abbia ad oggetto i beni, in funzione dei quali il sistema è stato creato.

4° variante: una variante dell’ appalto di lavori è costituita dalla concessione dei lavori pubblici, che ha ad oggetto la progettazione e l’ esecuzione di opere pubbliche o di pubblica utilità; e si caratterizza in funzione del corrispettivo che, di regola, consiste nel diritto di gestire o di sfruttare economicamente le opere realizzate. La concessione, tranne rare eccezioni, non può avere durata superiore ai 30 anni.

5° variante: i lavori possono essere realizzati anche con capitale privato qualora alla realizzazione segua una gestione lucrativa: in tal caso, quindi, vi è una partecipazione del privato alla spesa (partecipazione che è disciplinata nella cd. finanza di progetto). In questa prospettiva, l’ amministrazione, nell’ ambito dei programmi di opere pubbliche che intende realizzare negli anni successivi, indica quelli suscettibili di attuazione a mezzo di capitali privati (in quanto suscettibili di gestione economica); fatto ciò, i soggetti in possesso dei requisiti tecnici, organizzativi, finanziari e gestionali (i cd. promotori) presentano una proposta; e se questa viene giudicata di pubblico interesse, l’ amministrazione indìce una gara, a seguito della quale viene scelto il concessionario.

Richiedi gli appunti aggiornati
* Campi obbligatori

Lascia un commento