L’art. 2697 cc. afferma che “chi vuol far valere un diritto in giudizio deve provare i fatti costitutivi del diritto stesso, mentre chi eccepisce l’inefficacia di tali fatti deve provare i fatti su cui l’eccezione si fonda”.

L’attore ha l’onere della prova rispetto ai fatti costitutivi, il convenuto rispetto ai fatti estintivi, modificativi e impeditivi.

Non c’è alcun problema di distinzione fra fatti costitutivi e fatti estintivi e modificativi, perché sono fatti che avvengono in momenti temporali diversi (es. di fatto estintivo è la prescrizione perché si verifica dopo rispetto al momento in cui sorge un diritto; es. di un fatto modificativo può essere una proroga del termine entro il quale deve essere adempiuta un’obbligazione, perché la proroga del termine è successiva al momento in cui sorge il diritto).

Sorge il problema di distinguere il fatto costitutivo dal fatto impeditivo, poiché quest’ultimo è un fatto coevo, cioè contemporaneo al fatto costitutivo. Fatti impeditivi sono quelle circostanze la cui esistenza impedisce alla fattispecie costitutiva di un diritto di produrre i propri effetti.

Esempio: art. 1491 cc. disciplina la garanzia per i vizi della cosa (quando un soggetto vende un bene è tenuto a garantire i vizi della cosa. Se esistono il compratore può chiedere la risoluzione o la riduzione del prezzo). Afferma che la garanzia non è dovuta se nel momento del contratto il compratore conosceva i vizi.

Il compratore rileva i vizi dopo il contratto e decide di agire in giudizio per la riduzione del prezzo. È il compratore che deve provare che non conosceva i vizi, oppure è il venditore che deve provare che il compratore conosceva i vizi? In quest’ultima ipotesi la conoscenza dei vizi si qualificherebbe come fatto impeditivo, quindi l’onere della prova graverebbe sul venditore convenuto.

Se l’onere della prova fosse un vero onere allora la parte che allega questi fatti (l’attore rispetto al fatto costitutivo, e il convenuto rispetto ai fatti estintivi, impeditivi e modificativi) avrebbe l’onere di fornire la prova. Non è così perché vi sono due limiti:

–          Principio di acquisizione processuale: quando la prova di un fatto è acquista al processo, qualsiasi parte può giovarsene. La prova di una determinata circostanza può avvenire anche dalla controparte (es. la prova del fatto estintivo può venire quindi sia dal convenuto che dall’attore);

–          Poteri istruttori d’ufficio del giudice: attraverso questi può acquisire la prova di determinate circostanze.

Quindi dobbiamo concludere che l’onere della prova non è un vero onere, perché chi ha affermato un fatto e non l’ha provata dovrebbe avere delle conseguenze sfavorevole e invece non è così perché può giovarsi della prova proveniente dalla controparte e dell’esercizio dei poteri istruttori d’ufficio del giudice.

L’onere della prova è una regola di giudizio: il legislatore ha voluto fornire al giudice il criterio per decidere nel merito quando manca la prova di una determinata circostanza, nel senso che se, nonostante il principio di acquisizione processuale e l’esercizio dei poteri istruttori del giudice, alla fine la prova di un fatto non è acquista al processo, allora il giudice dovrà ritenere che quel fatto non esiste (quindi rispetto a quel fatto, e solo a quel fatto, soccombe la parte).

È stata formulata questa regola di giudizio per evitare un il rigetto della domanda allo stato degli atti (il giudice in sostanza affermava di non avere i mezzi per decidere), per evitare che il giudice pronunciasse le sentenze di cosiddett non liquet (quando manca la prova il legislatore ha fornito il criterio per arrivare comunque a giudicare nel merito).

Onere della prova è una regola di giudizio che si applica ai fatti principali (fatti costitutivi, modificativi e impeditivi). I fatti principali si distinguono dai fatti secondari che sono fatti che non sono posti a fondamento né della domanda né dell’eccezione, ma dalla cui conoscenza si può dedurre l’esistenza dei fatti principali. I fatti secondari sono i fatti oggetto delle presunzioni semplici, sono fatti che hanno una funzione probatoria.

Bisogna stabilire se la conoscenza della presenza di vizi al momento di acquisto di un bene sia un fatto impeditivo (l’onere della prova grava sul convenuto), oppure se la mancata conoscenza dei vizi sia un fatto costitutivo (l’onere della prova grava sull’attore). Si ricorre al criterio delle massime di esperienza che consentono di formulare un giudizio probabilistico fondato appunto sulla generalità dei casi:

–           È una regola di esperienza che se il compratore rileva i vizi non compra il bene, quindi il compratore che agisce per la riduzione del prezzo non ha l’onere di provare che lui non aveva conoscenza dei vizi, sarà il venditore convenuto a dover provare che il compratore conosceva i vizi. La conoscenza dei vizi in capo al compratore dovrà essere considerato come fatto impeditivo il cui onere grava sul venditore;

–          Se il prezzo è molto basso rispetto a quello di mercato si può ritenere che abbiano tenuto conto dei vizi e che il compratore ne fosse a conoscenza, pertanto l’onere della prova in questo caso spetta al compratore.

Altro criterio che viene in soccorso sta nel fatto che un fatto è impeditivo quando è preceduto da espressioni del tipo “salvo che”, “a meno che”, “tranne che”, “soltanto se” etc. (es. art. 2050 cc., art. 1491 cc.).

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