Gli enti acattolici vanno senza dubbio ricompresi tra gli enti ecclesiastici. In materia è ancora vigente, per le confessioni che non hanno sottoscritto intese con lo Stato, la legge 1159/1929. Il riconoscimento, analogo a quello degli enti cattolici, è richiesto al Ministro degli interni da parte di chiunque ne sia interessato. La relativa domanda deve essere accompagnata dallo statuto dell’ente, in cui vanno indicati: lo scopo, gli organi di amministrazione, le norme di funzionamento ed il patrimonio dell’ente. Valutati questi elementi, il Presidente della Repubblica emana il decreto di erezione in ente morale, su proposta del Ministro degli interni, sentiti il Consiglio di Stato ed il Consiglio dei Ministri. Gli enti “sono soggetti alla vigilanza ed alla tutela governativa”, e il Ministro dell’interno può, se necessario, nominare un commissario governativo.

Una volta riconosciuti civilmente, gli enti confessionali sono considerati persone giuridiche private, dotate di autonomia giuridica.

Quanto alle intese finora stipulate, va notato che in quella valdese, si parla esplicitamente di “enti ecclesiastici valdesi”; per il loro riconoscimento, essi debbono avere “fini di culto, istruzione e beneficenza” ed è richiesta “la delibera sinodale con cui l’ente è stato eretto in istituto autonomo nell’ambito dell’ordinamento valdese”. Anche se l’intesa non ne parla, l’ente riconosciuto deve iscriversi nel registro delle persone giuridiche.

Nell’intesa con l’Unione delle Comunità ebraiche italiane, fermo restando che l’Unione “conserva la personalità giuridica di cui è dotata”, si stabilisce che presso il Ministero dell’interno sono tenuti lo statuto dell’Unione e quello degli altri enti ebraici. Tali enti devono avere fini di culto o di religione, ed essere “approvati dalla Comunità competente per territorio e dall’Unione. Il loro riconoscimento avviene con decreto del Presidente della Repubblica, sentito il parere del Consiglio di Stato”. Si stabilisce l’iscrizione nel registro delle persone giuridiche. Le comunità ebraiche erano considerate enti pubblici e ad esse appartenevano di diritto tutti gli israeliti residenti nel territorio.

L’intesa con l’Unione italiana delle Chiese cristiane avventiste del 7° giorno stabilisce: “il riconoscimento della personalità giuridica dell’Unione italiana delle Chiese cristiane avventiste del 7° giorno e dell’Istituto avventista di cultura biblica”. “Per ottenere il riconoscimento gli enti devono avere la sede in Italia e perseguire fini di culto o religione, da accertare di volta in volta” tenendo conto delle attività svolte. “La domanda di riconoscimento va presentata da chi rappresenta l’ente”. Il riconoscimento è concesso con decreto del Presidente della Repubblica, sentito il Consiglio di Stato”. È previsto l’obbligo di iscrizione nel registro delle persone giuridiche. “La gestione ordinaria e straordinaria avviene con il controllo delle autorità ecclesiastiche competenti, senza alcuna ingerenza da parte dello Stato”. Il mutamento del fine che fa perdere all’ente uno dei requisiti richiesti per il riconoscimento, può provocare la sua revoca.

Le “Assemblee di Dio in Italia” sono già riconosciute come enti morali con decreto del Presidente della Repubblica del 1959. Nell’intesa da loro stipulata si stabilisce che le loro attività “sono soggette alle leggi civili riguardanti le stesse attività svolte da enti non ecclesiastici. Si escludono ingerenze dello Stato, è prevista l’iscrizione nel registro delle persone giuridiche e la revoca del riconoscimento in caso di mutamento dei fini.

L’intesa con l’Unione Cristiana Evangelica Battista d’Italia e l’intesa con la Chiesa Evangelica Luterana in Italia ricalcano le disposizioni delle altre intese.

Ciò premesso, può dirsi che, la dizione “ente ecclesiastico civilmente riconosciuto” è usata dal legislatore per indicare sia gli enti cattolici che quelli acattolici che hanno raggiunto accordi con lo Stato.

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