Diritti economici oltre il mare territoriale. Le zone di pesca

Nel XX secolo furono vari tentativi di avviare il limite delle tre miglia (introdotto dal giurista napoletano Galiani nel 1782 e recepito dal Territorial Waters Jurisdiction Act britannico dal 1878) per motivi economici.

Contemporaneamente, nonostante la ribadita affermazione del principio della libertà dei mari, alcuni Stati costieri sostennero la pretesa di esercitare la pesca in esclusiva in spazi di alto mare, contigui alla costa, ben oltre i limiti del mare territoriale. Gli sviluppi più significativi si producono alla metà del nostro secolo, allorché si realizzò un incremento più che notevole della capacità di pesca degli Stati industrializzati e, di conseguenza, si profila il rischio dell’estinzione di talune specie marine, per cui sono adottate le prime convenzioni multilaterali dirette a scongiurare tale possibilità.

La prima strada viene seguita dalla Norvegia nei confronti dei pescatori britannici e trovò riconoscimento nella pronuncia emanata nel 1951 dalla CIG (corte internazionale di giustizia) sul caso delle Peschiere norvegesi. L’Islanda, sul presupposto che la sua popolazione era specialmente dipendente dalla pista, adottò un programma tendente a riservare i pescatori nazionali una fascia di mare di 50 miglia, ben al di là dunque del limite del mare territoriale. La CIG negò questo diritto all’Islanda.

Le codificazioni. La prima conferenza di Ginevra 1958 (CG). La Convenzione di Montego Bay (CMB)

I tentativi di codificazione del diritto del mare in questo secolo hanno come artefici la Societa’ delle nazioni prima (senza ottenere alcun risultato) e la Organizzazione delle Nazioni Unite poi.

Vediamo i tentativi di codificazione e i loro esiti:

Aja, 1930

fallimento dell’unico tentativo delle Societa’ delle Nazioni

Ginevra, 1958

positivamente conclusa e importantissima ad opera della organizzazione delle Nazioni Unite. La conferenza delle Nazioni Unite sul diritto del mare si concluse con l’adozione del testo di quattro convenzioni:

1. sul mare territoriale e la zona contigua

2. sull’alto mare

3. sulla pesca e la conservazione delle risorse biologiche dell’alto mare

4. sulla piattaforma continentale

Le convenzioni di Ginevra costituiscono tuttora, malgrado le loro carenze, il diritto convenzionale vigente fra diversi stati.

Da tali convenzioni si deduce indirettamente che il mare territoriale non può oltrepassare le 12 miglia (limite massimo istituibile in materia di polizia doganale, fiscale, sanitaria o d’immigrazione).

Riguardo la piattaforma continentale essa è definita come il letto del mare e il sottosuolo delle regioni sottomarine adiacenti alle coste ma situate al di fuori del mare territoriale, fino ad una profondità di 200 metri o, al di là di tale limite, fino al punto in cui la profondità delle acque sovrastanti permette lo sfruttamento delle risorse naturali delle predette regioni. L’importanza della piattaforma deriva dalla possibilita’ di estrazione di idrocarburi, ormai generalmente accettata, purchè non pregiudichi la condizione di alto mare delle acque sovrastanti.

Da notare che non venne minimamente recepita nella convenzione di Ginevra la tendenza di alcuni paesi, in particolare sudamericani, di rivendicare la propria sovranita’ fino a 200 miglia dalla costa, pratica contrastante con quella generale. La ragione di tale rivendicazione era quella di assicurarsi il controllo delle risorse ittiche indispensabili a quelle nazioni.

Ginevra, 1960

La seconda conferenza delle Nazioni Unite sul diritto del mare riguardante l’ampiezza del mare territoriale e i limiti delle zone di pesca fu un fallimento.

Montego Bay, 1982

La terza conferenza delle Nazioni Unite, conclusasi nel 1982 con l’apertura alla firma della convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, ha particolare importanza sotto diversi aspetti.

Dal punto di vista formale: pur procedendo inizialmente per consensus il testo ha alla fine dovuto essere votato (con il favore peraltro di ampia maggioranza). Tuttavia al 1989 erano state raccolte solo 40 delle 60 firme per la sua entrata in vigore.

Dal punto di vista del contenuto: in tale convenzione si trova insieme un’opera di codificazione e di impulso per lo sviluppo progressivo del diritto del mare consuetudinario. I due concetti nuovi più importanti che da essa emergono sono:

il concetto di patrimonio comune della umanità (che sara’ visto in seguito);

la nozione di zona economica esclusiva: un’ampia zona di 200 miglia entro la quale lo stato costiero gode di diritti limitatamente alle materie di rilievo economico (principalmente lo sfruttamento delle risorse minerali e biologiche, la protezione dell’ambiente, la ricerca scientifica, le installazioni aritificiali).

Le ragioni della sua istituzione vanno ricercate in quelle rivendicazioni fino alle 200 miglia fatte non solo dai paesi sudamericani per assicurarsi le risorse ittiche marine, ma anche da altri paesi com e l’Islanda (rivendicante 50 miglia per la pesca, riluttante persino alla esecuzione delle sentenze di condanna delle Corte internazionale di Giustizia. Inoltre anche il Canada adotto’ nel 1970 misure di controllo sulla navigazione fino a 100 miglia dalle sue coste, con lo scopo di tutelare l’equilibrio ecologico della zona visti i progetti di passaggio di superpetroliere rompighiaccio. Avvenne così che nel corso dei negoziati anche gli stati che inizialmente erano contrari cambiarono posizione istituendo anch’essi zone economiche fino a 200 miglia, ponendo in chiaro che ciò non pregiudicava la tradizionale libertà di navigazione.

La convenzione della terza conferenza delle Nazioni Unite, anche se non ancora in vigore, e’ comunque lo strumento basilare per la descrizione del diritto internazionale del mare.

Richiedi gli appunti aggiornati
* Campi obbligatori

Lascia un commento