A differenza dell’azione di condanna e di quella di accertamento, l’azione costitutiva è disciplinata dalla legge dato che l’art 2908 c.c. recita che nei casi previsti dalla legge l’autorità giudiziaria può modificare, estinguere o costituire rapporti giuridici. Come è facile intuire le azioni costitutive a differenza di quelle di condanna o di accertamento sono azioni tipiche cioè azioni che possono essere esercitate solo quando vi sia una disposizione di legge sostanziale che le preveda.

La ragione di questa limitazione è dovuta al fatto che l’azione costitutiva si inserisce nella sfera di autonomia riservata ad ogni soggetto limitandola. Con l’azione costitutiva infatti si fa valere un potere o un diritto potestativo in virtù del quale un soggetto è in grado di provocare effetti sulla sfera giuridica di un altro soggetto a prescindere dalla collaborazione di quest’ultimo a realizzarli.

A base delle azioni costitutive vi è dunque una situazione giuridica attiva che s’inquadra nella categoria di un potere e una situazione giuridica passiva che s’inquadra nella categoria della soggezione. Di fronte a tali situazioni è evidente che il legislatore non ha voluto lasciare ad una valutazione discrezionale del giudice l’ammissibilità dell’azione ma ha preferito di indicare i casi in cui essa può essere esercitata. Le ipotesi previste dal legislatore possono essere inquadrate in due categorie:

1) casi in cui i soggetti possono conseguire la costituzione, modificazione, estinzione del rapporto o della situazione giuridica solo attraverso il processo si pensi ad es. all’annullamento del matrimonio ai sensi degli art. 119-123 c.c.

2) casi in cui la costituzione, estinzione, o modificazione del rapporto o della situazione giuridica possono essere realizzate anche fuori del processo tramite la collaborazione degli interessati e solo quando ciò non avvenga si possono ottenere tramite il provvedimento giudiziale si pensi ad es. all’azione per ottenere la comunione forzosa del muro o l’imposizione coattiva di una servitù

Nel primo gruppo di casi la situazione sostanziale può essere spesa solo nel processo e perciò si concreta in un potere che finisce con l’essere assorbito nell’azione. Spesso queste azioni prescindono da un’effettiva contestazione e si avvicinano notevolmente alle ipotesi di giurisdizione volontaria. Nel secondo gruppo di casi la situazione sostanziale può essere esercitata già prima del processo e quindi ha una sua propria individualità per cui si parla di diritto potestativo.

La distinzione potrebbe essere utilizzata anche per stabilire il tipo di efficacia della sentenza costitutiva non essendo chiaro se la fattispecie costitutiva, estintiva, o modificativa debba ritenersi realizzata già al momento della proposizione della domanda giudiziale e se la sentenza operi o meno con efficacia retroattiva al momento in cui si sono verificate le condizioni di fatto della tutela.

Si potrebbe perciò essere tentati dal distinguere tra azioni costitutive cosiddette Necessarie perché correlate ad un mero potere dove la sentenza si porrebbe come elemento della fattispecie costitutiva con la conseguenza che gli elementi di fatto e di diritto della tutela dovrebbero esistere indifferentemente o al tempo della proposizione della domanda giudiziale o quando viene emanata la sentenza la quale non avrebbe normalmente efficacia retroattiva e azioni costitutive cosiddette Non necessarie perché correlate ai diritti potestativi dove le conseguenze sarebbero opposte.

Per quanto riguarda il momento in cui si realizza la fattispecie costitutiva va detto che generalmente si ritiene che i mutamenti degli elementi di fatto e di diritto che sono alla base della domanda verificatesi nel corso del processo siano irrilevanti dato che la durata del processo non deve danneggiare la parte che ha ragione, ma ciò non costituisce regola generale si pensi ad es. allo stato di necessità del locatore che abbia chiesto la cessazione della proroga legale il quale deve sussistere nel momento della decisione. Per quanto riguarda invece il tempo da cui partono gli effetti della sentenza passata in giudicato va detto che normalmente essi non siano retroattivi salvo il caso in cui ciò non sia previsto da una norma espressa.

Tra i casi di azione costitutiva merita di essere segnalato quello previsto dall’art. 2932 c.c. sull’esecuzione dell’obbligo di contrarre assunto con un contratto preliminare. Nella vigenza del codice del 1865 in mancanza di una norma espressa la parte adempiente poteva agire solo per ottenere il risarcimento dei danni e non anche per ottenere l’adempimento essendo la prestazione del consenso un facere infungibile.

La dottrina ipotizzò che questo poteva essere un campo di utile applicazione dell’azione costitutiva e il legislatore accolse tale orientamento nel codice del 1942. Di conseguenza oggi il giudice quando gli venga proposta domanda ex art 2932 c.c. deve emanare una sentenza che faccia le veci del contratto definitivo non concluso per cui egli non condannerà la parte inadempiente a concludere il contratto, dato che essendo tale obbligo incoercibile le cose rimarrebbero al punto di partenza, ma disporrà direttamente gli effetti del contratto definitivo non concluso ad es. nel preliminare di vendita trasferirà il bene al compratore alle condizioni pattuite.

Per concludere va detto che anche se secondo alcuni autori l’inserimento della norma tra le disposizioni del c.c. dedicate all’esecuzione è improprio a nostro modo di vedere la collocazione è giusta perché le sentenze costitutive sono autoesecutive dato che inglobano nel provvedimento giudiziale sia la dichiarazione sia la realizzazione degli effetti perseguiti con la domanda introduttiva.

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