Per le specifiche finalità che perseguiva, la CECA si presentò con caratteri assai particolari rispetto alle organizzazioni precedenti tanto che – utilizzando un’espressione usata dal Trattato istitutivo (art. 9) relativamente alle funzioni dei membri dell’Alta Autorità – fu definita un ente «sopranazionale» (il carattere di «sopranazionalità» è venuto scemando nelle organizzazioni successive della CEE e dell’Euratom). Come organi della CECA erano previsti (nel sistema originario del Trattato di Parigi):

  • · L’Alta Autorità composta di nove membri nominati per sei anni (rinnovabili per un altro periodo). Di questi, otto erano nominati di comune accordo dai governi degli Stati membri; il nono veniva scelto da questi ultimi per cooptazione. Primo presidente dell’Alta Autorità fu nominato Jean Monnet, il quale però si dimise ben presto per dedicare tutte le sue energie al «rilancio europeo».
  • · Il Consiglio speciale dei Ministri composto dai ministri degli esteri o degli affari economici di ciascun membro.
  • · L’Assemblea Comune (ora Parlamento europeo) composta di rappresentanti dei popoli degli Stati riuniti nella Comunità. Il trattato prevedeva che in un secondo tempo l’elezione dei membri dell’Assemblea venisse fatta a suffragio universale diretto. Prima di poter realizzare l’elezione diretta il compito di scegliere i rappresentanti dei popoli fu attribuito ai Parlamenti nazionali.

La Corte di Giustizia composta inizialmente di sette giudici e di due avvocati generali nominati di comune accordo dai governi per sei anni e parzialmente rinnovati ogni tre anni. Essa esercitava, ed esercita tutt’oggi, uno strettissimo controllo giuridico prima di tutto come organo giudiziario di tipo internazionale per le vertenze tra gli Stati membri relative al Trattato ed anche tra istituzioni e Stati membri. Era però, ed è tuttora anche un organo giudiziario avanti al quale gli Stati, le imprese e le associazioni di imprese possono ricorrere contro gli abusi e gli sviamenti di potere delle istituzioni in questioni di legalità o di annullamento, di interpretazione etc. Dopo la creazione della CE, comunque, la Corte non è l’organo chiamato ad applicare il diritto comunitario nei casi «comuni»: tale compito spetta piuttosto ai giudici nazionali.

La struttura organizzativa della CECA venne definendosi intorno a questo concetto del potere sopranazionale dell’Alta Autorità. Occorreva attribuire ad essa le competenze necessarie per realizzare gli obiettivi del Trattato, ma, nello stesso tempo, assicurarsi che le sue competenze venissero esercitate conformemente alla legge – cioè nel pieno rispetto del Trattato – e, possibilmente, sotto un controllo democratico di tipo parlamentare: di qui la creazione di una corte di giustizia dotata del potere di annullare le decisioni illegali dell’Alta Autorità e di un’assemblea dotata del potere di censurarla (il che era molto meno delle attribuzioni di cui godono le istituzioni parlamentari, ma rappresentava già qualcosa). L’Alta Autorità, in questo quadro, non era l’organo delegatario della sovranità degli Stati membri, ma una delle istituzioni di un’entità più vasta, dotata della personalità giuridica di diritto internazionale.

Restava la questione dell’interdipendenza fra i problemi specifici del mercato comune del carbone e dell’acciaio e quelli di politica economica generale che restavano di competenza degli Stati.

La soluzione venne trovata nella creazione di un quarto organo, il Consiglio speciale dei Ministri, composto da rappresentanti dei governi degli Stati membri e chiamato, in una serie di casi, a dare il suo parere all’Alta Autorità prima che questa adottasse le sue decisioni: quando le decisioni riguardavano una materia eccedente il ristretto quadro del mercato comune del carbone e dell’acciaio, si richiedeva un parere conforme del Consiglio (talvolta all’unanimità). Nonostante ciò, il carattere sopranazionale dell’Alta Autorità rimaneva salvo perché il Consiglio era un’istituzione della CECA e non un organo di appello contro le decisioni dell’Alta Autorità.

La CECA si presentò dunque con tre caratteristiche di un certo rilievo rispetto alle altre o.i.: a) anziché esservi un unico organo esecutivo (come ad esempio nell’ONU il Consiglio di Sicurezza) ve ne erano due (l’Alta Autorità ed il Consiglio); b) l’organo a composizione più vasta (l’Assemblea) era costituito da persone reclutate mediante un procedimento che non consisteva nella designazione da parte degli organi dello Stato competenti per i rapporti internazionali (inoltre i suoi poteri erano drasticamente ridotti a favore dell’esecutivo); c) era prevista una Corte cui venivano affidati poteri giurisdizionali assai estesi per quanto riguarda l’applicazione del Trattato (essa ebbe in seguito un ruolo anche maggiore, tanto che oggi si può dire che senza di essa oggi la Comunità sarebbe assai differente).

Queste caratteristiche hanno indotto alcuni a sostenere che nella CECA si è avuta, per la prima volta, l’applicazione ad un’organizzazione internazionale dello schema della divisione fra le tre funzioni dello Stato (legislativa, esecutiva e giudiziaria). A questo proposito occorre rilevare che, qualsiasi valore si voglia attribuire alla dottrina della separazione dei poteri nella moderna teoria dello Stato, l’Assemblea della CECA non poteva essere assimilata al potere legislativo, dal momento che la legislazione dell’ente era contenuta quasi totalmente nel trattato che la istituiva e gli atti che la sviluppavano erano attribuiti alla competenza dell’Alta Autorità. Anche oggi il Parlamento europeo, pur essendo associato in modo significativo al processo legislativo, non può dirsi un organo legislativo in senso pieno.

L’Alta Autorità era l’organo più interessante della CECA. Essa possedeva, insieme al Consiglio, il potere esecutivo della Comunità: «I membri dell’Alta Autorità – stabiliva l’art. 9 del Trattato – esercitano le loro funzioni in piena indipendenza, nell’interesse generale della Comunità. Nell’adempimento dei loro uffici essi non sollecitano, né accettano istruzioni da alcun governo né da alcuna organizzazione. Essi si astengono da ogni atto incompatibile con il carattere sopranazionale delle loro funzioni». Dunque, non solo i membri dell’Alta Autorità avevano l’obbligo morale di non accettare istruzioni di nessun genere dai loro governi, ma persino i governi dovevano impegnarsi a rispettare il carattere sovranazionale dell’istituzione e a non influenzare i membri di essa che fossero propri cittadini.

Il termine “sovranazionale” è stato assunto come distintivo delle Comunità europee, per il potere ad esse attribuito di emanare comandi rivolti a soggetti privati, sprovvisti di personalità giuridica nell’ordinamento internazionale, ma dotati di tale contrassegno nell’ordinamento istituito dalle Comunità. Nel medesimo tempo vale a distinguere le Comunità europee dalle altre organizzazioni internazionali, la cui attività più significativa (e talvolta esclusiva) si colloca nel diritto internazionale pubblico.

L’Alta Autorità doveva garantire le condizioni di una concorrenza efficace disponendo per questo di mezzi diretti e indiretti. I mezzi diretti, cioè i prezzi massimi e minimi e le quote di produzione e d’importazione, erano riservati ai periodi di crisi o di scarsità di produzione, mentre in tempi normali servivano allo scopo la pubblicità dei prezzi, il controllo delle intese e delle concentrazioni e l’eliminazione delle sovvenzioni e di altre distorsioni: tutti mezzi indiretti.

All’Alta Autorità erano affidati i compiti principali in vista del conseguimento dei fini della CECA: agli altri organi il compito di controllare l’attività dell’Alta Autorità ed eventualmente di stimolarla. L’Assemblea esercitava il controllo soprattutto esaminando, in seduta pubblica, la relazione annuale presentata dall’Alta Autorità (art. 24). Se veniva approvata, a maggioranza dei due terzi dei voti espressi e a maggioranza dei membri, una mozione di sfiducia, i membri dell’Alta Autorità erano obbligati ad abbandonare collettivamente le loro funzioni.

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