L’art. 27 co. 2 Cost., affermando che l’imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva , combina due regole in un’unica formula:

  • una regola di trattamento, per la quale l’imputato non deve essere assimilato al colpevole sino al momento della condanna definitiva (divieto di anticipare la pena);
  • una regola probatoria, per la quale l’onere della prova ricade sulla parte che sostiene la reità dell’imputato, di base presunto innocente.

Come si ricava direttamente dal testo costituzionale, la presunzione di innocenza è una presunzione legale relativa, come tale valida fintanto che non sia dimostrato il contrario. Il concetto di onere probatorio, peraltro, può essere inteso in due significati distinti:

  1. in senso sostanziale, tale onere impone alla parte di convincere il giudice dell’esistenza del fatto affermato;
  2. in senso formale, impone alla parte di chiedere al giudice l’ammissione della prova che reputa utile per adempiere all’onere sostanziale.

Onere sostanziale della prova

L’art. 2697 c.c. dispone che chi vuol far valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento . Provare i fatti, ossia convincere il giudice della loro esistenza, costituisce un onere sostanziale per la parte perché l’inosservanza dello stesso comporta la situazione svantaggiosa del rigetto della domanda da parte del giudice.

L’onere della prova, in sintesi, costituisce una regola probatoria, nel senso che individua la parte sulla quale ricadono le conseguenze del non aver convinto il giudice dell’esistenza del fatto affermato.

Se colui che accusa ha provato la reità dell’imputato, l’onere della prova, soddisfatto dei suoi confronti, viene a ricadere sull’imputato (onere della prova contraria), al quale spetta:

  • di provare la mancanza di credibilità delle fonti o l’inattendibilità delle prove di accusa (es. causa di giustificazione);
  • di provare l’inesistenza del fatto storico di reato (cosiddetta prova negativa). Per fornire questo genere di prova, piuttosto difficile da ottenere, occorre dimostrare l’esistenza di un fatto diverso, logicamente incompatibile con l’esistenza di quello affermato dalla controparte (es. alibi).

Onere formale della prova

Se provare significa convincere il giudice dell’esistenza di un fatto, allora l’elemento di prova deve essere introdotto nel processo attraverso un mezzo di prova. Tale onere formale viene previsto dall’art. 190 co. 1 secondo il quale le prove sono ammesse a richiesta di parte . L’onere di introdurre la prova, in particolare, attribuisce alle parti il compito di:

  • ricercare le fonti di prova;
  • valutare la necessità del mezzo di prova al fine di ottenere il risultato vantaggioso, ossia la dimostrazione dell’esistenza del fatto;
  • chiedere al giudice l’ammissione del mezzo di prova.

Spetta poi al giudice, sulla base dei criteri sopra esposti (art. 187), decidere se ammettere o meno il mezzo di prova introdotto. La regola generale per cui la prova viene introdotta a richiesta di parte, comunque, subisce varie eccezioni, la principale delle quali è espressa dall’art. 190 co. 2 secondo il quale la legge stabilisce i casi (tassativi) in cui le prove sono ammesse di ufficio .

L’aver soddisfatto l’onere della prova in senso formale non comporta automaticamente la soddisfazione anche dell’onere della prova in senso sostanziale (es. il giudice può ammettere la testimonianza di Caio ma, se questi appare non attendibile, non viene convinto dell’esistenza del fatto). A sua volta, la mancata osservanza dell’onere della prova in senso formale non comporta inevitabilmente il rigetto della domanda: un’altra parte del processo, infatti, potrebbe chiedere l’ammissione di quel determinato mezzo di prova.

Una volta acquisito l’elemento di prova, il giudice deve valutare se esso è idoneo a dimostrare l’esistenza di un fatto oggetto di prova, a prescindere dalla circostanza che sia stato introdotto o meno dalla parte che aveva l’onere sostanziale della prova di quel determinato fatto (cosiddetto principio di acquisizione della prova).

Al tema dell’onere della prova sono riconducibili i concetti di:

  • fatto notorio, che consiste in un fatto di pubblica conoscenza in un determinato ambito territoriale (es. terremoto). L’esistenza di un simile fatto, indubitabile e incontestabile, è conosciuta dal giudice senza la necessità che le parti chiedano l’ammissione di un determinato mezzo di prova (notoria non egent probatione);
  • fatto pacifico, che consiste in un fatto affermato da una parte e ammesso implicitamente o esplicitamente dalla controparte. Il fatto pacifico, non dovendo essere provato, può essere direttamente utilizzato dal giudice come elemento di prova per la sua decisione.
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