Qui ci interessa cogliere la struttura della proposizione giuridica astratta, che consta di tutte le disposizioni che si combinano in una affermazione di antigiuridicità di un certo comportamento umano. Su questo terreno si scontrano in primis i teorici del diritto(che dicono che la norma è un giudizio ipotetico: se si verifica A fattispecie condizionante, deve verificarsi una certa conseguenza giuridica che di solito porta alla sanzione). Gallo però ritiene che a questo modello si possa ricondurre ogni esperienza giuridica reale o concreta, quindi si chiede se il nostro ordinamento penale sia suscettibile di una qualificazione che permetta un modello arricchito da connotazioni ulteriori. Secondo la teoria, la norma apparirebbe anche come comando. Per Gallo però ci sono una serie di fatti di reato non rientranti precisamente nella sfera di dominio del soggetto agente autore del fatto di reato (esempio: l’omicidio preterintenzionale). Il comando non può infatti essere ravvisato col divieto ex 584 C.P. di percuotere, in quanto questo è il contenuto di comandi ex 581 e 582. Neppure sarebbe giusto arricchire il divieto di percuotere, con la specificazione “perché ne potrebbero derivare conseguenze non volute” come ad esempio la morte dell’offeso, in quanto così si dovrebbero esigere criteri soggettivi di imputazione per l’addebito di certi effetti della condotta. Tuttavia ci potrebbe essere una evoluzione del discorso, a seguito della modifica per le “circostanze aggravanti” ex l.19/1990 riguardo il 59 C.P. Tuttavia bisogna ricordare il 27 della Costituzione che sancisce “la natura personale della responsabilità penale”. Da una prima lettura di questo articolo, dottrina e giurisprudenza si sono orientate per assicurare “personalità” alla responsabilità penale, intendendo per essa l’affermazione della indispensabilità di criteri soggettivi di imputazione (ossia criteri che inverano sul piano normativo la rilevanza del soggetto in quanto “persona umana”. Cassazione e Corte Costituzionale positive su ciò.

Ci si chiede quale sia il contenuto effettivo del 27. Qui dottrina e giurisprudenza convergono sul fatto che la lettura che dava a questa norma un contenuto in forza di cui si riteneva incompatibile con l’ordinamento ogni forma di responsabilità penale per fatto altrui, è incompleta(nel Codice Civile ci sono casi di responsabilità per fatto altrui). La seconda domanda è l’efficacia che il 27 ha all’interno del sistema. Il problema qui è identificare la struttura delle regole penali nel nostro ordinamento in quella del comando o in quella della “costante” rappresentata dal giudizio ipotetico. Questo problema si risolve a seconda della funzione che va riconosciuta alle regole costituzionali, rispetto a quelle di legge ordinaria. Ora la regola penale non può esser il comando se le regole costituzionali hanno il compito di giudicare la legittimità di leggi ordinarie, in quanto nel sistema costituzionale ogni regola di diritto è correttamente valida e imputabile all’ordinamento finchè Corte Costituzionale non la annulli. Ora ci si deve chiedere quindi se le norme cos abbiano l’unica funzione nei rapporti con le leggi ordinarie, di esser norme parametro in un giudizio di legittimità. Ora per Gallo, indipendentemente da una pronuncia della Corte Costituzionale , sarebbe la stessa regola costituzionale a far si che la regola ordinaria sia da leggere in modo da assicurare l’osservanza della prima: quindi ogni proposizione normativa che non enunci quei minimi requisiti di imputazione soggettiva che garantiscono il principio per cui “la responsabilità penale è personale”, andrà integrato dai requisiti in questione. Avremo quindi un modello di norma penale come comando, che non si esaurisce in una verifica di tendenza, ponendosi invece come criterio legislativamente consacrato.

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