1° fase: L’iniziale giuridicizzazione. Essa è avvenuta mediante i cosiddetti “principi innovatori”: la legittimità (mediante cui sono diventati sottoposti al diritto anche i titolari degli organi dello Stato), l’articolazione del pubblico potere (potere unitario solo nel riferimento che se ne fa allo stato, mentre viene al suo interno articolato), tutela giurisdizionale del cittadino verso atti illegittimi (mediante cui il “provvedimento” amministrativo risulta valido ab origine quindi mai nullo, ma successivamente annullabile. La l. 2248/1865 affidò al giudice ordinario la protezione dei diritti nei confronti delle pubbliche amministrazioni, abolendo il “contenzioso amministrativo” che consentiva al privato di ricorrere alla stessa autorità amministrativa promulgatrice del provvedimento. Tuttavia, per il principio della divisione dei poteri, stabilì che l’atto non può esser revocato/modificato se non sovra ricorso alle competenti autorità amministrative, che si conformeranno al giudicato dei tribunali per quanto riguarda il caso specifico. I giudici ordinari però sostenevano che il diritto soggettivo colpito da un provvedimento anche illegittimo cessava di esistere, quindi la loro competenza in quanto giudici veniva meno. Il problema venne allora risolto con la l. 5982/1889 con cui fu istituita la IV Sezione del Consiglio di Stato (seguita dalla V e VI), col compito di decidere sui ricorsi per incompetenza, eccesso di potere, violazione di legge verso atti amministrativi lesivi di interessi legittimi col termine di ricorso di 60 giorni). A seguito della l. 62/1907 è chiaro che il Consiglio di Stato svolge una funzione giurisdizionale (e non amministrativa. L’interesse legittimo fu configurato come “interesse occasionalmente protetto” in quanto si riteneva che il privato potesse opporsi all’amministrazione solo quando ritenesse il potere usato illegittimamente dall’amministrazione, chiedendo quindi la tutela nei limiti dell’accertamento dell’illegittimità dell’atto. Il controllo di legittimità ha natura formale (quindi conformità allo schema stabilito dalla legge), mentre il giudice non può sindacare la discrezionalità dell’amministrazione (principio di autoritatività). I pochi servizi pubblici sono organizzati secondo il modello delle pubbliche funzioni autoritative: es. la struttura organizzativa dell’istruzione è ministeriale, le scuole sono uffici periferici del ministero, i professori sono pubblici ufficiali che adottano provvedimenti. L’organizzazione amministrativa è incentrata sui “ministeri” usando un “principio gerarchico” (a capo c’è il ministro: responsabile politico più comando della gestione).

2° fase: Espansione e consolidamento dei diritti e delle tutele. Si è creato nel ‘900, il cosiddetto “Stato sociale”: in esso si sviluppano le attività di servizio pubblico che vengono esercitate per lo più da enti e organismi pubblici, ma separati dallo stato. La prestazione del servizio acquisisce progressivamente carattere contrattuale, potendo esser fatta anche da privati, il pubblico potere deve solo verificare il conseguimento dei fini sociali. L’attività contrattuale della P.A.ha in Italia carattere civilistico. La giuridicizzazione del potere amministrativo. supera la prima fase della mera sottoposizione alla legge acquisendo i caratteri di doverosità e funzionalizzazione. Mediante nuove teorie (M. S. Giannini) . si passa dall’attenzione al provvedimento e alla sua esclusiva valutazione formale alla rilevanza dell’insieme dell’attività amministrativa: il procedimento amministrativo diviene il modo normale di esercizio del pubblico potere: vengono quindi fatte diverse leggi sul proc. Amministrativo introducenti o rafforzanti gli istituti di trasparenza/partecipazione all’attività amministrativa. Il provvedimento va motivato, il giudice verifica l’esistenza, ma anche la correttezza e la congruità della motivazione. Il sindacato del giudice amministrativo sull’eccesso di potere giunge a verificare alcuni parametri sulla valutazione dell’esercizio del potere, quasi come se diventasse un controllo di equità. La Cassa. ha poi introdotto la cosiddetta “carenza di potere” che comporta inesistenza o nullità dell’atto (ad esempio mancanza assoluta del potere: in questo caso la situazione del privato è quella di diritto soggettivo e non di interesse legittimo: quindi il giudizio è civile, con tempi di prescrizione più lunghi).

3° fase:

a) Ulteriore rafforzamento delle tutele. Ci sono state molte leggi rafforzanti le tutele procedimentali/processuali introducendo ad esempio la. responsabilità civile della P.A.per danni ingiustamente provocati esercitando un potere. Tuttavia oggi la maggioranza dei profili di diritto amministrativo sono disciplinati da fonti UE: i “trattati” di diritto amministrativo europeo si possono sovrapporre a quelli di diritto interno. Le fonti UE usano gli strumentari organizzativi e procedimentali tratti dagli ordinamenti degli stati membri, creando però anche nuove fattispecie o generalizzando quelle maturate negli ordinamenti statali.

b) Evoluzione tecnologica, moltiplicazione dei diritti, privatizzazione, “fuga” dal diritto amministrativo. Il diritto amministrativo si è disarticolato a vantaggio degli orientamenti favorevoli al diritto privato, a causa dell’evoluzione tecnologica ex sviluppo dell’elettronica/informatica, che hanno di fatto messo in crisi gli ambiti spaziali definiti (partendo dagli stati). Si è creata allora una globalizzazione dei rapporti, ma dato che la sfera pubblica è di per se impermeabile al mercato, l’ampliamento dello stesso ne comporta una riduzione che si ottiene con politiche di privatizzazione. Oggetto di privatizzazione in ogni paese sono state: le imprese pubbliche di gestione di attività produttive, gestori di pubblici servizi (trasformati specie in spa). Raramente è stato però privatizzato l’esercizio delle pubbliche funzioni, anzi sono aumentati gli uffici amministrativi diminuendo la sfera pubblica. Questo perché si sono dovute creare “autorità amministrative indipendenti” per regolare queste situazioni, perchè c’è stato un trasferimento di funzioni agli enti locali senza un criterio preciso, creando quindi sovrapposizioni di competenza senza affidare a un solo ente la materia nel particolare, perchè si è verificata la moltiplicazione degli interessi la cui soddisfazione si è ritenuta necessaria per la giurisprudenza e quindi sono aumentati gli organi necessari per soddisfarli. In ultimo, autori come J. Barnes hanno teorizzato una “fuga dal diritto amministrativo”. Molti autori disfattisti hanno teorizzato una crisi quindi, sostenendo l’inutilità di una giurisdizione specifica per atti autoritativi della P.A., addirittura alcuni negando l’autoritatività dell’atto, o negando lo stesso diritto pubblico (SACRILEGIO).

Abbiamo visto le tre fasi in cui si è articolata l’evoluzione del diritto amministrativo, ma qual è la situazione attuale?

La scienza giuridica sta assistendo a una frammentazione della sua stessa natura. In tutte le sue discipline sono in crisi i cosiddett “mega-concetti” (es. la distinzione tra diritto privato/diritto pubblico fondata sulla bipolarità individuo-stato: alcuni sostengono che ci sarebbero elementi misti nella generalità delle fattispecie). Il diritto pubblico si è sempre più “delocalizzato”, perdendo allora gli stati quell’autosufficienza completa, considerata da Aristotele essenziale. Sono poi venuti in crisi i concetti di “sovranità” (in quanto essa implica la capacità di governare i fenomeni collettivi incidenti su collettività e persone) e “territorialità” (dato che c’è disallineamento tra livelli territoriali e fenomeni che dovrebbero esser governati, gli enti territoriali non riescono a governarli). In questi casi si determinano 3 alternative: che la competenza sia spostata a un livello territoriale più ampio (es. spostamento delle competenze sanitarie dai comuni alle regioni), la creazione di nuovi organismi specifici di più ampio livello (sull’esempio dell’UE), che si mantiene il vuoto di competenze, anche per lungo periodo.

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