La comparazione penalistica è venuta recentemente a riassumere un suo ruolo specifico divenendo una branca fondamentale della materia penalistica. Questo mutamento è avvenuto principalmente in ragione di tre elementi:

  • la trasformazione del metodo interpretativo: si passa da un metodo di tipo esegetico (interpretazione letterale) ad un’interpretazione teleologica che tiene di maggior conto i principi e che risulta maggiormente orientata verso il risultato dell’interpretazione stessa. Gli Stati, in particolare, subiscono dei cambiamenti (economici) talmente rapidi che i legislatori non riescono a porvi rimedio autonomamente attraverso un sistema esegetico. Il dato testuale normativo, quindi, diviene sempre più inidoneo a dar conto del dinamismo delle trasformazioni sociali. Con l’entrata in vigore della Costituzione (1948) si ricorre anche ad un’interpretazione adeguatrice, volta a colmare la distanza che separa il nuovo sistema costituzionale con lo stantio modello penalistico (1930). Per trovare una soluzione ai vari problemi che vengono a porsi, in sostanza, si comincia ad utilizzare interpretazioni che, tendendo allo scopo della norma, permettono di tener conto anche di decisioni prese altrove (es. giurisprudenza internazionale). Al riguardo si parla anche di interpretazione per principi, ossia di interpretazione attraverso concetti dietro ai quali risulta riscontrabile un contenuto di valore, traducibile in regole specifiche: mentre la regola è legata al dato letterale di una disposizione, infatti, il principio è caratterizzato da una generalità che gli permette di esplicare tale potenzialità regolativa. I principi, comunque, per mantenere la loro vitalità non devono essere eccessivamente positivizzati dei loto contenuti prescrittivi: la forza dei principi, infatti, risulta legata proprio alla mancanza di un’espressa e minuziosa previsione in testi legislativi.

Questa evoluzione interpretativa ha ovviamente favorito l’affermarsi della comparazione: con l’interpretazione teleologica ci si affranca dal dato letterale del testo per confrontarsi con soluzioni che assicurino una migliore realizzazione degli scopi di tutela. La comparazione, peraltro, determina una progressiva perdita della sacralità propria del sistema penale (sanzione penale come castigo) a favore di una maggiore rilevanza della sua utilità sociale: confrontando tra di loro le diverse soluzioni, infatti, ciascun dato diviene relativo (secolarizzazione). Al riguardo un esempio possiamo ricavarlo dall’art. 27 Cost. (<<la responsabilità penale è personale>>), la cui interpretazione ha subito varie modificazioni in forza della dottrina tedesca che ha incardinato la sua riflessione intorno al principio della colpevolezza. Tale articolo è stato quindi riplasmato alla luce di un influsso internazionale. Per citare un altro esempio, possiamo parlare dell’omissione, della quale si hanno due distinte tipologie:

  • omissione pura (es. morte per annegamento per mancato intervento di un soggetto), che può essere posta in essere da chiunque;
  • omissione impura (es. morte del figlio per mancata alimentazione da parte del genitore), che soltanto determinate categorie di soggetti possono porre in essere.

La dottrina tedesca, per ridurre al minimo le ipotesi di responsabilità di natura omissiva, cerca di incardinarla non solo e non tanto sull’obbligo giuridico (omissione pura), quanto piuttosto sulla posizione di garanzia (omissione impura). Anche la materia omissiva, quindi, risente dell’influsso comparatistico;

  • l’affermazione del movimento internazionale di riforma penale: sebbene a detta del professore tale elemento non sembri particolarmente centrale, a partire dagli anni ’50, la comunità penalistica comincia ad avviare rapporti internazionali, accomunati da due scopi:
    • contrastare l’imbarbarimento penale, facendo in modo che i sistemi penali non permettano più di legittimare quelle spinte autoritarie che hanno caratterizzato il Novecento (es. nazismo, fascismo). Sotto questa spinta nascono varie vari documenti e vari strumenti giuridici ancora rilevanti sul piano internazionale (es. Convenzione europea, Dichiarazione dei diritti);
    • contrastare la nuova criminalità internazionale, per la quale i vecchi strumenti penalistici non si dimostrano più efficaci;
    • la spinta verso l’armonizzazione del diritto penale a livello europeo e mondiale: la scienza comparatistica diventa indispensabile al fine di armonizzare la disciplina di un determinato settore (tendenza internazionalistica), anche e soprattutto a livello europeo. La tendenza ad irrigidire una determinata convinzione e ad estenderla a livello generale, tuttavia, rappresenta una tecnica giuridica senza senso, che rischia di produrre effetti tutt’altro che positivi. L’uniformazione tra sistemi, quindi, deve tener conto di una pluralità di elementi. Questa tendenza di armonizzazione, comunque, si sviluppa attraverso tre strade:
      • le Convenzioni internazionali, proposte prevalentemente dalle NU (es. Convenzione di Palermo del 2000, entrato in vigore in Italia solo nel 2006). Testi di particolare importanza (es. Convenzione europea dei diritti dell’uomo) sono stati proposti anche dal Consiglio di Europa, un’organizzazione composta da 47 Stati, le cui convenzioni settoriali ineriscono alle materie più varie (es. terrorismo, corruzione). Il Consiglio di Europa, ad esempio, ha richiesto ai vari Stati di prevedere delle fattispecie di reato volte a contrastare il fenomeno della criminalità organizzata;
      • le giurisdizioni sovranazionali (es. Corte europea dei diritti dell’uomo), attorno alle quali vanno a formarsi degli standard di tutela condivisibili da tutti gli Stati. Un esempio di carattere penale è dato dal Tribunale di Norimberga o da quello di Tokyo, oppure, per fare un esempio maggiormente recente, la Corte penale internazionale, che ha competenze con riferimento ai c.d. crimini internazionali (genocidio, crimini contro l’umanità, crimini di guerra, aggressione). Per elaborare questi strumenti si deve necessariamente far riferimento ad una conoscenza comparata perché occorre creare dei sistemi che abbiano senso nei vari paesi;
      • l’Unione europea (27 Stati membri), che prevede l’armonizzazione del diritto tra i suoi compiti fondamentali. In questo caso l’esigenza comparatista è ancora più forte: dovendosi creare un atto normativo tale da imporsi ai singoli Stati, infatti, è necessario conoscere a fondo l’ordinamento giuridico di ciascuno di essi. Con riferimento al diritto penale, in particolare, occorre sottolineare:
        • la tendenza europea a predisporre meccanismi volti a contrastare i comportamenti dannosi per l’Unione nel suo insieme (es. tutela finanziaria, tutela monetaria);
        • la volontà di creare un mercato unico e quindi di eliminare le differenze;
        • (a partire dal Trattato di Maastricht del 1992 e dal Trattato di Amsterdam del 1997) la volontà di creare uno spazio europeo di libertà, di sicurezza e di giustizia. A questo fine diventa particolarmente rilevante il ruolo svolto dal Consiglio europeo, lo strumento intergovernativo attraverso il quale vengono prese le decisioni più importanti (composizione variabile a seconda dei problemi da risolvere). Il primo Consiglio europeo che si dedica esclusivamente ai problemi di giustizia è il Consiglio di Tàmpere (Finlandia) del 1999 nel quale si decide di procedere attraverso quattro azioni: far convergere le legislazioni, sviluppare il mutuo riconoscimento delle decisioni giudiziarie, sviluppare la cooperazione giudiziaria ed avere una posizione unica (condivisa) nei rapporti con Paesi terzi. Fino al Trattato di Lisbona queste quattro strade venivano perseguite in gran parte attraverso gli strumenti di terzo pilastro (PESC), ossia attraverso le decisioni quadro (es. decisione quadro del 2004 contro la pedopornografia, anche virtuale). Il trattato di Lisbona, favorendo l’adozione di questo spazio europeo, stabilisce che attraverso la procedura legislativa ordinaria, il Parlamento ed il Consiglio europeo possano dare delle direttive inerenti a norme minime sulle definizioni di reati di particolare gravità (es. l’art. 83 stabilisce i reati rispetto ai quali l’Unione può dare norme minime comuni: terrorismo, traffico di essere umani, riciclaggio, corruzione, criminalità organizzata, ecc.).
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