1)Le “massime” di Labeone. (discorso già fatto al VI capitolo fino a pag 183). Vacca mette a raffronto una “massima” di Labeone con una “massima” di contenuto contrario opera sempre di Labeone (ovviamente successiva). (p.183,l.). Dal confronto dei 2 testi si può vedere che lo stesso Labeone assumeva i principi espressi nei Pithanà come solo indicativi delle soluzioni fin ad allora adottate senza quindi sentirsene vincolato. Infatti Labeone, dovendo dare un responso per il caso in cui gli si chiedeva se si potesse costituire in iure cessio una servitù relativa al diritto di cercare l’acqua dal fondo vicino e di condurla una volta trovata, egli dà una risposta affermativa contraddicendo la massima dei Pithanà, in quanto ritiene di dover applicare per analogia la soluzione positiva (che evidentemente nel frattempo s’era affermata) di costituire una servitù urbana pur non essendo ancora costruito l’edificio. Il 2° testo è in realtà proveniente da Paolo (che commentò le Pithanà): quindi si può concludere che le “massime” raccolte nei Pithanà hanno per ambo i soggetti un valore di una sintesi rispetto alle soluzioni già emerse, proposte come “probabili” in quanto indicative del diritto individuato sino a quel momento in rapporto alla struttura dei casi esaminati, ma suscettibili d’esser sottoposte a correzione se ne risulti l’inadeguatezza a tener conto d’ogni elemento qualificante in rapporto a casi uguali e simili.

2) “1\” (“La norma giuridica non si desume dalla regola, ma è dalla norma che si ricava la regola”). Per Vacca le “massime” espresse nella soluzione di casi concreti hanno compiutamente il valore della “regola casistica”. Qui c’è di nuovo D.50.17.1 di Paolo (già visto al VI capitolo): anche qui c’è la considerazione di Cannata e teoria della regola casistica come “prodotto di astrazione mediante induzione”. Da registrare solo che una dottrina autorevole si pone vs Cannata, sostenendo che ci fu una polemica tra Labeone (che concepiva la regula come proposizione normativa governante ogni situazione che cadeva sotto la sua ratio e quindi regolava il futuro in quanto la sua ratio era applicabile ad una serie di casi non ancora decisi) e Sabino (che vs Labeone sosteneva che la regula deriva dal diritto già esistente e quindi se si può dimostrare che erra in qualsiasi parte, allora perde il suo officium)

3)Casistica e creazione del sistema in Labeone. Il merito di Labeone è aver individuato compiutamente gli strumenti per una rappresentazione razionale del diritto in funzione della sua “costruzione in un sistema aperto”.

Ci si chiede se l’attività scientifica di Labeone abbia in un certo senso posto le premesse per l’organizzazione del diritto in un sistema logico e in questo caso ci si chiede secondo quale modello. Innanzitutto bisogna rilevare che la sistemazione per genera et species non fa parte del sistema, in quanto riguarda non la produzione del sistema, bensì la sua trasmissione. Per Vacca in relazione ai Pithanà si può certamente escludere l’esistenza anche di un solo tentativo di una “sistemazione” complessiva per divisione in genera et species delle proposizioni giur. Ragion per cui occorre escludere che le regulae espresse nei Pithanà possano fissare principi normativi di tipo assiomatico da usare come premesse per costruire un sistema scientifico secondo il modello della logica deduttiva aristotelica. La riflessione teorica più recente, tra cui Pattaro, è concorde nell’individuare nella posizione dei principi rispetto al sistema un ruolo determinante ai fini della determinazione del modello di sistema che si produce secondo un certo metodo (sistema “scientifico”, in cui il metodo è deduttivo e lo schema è dedotto. Il metodo “casistico” invece esplicato dalla Vacca prevede un modello comportante la preminenza dello sviluppo rispetto ai principi, per cui il sistema andrà sempre costruito, anche se comunque bisognerà rispettare ed attuare i principi. Il sistema scientifico è costruito su inferenze deduttive, il sistema casistico-prudenziale è costruito mediante inferenze valutative congetturali, su variabili. Per Vacca la def di regula iuris esaminata esprime compiutamente finalità, procedimento di formazione, successiva utilizzazione dei principi probabili caratterizzanti il sistema prudenziale. Formare i principi come proposti nell’opera labeoniana implica il creare categorie concettuali internamente ordinatrici, nel senso che il raggruppare in una regula la soluzione di una generalità di casi, significa tracciare una linea di confine tra casi simili e dissimili (assicurando coordinamento delle soluzioni e noncontradditorietà). Questa operazione implica particolarmente l’analogia, ed il risultato di questa operazione porta alla creazione di nessi e interrelazioni non generali ma all’interno di singole soluzioni o soluzioni simili su casi simili ovvero soluzioni dissimili su casi dissimili. Quindi per i giuristi successivi Labeone è un innovatore: egli organizza il complesso materiale giuridico in un insieme di principi razionali, al cui interno si compongono i differenti elementi preesistenti e contemporaneamente si propongono modelli di soluzioni “probabili” per i casi successivi.

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