I delitti contro la persona (Titolo XII) si sono arricchiti della nuova categoria dei delitti contro la libertà e l’intangibilità sessuale (l. n. 66 del 1996), in precedenza allocata presso il Titolo IX, dei delitti contro la moralità pubblica e il buon costume .

Tali delitti sono stati riformulati secondo le seguenti innovazioni più rilevanti:

  • l’unificazione dei reati di congiunzione carnale e di atti di libidine violenti sotto la generica fattispecie della violenza sessuale o degli atti sessuali con minorenne ;
  • l’introduzione del più grave reato di violenza sessuale di gruppo ;
  • la modificazione del reato di corruzione di minorenne ;
  • la previsione della non punibilità dei rapporti sessuali tra minorenni.

Questa riforma, sotto il profilo della politica criminale, ha avuto il merito di aumentare di 2 anni il minimo edittale della violenza sessuale, onde rendere più difficili patteggiamenti e sospensioni condizionali. Per il resto le modifiche introdotte risultano prive di una reale incidenza generalpreventiva.

Riforma soprattutto di valore culturale e simbolico è la riqualificazione dei delitti sessuali come delitti contro la persona, modifica questa conforme a quella concezione personalistica della tutela fatta propria dalla Costituzione, la quale aveva reso intollerabilmente antinomica e anacronistica la qualificazione dei delitti sessuali come delitti contro la moralità pubblica e il buon costume.

A tale cambio di etichetta, tuttavia, non ha fatto riscontro una congrua opera di personalizzazione dei delitti sessuali, che è rimasta incompiuta sotto diversi profili:

  • della stessa classificazione sistematica, perché, una volta riportati tra i delitti contro la persona, tali delitti andavano collocati non tra i delitti contro la libertà personale, bensì più correttamente tra i delitti contro la libertà morale oppure sotto le autonome categorie dei delitti contro la libertà sessuale dei maggiorenni e dei delitti contro l’intangibilità sessuale dei minorenni;
  • della tendenza, ancora persistente, ad incentrare il delitto sessuale sull’elemento della violenza anziché sul quello del dissenso, dimenticando in questo modo che la libertà sessuale è offesa per il solo fatto di essere la persona dissenziente (non resistente);
  • del mantenimento dell’unità sistematica degli atti sessuali a danno di persona maggiorenne e degli atti sessuali su, con o in presenza di minorenne sotto il comune titolo dei delitti contro la libertà personale, anziché della loro scissione sotto due distinte categorie di delitti:
    • la libertà sessuale (maggiorenni), che viene meno qualora si incida sulla non consensualità libera dell’atto sessuale;
    • l’intangibilità sessuale (minorenni), che viene meno qualora si incida sulla precocità sessuale del minore;

L’intangibilità del minore, assoluta verso gli adulti, ha subito un esplicito stemperamento rispetto agli atti sessuali tra minori, con abbassamento fino al soggetto tredicenne, purché la differenza di età tra lui e il copulante non sia superiore a tre anni.

Passando dal piano criminologico e politico-criminale, occorre sottolineare che la violenza sessuale è un fenomeno subanimale, non subumano. Deprecare tale subanimalità, tuttavia, non potrà impedirne la prevedibile crescita, e questo per l’elementare constatazione che, in forza della più generale capacità umana di non cogliere le correlazioni tra causa ed effetto, anche in materia sessuale si lamentano le cosiddette cause stuprogene, attraverso le solite contraddizioni e ambivalenze culturali (es. consumismo sessuale,) e in dispregio delle due più elementari leggi criminologiche:

  • che il numero di coloro che pervengono al delitto cresce col decrescere di validi sistemi di controllo socio-culturali (es. religiosi, morali, scolastici);
  • che esiste un rapporto di proporzione inversa tra controlli sociali extrapenali e controlli penali, all’attenuazione dei primi supplendo l’irrigidimento dei secondi e restando la pena l’unico sistema di controllo sociale delle società permissivistiche.
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