Sempre a Bologna contemporaneamente alla scuola civilista irneriana si aprì questa canonistica di Graziano. Il diritto canonico dopo la riforma gregoriana dell’XI secolo era in fermento e le collezioni canoniche erano fiorite l’una dopo l’altra. Il problema era però l’unificazione normativa: essa non arriverà ufficialmente prima di Innocenzo III nel 1200 con la Compilatio III , ma comunque anche il Decreto di Graziano costituì già un passo in avanti. La riscoperta teologia in quel periodo avanzava: nella Francia meridionale Abelardo aveva composto un’opera, la “Sic e non” con cui egli portava un atteggiamento critico davanti alle sacre pagine per trasformare la arrendevole conoscenza medievale dei testi sacri in vera e propria scienza teologica preda della dialettica. Il punto di partenza di Graziano fu il notare la serie di contraddizioni del diritto canonico, cercando però di appianarle e cercando di evitare lo scandalo che Abelardo comunque aveva portato nel suo campo per assicurare una tranquillità al diritto canonico. Il suo testo si chiamava Concordia discordantium canonum chiamato poi dai seguaci Decreto di Graziano e così ci è giunto.

Graziano. Egli sarebbe nato intorno alla fine dell’ XI secolo tra Orvieto e Chiusi è già intorno al 1130 doveva esser attivo a Bologna e intorno al 1140 avrebbe composto la sua opera e avrebbe fatto scuola diventando magister (quindi docente di arti liberali). Egli fu coinvolto, insieme al magister Gualfredo e il dotto Mosè, in un parere che Innocenzo II richiese nell’atto di emanare una sentenza in tema di decime ecclesiastiche. Il quesito era importante: a chi toccavano i beni di un convento abbandonato? Al patrono o al fisco pontificio? Bassiano riferisce che si aprì una disputa tra Gualfredo (che riteneva che dovesse subentrare il fisco: Giovanni condivide ciò, anche Azzone e Accursio) e Mosè (sosteneva l’ardita tesi che proprietà e possesso spettassero alle mura stesse del convento per far si che nel caso in cui i monaci fossero tornati essi potessero aver assicurata la vita). Inizialmente questa dottrina fu pessimamente accolta, poi ebbe accoglienza successivamente. Graziano, nella sua opera di conciliazione delle “verità” canoniche, non ebbe grandi difficoltà a reperire tutto il materiale per l’enorme mole di collezioni creatasi nel periodo gregoriano. Egli attinse da Ivo di Chartes nella Panormia, dal Policarpo e da opere minori. Il suo Decreto rimase comunque sempre in bilico tra teologia e diritto, sebbene creò i dicta intercalati da lui tra i pezzi della collezione per spiegare problemi, fornire principi di teoria generale e sanare contraddizioni.

L’opera. Essa fu probabilmente concepita dall’autore come un manuale per la didattica e infatti in questo senso venne usata nella sua scuola bolognese. Gli allievi poi curarono la sistemazione dell’opera in 3 parte, la prima e la terza divise in distinctiones e la parte centrale in cause e le cause in questioni. Inoltre gli allievi aggiunsero almeno 166 fonti dette paleae.

Graziano e le fonti romane. Adam Vetulani in un articolo del 1947 sostiene che Graziano avesse scarso entusiasmo per le fonti legislative romane e quelle che si leggono nell’opera rappresenterebbero integrazioni dei discepoli: ciò fu fatto in particolare da un certo Paucapalea che si disse redasse anche una summa dell’opera. Un certo Rolando poi ne fece un’altra summa successivamente detta Stroma. Quella più ampia fu poi fatta intorno al 1157 dal francese Rufino futuro vescovi di Assisi e l’allievo di questo Stefano ne redasse poi un’altra che divenne il maggior veicolo della diffusione del Decreto in Francia.

Ugoccione da Pisa (con la summa decretorum) Egli fu il primo ad aprire le dighe dell’irruzione del diritto romano in quello canonico. Il diritto romano proprio in base a questo cambiò lo spirito dell’ordinamento ecclesiastico, allontanandolo dalla teologia e mutando quindi l’aspetto ambiguo del canonista-teologo nel volto deciso del giurista. Dopo di lui sarà obbligatoria la formazione civilista dei canonisti mettendosi quindi questi ultimi alla pari dei civilisti in fatto di tecnica giuridica e ciò aprirà la strada all’idea dell’ utrumque ius. Ciò comunque denota una trasformazione rapida in quanto pochi anni prima Ugoccione, Simone da Bisignano si era lasciato sfuggire in una glossa che nelle cause canoniche il diritto romano non si applicasse affatto e insieme a ciò sostenne la necessità di integrare il Decreto con lo ius novum di produzione pontificia il che diventerà in breve la nuova frontiera della canonistica (un esempio famoso è il Lateranense III convocato da Alessandro III che emanò norme di grande importanza come l’affido definitivo dell’elezione pontificale all’intero collegio cardinalizio e non solo i cardinali vescovi). Oltre a questo atto ce ne furono altri, per cui il Decreto apparve sempre più come diritto vecchio: dapprima serie di decretali vennero alluvionalmente aggiunte ai manoscritti del Decreto, successivamente si decise di formare collezioni autonome e le norme furono chiamate extravagantes perchè extra Decretum vagabantur e le raccolte furono numerosissime, tra cui le famose Quinque Compilationes Antiquae.

Quinque Compilationes Antiquae. La prima di esse è opera di Bernardo Balbi di Pavia futuro vescovo di Faenza. Egli si preoccupò di aggiornare Graziano con vecchio materiale, canoni di concili, leggi germaniche e romane. Da buon professore curò l’ordine sistematico della propria opera distribuendola in 5 libri secondo lo schema rappresentato nel verso iudex, iudicium, clerus, connubia, crimen e oltre a ciò dedico anche una summa alla propria raccolta. La terza compilatio (cronologicamente la seconda però) fu fatta pubblicare da Innocenzo III nel 1210 il quale vi accluse proprie norme a cui impresse per la prima volta nella storia carattere ufficiale. La seconda,chiamata così anche se cronologicamente terza perchè conteneva materiale anteriore a Innocenzo III, fu redatta da Giovanni di Galles intorno al 1215 e rimase probabilmente collezione privata. La Compilatio Quarta fu sollecitata dal IV Concilio Lateranense e fu composta da Giovanni Teutonico già glossatore del Decreto e fu presentata a Innocenzo III prima della morte del papa nel 1216 per avere l’approvazione, che non ebbe e quindi quest’opera vide la luce nel 1217 come opera privata.

Prime voci ierocratiche. Esse apparvero quando i canonisti si misero a glossare le compilazioni di decretali, partendo dal presupposto che Cristo trasmise a Pietro la potestà temporale e spirituale, quindi il papa vicario di Pietro è il vero titolare anche del potere secolare che solo per sua delega esercitano imperatori e principi: si buttano la base per i sogni di potenza che Gregorio VII aveva solo aperto. Gelasio appare rimanere in vita, anche se sicuramente molto forzato

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