Anche alle sentenze del giudice amministrativo sono applicabili le categorie di giudicato formale e di giudicato sostanziale. In particolare, il giudicato formale designa la condizione della sentenza non più soggetta ad impugnazione, a prescindere dal contenuto della stessa (sentenza di rito o sentenza di merito).

Il giudicato sostanziale, invece, rappresenta l’ accertamento contenuto nella sentenza passata in giudicato e che fa stato tra le parti, i loro eredi ed i loro aventi causa; è bene precisare, però, che tale accertamento è contenuto solo nelle sentenze di merito (le uniche che definiscono il rapporto tra le parti e fissano una regola o un precetto); nelle sentenze di rito, invece, quest’ accertamento manca, perché vi è un fatto o una circostanza (irricevibilità, inammissibilità, etc.) che impedisce al giudice di concludere con un accertamento che faccia stato tra le parti.

Nell’ ambito delle sentenze di merito occorre distinguere le sentenze di accoglimento da quelle di rigetto: queste ultime, lasciando immutata la situazione così come determinata dal provvedimento impugnato, fanno sì che l’ accertamento vincolante per le parti sia proprio quello contenuto nel provvedimento che è stato impugnato senza successo dal ricorrente (è questo il motivo per il quale il tema del giudicato amministrativo assume particolare importanza in relazione alle sentenze di accoglimento del ricorso e di annullamento dell’ atto impugnato).

Detto ciò, è necessario sottolineare, comunque, che una volta annullato un provvedimento amministrativo, il relativo potere (che attraverso il provvedimento era stato esercitato) non si estingue, ma sopravvive all’ annullamento, anche se la sentenza che lo dispone, avendo accolto il ricorso, orienta la futura azione dell’ amministrazione o comunque ne delimita i confini (è questo il senso della disposizione contenuta nell’ art. 45 r.d. 1054/24, ad avviso del quale l’ annullamento da parte del giudice amministrativo fa salvi gli ulteriori provvedimenti dell’ autorità amministrativa). Considerato, quindi, che la vicenda amministrativa può proseguire con un rinnovato esercizio del potere amministrativo, dottrina e giurisprudenza hanno individuato tre specie di effetti del giudicato di annullamento:

• il primo è l’ effetto demolitorio, il quale non colpisce soltanto l’ atto o gli atti impugnati, ma investe anche gli atti successivi che sono stati adottati sul presupposto dell’ atto annullato [così, ad es., se viene accolto il ricorso contro il licenziamento di un dipendente, il cui rapporto di impiego continua ad essere sottoposto alla giurisdizione amministrativa (ad es., un magistrato, un professore universitario, un ufficiale dell’ esercito o un poliziotto) ne risulterà travolto il trasferimento di altro dipendente nel posto lasciato libero dalla persona licenziata)];

• all’ effetto demolitorio si accompagna l’ effetto ripristinatorio (ad es., se viene annullato un decreto di espropriazione, l’ immobile espropriato va restituito al proprietario, in modo che questi è posto nella stessa situazione nella quale si sarebbe trovato se l’ espropriazione non fosse intervenuta);

• l’ esercizio ulteriore del potere amministrativo soggiace, invece, all’ effetto conformativo della sentenza di annullamento (effetto che è strettamente collegato ai motivi di ricorso che il giudice ha ritenuto fondati); con l’ effetto conformativo, in altri termini, la sentenza che accerta l’ illegittimità dell’ atto annullato identifica il modo legittimo dell’ esercizio del potere (contiene, cioè, un precetto destinato ad orientare la futura attività dell’ amministrazione). Va precisato, in ogni caso, che il vincolo a carico dell’ amministrazione può essere pieno: come quando il giudice annulla l’ atto per difetto dei presupposti normativi soggettivi o oggettivi (è questo il caso, ad es., della sentenza di annullamento del provvedimento di espulsione di un cittadino comunitario, al quale viene applicata indebitamente la normativa sugli extracomunitari).

Il vincolo può essere, altresì, semipieno: come quando l’ atto è annullato per eccesso di potere (in tal caso, l’ amministrazione ha la possibilità di riadottare l’ atto, depurandolo, però, dal vizio accertato dal giudice).

Il vincolo si definisce, infine, secondario (o anche strumentale) quando l’ annullamento è disposto per motivi formali: ad es., perché non è stata data comunicazione dell’ avvio del procedimento (in questi casi, l’ amministrazione può rinnovare il procedimento, purché elimini il vizio, senza essere in alcun modo legata in ordine al contenuto del nuovo atto).

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