Il maggior sforzo di sintesi è quello tentato dal movimento della Nuova difesa sociale (SIDS), i cui elementi cardine sono la difesa della società contro il crimine e la risocializzazione del delinquente. Pur ricollegandosi a taluni motivi caratteristici della Scuola positiva, il nuovo indirizzo si muove su un piano di eclettico pragmatismo, senza cioè pregiudizi filosofici legali al determinismo e al libero arbitrio, e con intenti soprattutto pratico-operativi.

Tale movimento non sopprime la nozione di responsabilità, non nega la libertà dell’uomo e non rifiuta la possibilità della punizione, ma fonda la politica criminale della difesa sociale sulla responsabilità individuale, la cui realtà esistente costituisce uno dei cardini del sistema. La responsabilità, in particolare, viene intesa come espressione della personalità concreta del soggetto (come misura della capacità penale). Si impone, quindi, il concreto problema di restituire al delinquente il senso della propria responsabilità, che determinazioni interne hanno ridotto o annullato, in modo che possa reinserirsi come essere responsabile nella vita sociale. La responsabilità viene così a costituire la giustificante dell’interna giustizia penale: invece di essere il punto di partenza della costruzione del diritto penale, infatti, la responsabilità tende a diventarne lo scopo terminale.

Il programma minimo, accettato da tutti i membri del SIDS, può riassumersi nei seguenti punti:

  • la lotta contro la criminalità, da attuarsi attraverso mezzi di azione diversi, i quali devono tendere a proteggere non solo la società dal criminale, ma anche i suoi membri contro il rischio di cadere nel delitto.

Il diritto penale deve essere considerato come uno dei mezzi di cui la società si serve per far diminuire la criminalità, e quindi il suo vero scopo sta nella protezione della società e dei suoi membri contro il crimine.

  • l’umanizzazione del diritto penale, dato che il proseguimento di tale scopo deve avvenire attraverso il rispetto dei valori umani: non può esigersi dai delinquenti una condotta irreprensibile se non si osservano nei loro confronti metodi conformi ai principi della nostra civiltà.
  • la scientificizzazione del diritto penale, poiché lo scopo pratico della difesa della società e dei suoi membri contro il crimine, se da un lato deve prescindere da premesse di ordine metafisico, dall’altro deve fondarsi su uno studio scientifico della realtà.
  • l’introduzione di un sistema di misure di difesa sociale, unitario, differenziato e idoneo al recupero sociale del delinquente. La procedura giudiziaria e il trattamento penitenziari, quindi, debbono essere considerati come un processo continuativo, di cui le successive fasi vanno concepite secondo lo spirito e gli scopi della difesa sociale.

Con le sue notevoli aperture, la Nuova difesa sociale ha esercitato un’ampia azione riformista e razionalizzante sulle legislazioni dei paesi occidentali, i cui sistemi penali, processuali e penitenziari hanno segnato un avvicinamento ai suddetti principi. Essa, tuttavia, è stata oggetto di varie critiche, da diverse direzioni. Verso la metà degli anni Sessanta, comunque, in connessione con una crescente ondata di criminalità, ebbe inizio, nell’ambito della stessa Nuova difesa sociale, un esame critico dei propri postulati, volto a stabilire se i nuovi metodi fossero idonei ai fini di un’efficace politica criminale o non si fossero risolti soltanto in una mera umanizzazione, quando non anche in un’immotivata indulgenza criminogena. Si pervenne, quindi, ad un aggiornamento del programma circa il trattamento carcerario risocializzativo.

Richiedi gli appunti aggiornati
* Campi obbligatori

Lascia un commento