Il giudice tributario

Ha la funzione di risolvere le controversie tra cittadini e amministrazione finanziaria o altri enti impositori; tale scelta si spiega con l’esigenza di non aumentare il carico di lavoro dei giudici ordinari e amministrativi. Il sistema attuale si articola in Commissioni tributarie provinciali (organi di primo grado) e Commissioni tributarie regionali (organi di secondo grado).

Ogni Commissione si articola in Sezioni, ognuna delle quali composta da un presidente, un vice presidente e da almeno 4 giudici tributari.

Il procedimento giurisdizionale è regolato dal c.p.c. Dal 1992 può sospendere l’esecuzione del provvedimento impugnato.

In caso l’amministrazione non si adegui alla sentenza delle Commissioni tributarie passate in giudicato, è esperibile il giudizio di ottemperanza.

Il giudice delle acque pubbliche

Il Tribunale delle Acque Pubbliche sorse come magistratura specializzata nella materia delle acque pubbliche, con il decreto legislativo luogotenenziale 20 novembre 1916 n. 1664, al cui art. 34, venne stabilita una competenza eterogenea relativa a controversie sulla demanialità delle acque, ai limiti dei loro corsi, alvei e sponde, alle derivazioni ed utilizzazioni di acque pubbliche, ai ricorsi avverso i provvedimenti definitivi adottati dall’amministrazione in materia di acque pubbliche, e simili. Venne previsto un doppio binario tra diritti soggettivi e interessi legittimi: per i primi al fine di assicurare un doppio grado di giurisdizione alle controversie che prima del 1916 erano attribuite ai tribunali ordinari, vennero istituiti otto tribunali regionali ; per i secondi giudicava in un unico grado il Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche, che effettuava altresì l’appello delle decisioni dei Tribunali regionali. Nel 1933 il TU definì i Tribunali regionali quali Sezioni della Corte di appello, di tipo specializzato, costituite da magistrati della Corte di appello, a cui sono aggregati tre funzionari del Genio civile.


Nel 2002 la Corte costituzionale con la sentenza n. 305/2002 ha ritenuto incostituzionali gli articoli 139 e 143, comma 3 del T.U. acque in quanto non prevedono la nomina di uno o più supplenti, nell’ipotesi di astensione di uno dei componenti titolari, e con la sentenza n. 353/2002 la Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della composizione dei tribunali regionali relativamente alla partecipazione al collegio giudicante di uno dei tre tecnici, già funzionari del genio civile.

La competenza dei Tribunali regionali delle Acque Pubbliche in materia di diritti soggettivi sussiste anche per le controversie relative alle acque pubbliche sotterranee e per quelle concernenti la ricerca, l’estrazione e l’utilizzazione delle acque sotterranee nei comprensori soggetti a tutela, sempre che le controversie interessino la pubblica amministrazione. Ai sensi dell’art. 142 T.U. acque, delle controversie intorno alla demanialità delle acque, circa i limiti dei corsi o bacini loro alvei e sponde; controversie aventi ad oggetto qualunque diritto relativo alle derivazioni e utilizzazioni di acqua pubblica; controversie riguardanti la occupazione totale o parziale, permanente o temporanea di fondi e le conseguenti indennità; controversie per risarcimenti di danni dipendenti da qualunque opera eseguita dalla pubblica amministrazione.

Il tribunale è composto da: un magistrato ordinario di qualifica corrispondente a Procuratore generale, che lo presiede, un presidente aggiunto scelto tra i Presidenti di Sezione della stessa Corte, che sostituisce il presidente in caso di suo impedimento; quattro consiglieri di Cassazione; quattro Consiglieri di Stato; tre esperti, iscritti nell’albo degli ingegneri.

I Tribunali Regionali delle Acque Pubbliche sono in numero di otto ed hanno sede presso le Corti d’Appello di Torino, Milano, Venezia, Firenze, Roma, Napoli, Palermo e Cagliari.

Sulle loro decisioni decide in grado di appello il Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche.

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