L’art 100 c.p.c. disponendo che per proporre domanda giudiziale o per contraddire alla stessa è necessario avervi interesse sembra dire che non basta affermarsi titolari di una situazione giuridica sostanziale per poter agire davanti al giudice essendo necessario che vi sia anche un interesse. Per interesse s’intende il bisogno di tutela giurisdizionale conseguente alla violazione o contestazione del diritto sostanziale oppure alla realizzazione di una modificazione giuridica.

Occorre rilevare che il ruolo dell’interesse è diverso a seconda delle varie azioni. Nelle azioni costitutive poiché si tratta di azioni tipiche cioè di azioni previste dalla legge per determinati casi il ruolo dell’interesse è minimo dato che una volta che si sia realizzata l’ipotesi prevista dalla legge non sembra necessario altro. Si pensi ad es. all’art 119 c.c. che fissa in quali casi il matrimonio può essere annullato per interdizione. Se il giudice ritiene l’ipotesi realizzata accoglie la domanda; in caso contrario la rigetta non perché manca l’interesse ma perché manca il diritto.

Nelle azioni di condanna invece poiché si tratta di azioni di carattere generale si potrebbe pensare che l’interesse abbia spazio per svolgere la sua funzione. In realtà se si analizza la situazione standard che è alla base delle azioni di condanna e cioè diritto di credito insoddisfatto–obbligo inadempiuto si vede che le differenze specifiche tra le varie azioni finiscono con l’essere assorbite e rese irrilevanti. Se ciò è esatto anche l’interesse finisce con il diventare irrilevante pur se esistente dato che la proposizione dell’azione e la sottostante situazione di interesse viene ad essere giustificata dal credito insoddisfatto a cui corrisponde un obbligo inadempiuto.

Nelle azioni di mero accertamento invece il ruolo dell’interesse è di enorme importanza dato che concorre a definire quando il ricorso al giudice non è una inutile provocazione essendo bandite dal nostro ordinamento le azioni di mera iattanza.

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