Accanto ai comuni e alle città nascono le prime strutture monarchiche dei regni.

Consideriamo anzitutto gli istituti di governo creati dai Normanni.

Le istituzioni create dai duchi di Normandia nei secoli XI e XII assimilarono in parte il modello feudale, senza tuttavia consentire ai vassalli quell’appropriazione delle funzioni pubbliche che si era verificata in molte regioni d’Europa: i duchi riuscirono tra l’altro a controllare in larga misura sia l’amministrazione della giustizia che l’esazione dei tributi per mezzo di funzionari di loro fiducia e con il supporto di istituzioni da loro ideate.

L’influenza dei Normanni non fu circoscritta alla sola Normandia né alla sola Francia.

Tra I’XI e il XII secolo alcuni nuclei guerrieri di questa stirpe crearono, in séguito a fortunate campagne militari, due regni destinati a svolgere ruoli di spicco nella storia politica e civile d’Europa: il regno d’Inghilterra e il regno di Sicilia.

Nel secolo XI l’Italia meridionale si trovava suddivisa in non meno di nove ordinamenti distinti, che costituivano un vero «caleidoscopio giuridico»

  • la Puglia, la Basilicata e la Calabria erano ancora soggette all’impero e al diritto di Bisanzio;
  • in Campania i ducati di Napoli, Gaeta, Sorrento e Amalfi, e i ducati longobardi di Benevento, Salerno e Capua erano ormai indipendenti;
  • la Sicilia invece soggiaceva da due secoli al dominio islamico degli Arabi.

Nell’arco di pochi decenni, ad alcuni gruppi di guerrieri normanni riuscì di insediarsi saldamente in queste regioni.

Già nel 1059 Roberto il Guiscardo otteneva dal papa Niccolò II il titolo di duca della Puglia e della Calabria. Proseguita alacremente l’opera di conquista, nel 1130 Ruggero Il veniva incoronato a Palermo re di Sicilia da un legato papale.

Tutta l’Italia meridionale era ormai unificata sotto la corona normanna.

La legittimazione pontificia, preziosa fin dalla prima fase del dominio, fu indispensabile a Ruggero per ottenere la dignità regia.

la sola dignità in grado di conferire a lui e ai suoi successori un titolo giuridico incontestabile di supremazia sugli altri signori del dominio normanno meridionale.

La dipendenza feudale dalla Chiesa rimase anche in seguito un carattere distintivo del regno di Sicilia.

Ma quasi sùbito Ruggero mostrò di volersi svincolare da ogni subordinazione alla Curia romana facendosi designare, nei diplomi della propria cancelleria, re di Sicilia soltanto «per grazia di Dio», senza menzionare in alcun modo il ruolo della Chiesa.

Forte dei meriti acquisiti per la riconquista della Sicilia mussulmana, il conte Ruggero I aveva infatti ricevuto già nel 1098 dal papa Urbano II il titolo di legato pontificio.

Più tardi la concessione papale, divenuta permanente, giunse a conferire al re di Sicilia una vera «Legazia apostolica» che lo abilitava tra l’altro ad approvare le nomine dei vescovi, ad autorizzarne gli spostamenti e addirittura a precludere alle parti coinvolte in una causa ecclesiastica la via dell’appello a Roma.

Il re rivendicò molto presto l’esercizio del pieno potere legislativo: sin dal 1140 Ruggero emanò nelle Assise di Ariano in Puglia una serie di norme generali destinate all’intero territorio del regno.

Determinante fu in tale occasione la sola volontà regia, non il consenso dei presenti alle assise: l’autorità del monarca doveva essere per Ruggero piena e assoluta (plena potestas).

Nell’attività di governo il re si circondò di consiglieri e di ministri: magistrature civili, giudiziarie, fiscali e militari di diversa origine e tuttavia nuove nel ruolo svolto e nel rapporto col sovrano. Per parte sua, il re sceglieva i propri uomini di fiducia anche al di fuori del ceto feudale.

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