Cosa può fare il titolare del marchio una volta effettuata la registrazione? Cosa succede se interviene una lesione del diritto di esclusiva sul marchio?

La tutela ottenibile in ipotesi di contraffazione (uso illegittimo del marchio) è una tutela azionabile in sede di giudizio e il titolare può adire le vie ordinarie → azione per contraffazione.

Il titolare può agire ex art. 12 Cod. Prop. Ind. → segno uguale o simile per prodotti identici o affini quando questo possa ingenerare un rischio di confusione per il pubblico → si avrà contraffazione quando c’è il rischio di confusione per il pubblico.

Ci sono de problemi a calare il concetto nella pratica. Quando c’è rischio di confusione? Il rischio è rimesso ad un giudizio che deve dare o stesso giudice. La norma non dice molto di più. Ma la giurisprudenza ha elaborato dei criteri.

Confondibilità riguardo i segni: il pubblico deve essere indotto in errore.

Il giudizio di confondibilità segue dei criteri:

– Deve essere dato in astratto → ci sono ipotesi in cui la confondibilità in concreto non c’è. Es. non compri una Gucci al mercato per 10€ sicuro che sia vera. Non vanno prese in considerazione le circostanze concrete dove è avvenuta la commercializzazione.

– Post sale confusion → il rischio sulla confondibilità è dato non in sede di acquisto del bene, ma è un rischio di confusione che riguarda tutti i soggetti con cui chi ha comprato il prodotto è andato a relazionarsi. Es. compro la Gucci da 10€, ma le persone che mi vedono possono pensare che sia vera.

– il pubblico (acquirente) deve darlo in via sintetica, senza prestare troppa attenzione. Se stesse attento non sarebbe confusionato; valutazione d’impatto in sede d’acquisto.

– L’attenzione del pubblico va parametrata soprattutto sul vaolre del bene e sul fatto che si tratti o meno di un bene venduto nei canali di grossa distribuzione oppure sia un prodotto di nicchia, cioè un prodotto in relazione al quale pone una maggiore attenzione in sede d’acquisto.

L’art. 12 parla anche di prodotti identici o affini → il rischio di confusione riguarda non solo i marchi, ma anche i prodotti correlati. Insieme al giudizio di confondibilità tra segni bisogna prendere in considerazione il giudizio di affinità tra prodotti. Esempio: segno simile e prodotti simili → si deve valutare entrambi i rischi di confondibilità: segno e prodotto.

Giudizio di affinità tra prodotti. La giurisprudenza l’ha analizzato. Due orientamenti:

1- Sono affini quei prodotti che presentino una stessa natura, che siano destinati ad una medesima clientela, che siano destinati a soddisfare un medesimo bisogno. Il Vanzetti è critico su questa teoria, ritenendo che il concorso di questi tre criteri possa essere letto in senso troppo restrittivo o troppo estensivo. Esempio: bottiglia d’acqua e scatola di pomodori. Sono affini? Secondo un’applicazione estensiva del criterio sì, secondo una lettura riduttiva del medesimo criterio no. Vanzetti sostiene che questo criterio non sia valido.

2- Sono affini quei prodotti aventi anche natura differente i quali però, per il fatto di essere contrassegnati da un medesimo marchio fanno presumere al consumatore di provenire da una medesima impresa. Questo criterio prende le tendenze attuali proprie dei grandi marchi a spendere il marchio anche per prodotti differenti. (es. Gucci che firma la macchina). Il giudizio di affinità non riguarda solo il prodotto in se stesso, ma riguarda il suo rapporto con il marchio.

Questo principio non si applica per i segni notori, cioè quelli che godono di rinomanza. Essi hanno infatti tutela extra-merceologica →non è tutelabile un marchio uguale o simile anche per prodotti non affini. I marchio notorio gode di tutela indipendentemente dal prodotto su cui viene posto.

Dall’uso in contraffazione del marchio deve derivare ingiusto vantaggio per il contraffattore o un danno per il titolare del marchio notorio. La tutela sarà fornita dove si dimostrino questi due elementi.

Il giudizio di contraffazione si struttura dunque su criteri più o meno empirici che riguardano soprattutto la novità, ma anche alcuni elementi della capacità distintiva. È infatti invalido il marchio molto simile ad altro marchio o che raffiguri le caratteristiche generiche del prodotto. I marchi deboli sono quelli che richiamano i caratteri del prodotto e magari li rielaborano. Ci sono tantissimi marchi deboli e la loro grande diffusione deriva dal fatto che sono di grande percezione per il pubblico (Fluimucil, benagol ecc.) → richiamano e rielaborano le caratteristiche del prodotto. Ciò che è tutelato è solo la rappresentazione artistica del concetto. Si dirà: non rappresenta una contraffazione di “carcioghiotto” se chiamo il mio prodotto “carciofotto”. La tutela è data solo alla rielaborazione.

Per i marchi forti la tutela è assoluta. Il marchio forte ha la caratteristica di essere totalmente estraneo rispetto al prodotto. Se io chiamo un tipo di lana “lana gatto” identifico un concetto che nulla ha a che fare con il prodotto. La tutela ricomprende il significato semantico, o lo stesso nucleo ideologico rispetto a quello utilizzato. Nessuno potrà dunque usare un gatto per identificare un prodotto lana. La tutela è dunque maggiore.

Esempio: “nutella” è uno dei marchio più forti al mondo, ma dal punto di vista semantico è debole → nut: nocciola.

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