Il legislatore del 1940 non avrebbe potuto in alcun modo far fronte all’esigenza di cautela considerata nella sua indeterminatezza ed in correlazione con l’indeterminatezza e genericità dell’azione cautelare. Per questa ragione il codice del 1940, con una disposizione di chiusura del sistema, ha disciplinato il provvedimento d’urgenza e cioè un procedimento che ha carattere di sussidiarietà e che soddisfa l’esigenza di completezza della tutela cautelare ed ha la funzione di venire incontro alle esigenze di cautela per le quali non sia previsto un procedimento cautelare tipico.

L’art. 700 cpc che disciplina il provvedimento d’urgenza soddisfa il bisogno di cautela e di assicurazione provvisoria ed urgente della futura decisione di merito in relazione a qualunque tipo di diritto soggettivo quando lo stesso è esposto ad un pregiudizio imminente ed irreparabile, assicurando così quel «minimum» di tutela giurisdizionale che nessun legislatore potrà tralasciare.

La previsione di un procedimento di tipo sussidiario e residuale, come il provvedimento d’urgenza, non conferisce alcun potere cautelare al giudice di emanare d’ufficio provvedimenti interamente rimessi alla sua volontà nel contenuto e nei presupposti. L’esercizio dei poteri dell’organo giudicante sarà sempre vincolato infatti al rispetto del principio fondamentale del «chiesto e del pronunciato».

Le modalità con le quali viene assolta la funzione di protezione contro il periculum in mora sono delineate dall’art 700 cpc che si riferisce alla capacità dei provvedimenti d’urgenza di assicurare gli effetti della futura sentenza di merito, richiamando l’attenzione natura anticipatoria di questo presidio giurisdizionale.

La l. 353/1990 e la successiva novella apportata dalla l. 80/2005 hanno lasciato inalterato questo sistema caratterizzato dalla tipicità delle misure previste e dalla loro integrazione con la previsione di uno strumento di tutela atipico e con la sua funzione sussidiaria

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