Anche nell’aberratio si ha una divergenza tra il voluto e il realizzato, dovuta però a cause non incidenti sulla fase formativa (errore motivo), bensì sulla fase esecutiva della volontà (errore inabilità). Tale aberratio, comunque, può essere (1) causae, (2) ictus o (3) delicti.

(1) L’aberratio causae si ha quando il processo causale si è svolto in modo diverso da come l’aveva previsto e voluto l’agente, pur avendo ugualmente prodotto l’evento nei confronti della vittima designata (es. Tizio getta nel fiume Caio perché muoia annegato, ma questo muore battendo sul pilone del ponte).

L’aberrazione causale, non espressamente regolata dalla legge, è irrilevante per i reati a forma libera, rispetto ai quali è essenziale solo la causazione dell’evento, e non anche i modi con cui esso viene causato. Essa, al contrario, è rilevante per i reati a forma vincolata, ove il tipo e le modalità della condotta causale sono elementi essenziali. Pur sussistendo il dolo, quindi, l’agente non è punibile perché ha realizzato un fatto atipico.

(2) L’aberratio ictus può essere:

  • monoffensiva (art. 82 co. 1), quando, per errore nell’uso dei mezzi di esecuzione del reato, o per un’altra causa (es. spinta, vento), è cagionata offesa a persona diversa da quella alla quale l’offesa era diretta . In questo caso il colpevole risponde come se avesse commesso il reato in danno della persona che voleva offendere, salve, per quanto riguarda le circostanze aggravanti o attenuanti, le disposizione dell’art. 60 (errore sulla persona dell’offeso) .

Mentre per l’error in personae è pacifico che si versa pur sempre nel dolo, il problema si è riproposto per l’aberratio ictus, rispetto alla quale si scontrano due soluzioni:

  • quella dell’unico e assorbente reato, i cui solidi argomenti sono:
    • il principio generale dell’indifferenza dell’identità del soggetto passivo, non essendo questa requisito del fatto tipico.
    • la non necessaria previsione legislativa del reato commesso anche a titolo di colpa e la non necessaria rilevanza del tentativo a qualsiasi fattispecie incriminatrice.
    • quella dei due reati (del tentativo rispetto alla vittima designata e del reato colposo rispetto alla persona offesa), i cui argomenti sono:
      • il principio generale dell’imprescindibilità dell’identità della persona offesa ai fini del dolo. L’agente, quindi, dovrebbe rispondere di tentativo rispetto alla vittima designata e di reato colposo (se il fatto è punibile anche a titolo colposo) nei confronti della persona offesa.
      • la mancanza, nei confronti della persona offesa, della spinta motivazionale che è all’origine della condotta delittuosa verso la vittima designata.

Circa il problema se occorra, rispetto alla vittima designata, che si realizzino gli estremi del tentativo del reato, preferibile appare la minoritaria tesi positiva, poiché altrimenti si incentrerebbe la punibilità per dolo sull’originaria intenzione criminosa.

  • bioffensiva (art. 82 co. 2), qualora, oltre alla persona offesa, sia offesa anche quella alla quale l’offesa era diretta . In questo caso, il colpevole soggiace alla pena stabilita per il reato più grave, aumentata fino alla metà .

In caso di sussistenza degli estremi del tentativo rispetto alla vittima designata, si ha aberratio mono o bioffensiva a seconda che detto tentativo sia ritenuto o meno necessario per l’aberratio monoffensiva. Pertanto, per chi (Mantovani) ritiene necessario il suddetto tentativo, per aversi aberratio bioffensiva occorre che la vittima designata abbia subito anche una materiale lesione.

Circa il problema del titolo della responsabilità, mentre è ovviamente dolosa l’offesa alla persona designata, si discute se l’offesa all’altra persona sia imputabile a titolo di responsabilità oggettiva o di colpa. La tesi minoritaria, della colpa, risulta essere preferibile, sia perché è conforme all’art. 27 co. 1 Cost., sia perché è fondata sull’art. 82 co. 2, il quale, sancendo che la pena va determinata partendo dal reato più grave, postula due reati, uno doloso e uno, necessariamente, colposo, non esistendo reati punibili a titolo di responsabilità esclusivamente obiettiva.

Si ha aberratio ictus plurioffensiva quando, oltre alla persona presa di mira, si offendono più persone diverse oppure quando, rimasta illesa la prima, si offendono altre persone. Di fronte al silenzio della legge, gravi difficoltà sorgono circa la relativa disciplina.

(3) L’aberratio delicti (es. art. 586) può essere:

  • monoffensiva (art. 83 co. 1), se, per errore nell’uso dei mezzi di esecuzione, o per altra causa, si cagiona un evento diverso da quello voluto . In questo caso, il colpevole risponde, a titolo di colpa, dell’evento non voluto, quando il fatto è preveduto dalla legge come delitto colposo (es. risponde di lesioni colpose il dimostrante che, volendo danneggiare la vetrina, colpisce il passante, mentre non risponde di alcun reato chi, volendo colpire il passante, danneggi la vetrina: a differenza delle lesioni, infatti, il danneggiamento non è previsto come reato colposo).

Mentre nell’aberratio ictus si ha un mutamento nella persona offesa, ma non nel reato, nell’aberratio delicti, al contrario, il titolo del reato cambia, a prescindere che il soggetto passivo sia la persona designata o una diversa.

Si discute se per la responsabilità per l’evento non voluto occorra o meno la colpa. Sebbene non felice, comunque, la formula a titolo di colpa deve essere interpretata in conformità al principio della responsabilità personale (non oggettiva): l’agente, quindi, risponde dell’evento non voluto solo se esso è attribuibile alla sua colpa, da accertarsi in concreto.

  • bioffensiva (art. 83 co. 2), se, il colpevole ha cagionato altresì l’evento voluto . In tal caso si applicano le regole del concorso di reati, e quindi l’agente risponde di un reato doloso in concorso con uno o più reati colposi, anche qualora il delitto voluto sia rimasto alla fase del tentativo.
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