Nell’alto medioevo ruolo vitale è stato svolto dalla chiesa e dalle istituzioni nate nel suo seno.

la storia religiosa di questi secoli è intrecciata così strettamente alla storia civile da rendere deformata ogni rappresentazione che escluda dal quadro le istituzioni stesse della Chiesa.

Importanza grande riveste il fenomeno monastico: uno dei pilastri della civiltà medievale in Europa.

Nato in Egitto nel III secolo con Antonio abate, primo esponente dell’anacoretismo eremitico, poco più tardi il monachesimo cristiano ricevette una orientazione cenobitica – di vita, cioè, trascorsa in comune allo scopo di santificazione, sotto l’impero di regole precise di condotta.

In Italia, in Francia, in Irlanda sorsero comunità monastiche fondate non di rado da uomini provenienti dall’oriente o da altre terre lontane, come Giovanni Cassiano.

Una tra esse fu quella istituita a Cassino, nel luogo di un antico tempio ad Apollo, da un monaco nativo di Norcia, Benedetto, già noto e venerato nella regione per il suo rigoroso ascetismo.

Intorno a Benedetto crebbe negli anni successivi al 529 una comunità di monaci per la quale il fondatore compose a un certo momento la celebre Regola.

Norme liturgiche semplici e rigorose – quali la scansione della giornata in sette fasi di preghiera, cui si aggiunge l’ora notturna di veglia – si accompagnano con prescrizioni relative al lavoro manuale e al lavoro intellettuale di lettura sacra.

Nella Regola tutto è disciplinato: il cibo, il sonno, l’ospitalità. Vi è il divieto per i monaci di possedere in proprio alcunché.

L’ordine di precedenza è quello determinato dalla data di ingresso nel cenobio.

Il principio cardinale della vita comune è costituito dall’obbedienza, sulla quale si misura l’autenticità della vocazione.

Autorità prima è quella dell’abate, eletto a vita dai fratelli e responsabile della loro salute spirituale.

Le autorità inferiori – i decani, il preposito, il cellerario – sono a loro volta soggetti all’abate.

L’abate viene scelto dai monaci per le sue virtù di vita e di sapienza. Nell’elezione dell’abate si deve inoltre considerare non solo il numero dei voti, ma la loro qualità, dando rilievo al criterio del «sanius consilium».

Nell’ambito della comunità, l’abate ha il potere di prendere tutte le decisioni sentiti i fratelli, senza tuttavia essere vincolato al loro parere Ma il potere dell’abate è concepito quale un servizio prestato ai fratelli, non quale manifestazione di una formale autorità di comando.

Il confronto con altre regole monastiche antiche mostra come all’autore della Regola di Montecassino sia riuscito di far tesoro delle precedenti esperienze legislative, superandole tuttavia in una sintesi armonica nella sostanza e nella forma.

Tra solitudine e comunità, tra vita attiva e vita contemplativa, tra obbedienza e carità vi è un equilibrio, pur coerente con la disciplina severissima della vita monastica, cui si deve il successo straordinario della regola di S. Benedetto nell’Europa medievale.

la Regola si trasmise a Roma negli anni di crisi seguiti all’invasione longobarda.

E nella capitale della cristianità la conobbe e ne fu conquistato un romano di nobile famiglia che aveva ricoperto le più alte magistrature civili: Gregorio. Costui nel 575 decise di ritirarsi a vita monastica e di destinare i propri numerosi possedimenti all’istituzione di nuovi conventi.

Ma pochi anni più tardi fu sospinto quasi a forza sul soglio papale: iniziò allora un pontificato di 14 anni (dal 590 al 604) che doveva rivelarsi fondamentale per la Chiesa occidentale ed anche per la storia del diritto canonico

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