L’art. 1323 definisce l’area d’applicazione di questo titolo, e dispone che queste regole valgono per tutti i contratti, sia per i tipi cui si riserva una disciplina particolare (contratti tipici), sia per quelli che le parti hanno ideato (contratti atipici) in virtù del potere loro riconosciuto dallo stesso codice (art. 1322). Il codice non precisa, invece, in che rapporto stiano tra loro le regole generale e le regole speciali sui contratti tipici. In prima applicazione la dottrina aveva risolto in modo semplicistico: le regole generali si applicano prima delle regole speciali che costituiscono una deroga alla regole generali dettata per i singoli contratti. Di recente, tuttavia, la soluzione si è rovesciata. L’interprete deve applicare prima le regole speciali ai contratti speciali cui esse sono rivolte, e in caso di lacune ricorrere alla disciplina generale. Il legislatore si è preoccupato di dare una definizione di contratto, intendendo il contratto come accordo: “L’accordo di due o più parti per costituire, regolare o estinguere tra loro un rapporto giuridico patrimoniale”, ma anche come vincolo “il contratto ha forza di legge fra le parti”. Ha precisato che le parti sono libere di concludere contratti anche diversi da quelli regolati dalla legge; che gli effetti del contratto riguardano solo le parti che lo hanno concluso, salvi i casi stabiliti dalla legge e che le parti possono sciogliersi volontariamente dal vincolo contratto solo in caso di eccezione. Dalla disciplina di codice emergono quindi il principio di vincolatività del contratto, di relatività del contratto, di autonomia contrattuale e di buona fede.

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