Il ricongiungimento con familiari che sono cittadini di uno Stato membro dell’Unione Europea

La direttiva 2004/38/CE conferisce ai familiari del cittadino UE il diritto di accompagnarlo o raggiungerlo nello Stato membro in cui si trasferisce. Ciò ha una natura funzionale rispetto all’esercizio della libertà di circolazione delle persone, dato che si cerca di facilitare l’esercizio di tale libertà da parte dei cittadini di Stati membri, garantendo, nello stesso tempo, il diritto fondamentale al rispetto della vita familiare.

Per “familiari” la direttiva intende il coniuge, i figli del cittadino dell’Unione o del suo coniuge se minori di anni 21 o a carico,nonché gli ascendenti del cittadino e del suo coniuge. Rientra nella nozione di familiare “il partner che abbia contratto con il cittadino UE una unione registrata sulla base della legislazione di uno Stato membro,qualora la legislazione dello Stato ospitanti equipari l’unione registrata al matrimonio. Tale soluzione consente di evitare una discriminazione a danno dei cittadini di altri Stati membri senza,tuttavia,incidere sulle scelte nazionali riguardo alle relazioni familiari. Inoltre la direttiva richiede agli Stati membri di agevolare l’ingresso del partner con cui il cittadino UE abbia una relazione stabile debitamente attestata;in tal caso non è posto l’obbligo allo Stato membro di consentire l’ingresso,ma solo quello di “agevolarlo”.

La Corte di giustizia ha escluso che l’esercizio del diritto al ricongiungimento implichi l’obbligo di convivenza,poiché il familiare ha diritto di accedere a qualsiasi attività lavorativa anche se questa attività viene esercitata in un posto lontano dal luogo di soggiorno del lavoratore migrante. Qualora il familiare sia cittadino di uno Stato membro egli potrà acquistare un diritto autonomo al soggiorno purché soddisfi le condizioni richieste a tal fine in via generale. È la stessa direttiva a chiarire che il decesso del cittadino UE o la sua partenza dal territorio dello Stato ospitante non incidono sul diritto di soggiorno dei suoi familiari aventi la cittadinanza di uno Stato membro.

Neppure il divorzio,l’annullamento del matrimonio o lo scioglimento dell’unione registrata possono comportare un limite del diritto al soggiorno del familiare. Circa la situazione dei figli, la Corte ha precisato che il figlio di un lavoratore di uno Stato membro che sia stato occupato in un altro Stato membro conserva la qualità di familiare del lavoratore qualora la famiglia ritorni nello Stato di origine ed il figlio rimanga nel paese ospitante al fine di continuare qui i propri studi.

Il familiare ha diritto, per un periodo non superiore a 3 mesi, di accompagnare o raggiungere il cittadino UE nello Stato membro in cui quest’ultimo si sia trasferito. Per i soggiorni inferiori a 3 mesi è esclusa,quindi,qualsiasi formalità. Per quelli di durata superiore, invece, si prevede che i familiari cittadini di uno Stato membro vengano iscritti, se ciò è richiesto dallo Stato membro,presso le autorità nazionali competenti, ed ottengano il relativo attestato di iscrizione su semplice presentazione della carta d’identità e di un documento che attesti la qualità di familiare ammesso al ricongiungimento. Il familiare che invece non sia cittadino di uno Stato membro dovrà ottenere una “ carta di soggiorno”.

Il ricongiungimento con familiari che non sono cittadini di uno Stato membro dell’Unione Europea

Riguardo ai requisiti per l’ingresso, la direttiva 2004/38/CE chiarisce che i familiari non aventi la cittadinanza di uno Stato membro sono soggetti all’obbligo del visto; questo può essere richiesto dal regolamento che stabilisce l’elenco degli Stati terzi i cui cittadini devono ottenere il visto di ingresso. La direttiva esonera i familiari dal requisito del visto quando siano in possesso della “carta di soggiorno di un familiare di un cittadino dell’Unione” rilasciata da uno Stato membro;in tal caso,infatti, il cittadino di uno Stato terzo ha già ottenuto il diritto al soggiorno in uno Stato membro per ricongiungimento familiare ed intende trasferirsi in un diverso Stato membro. La direttiva richiede agli Stati membri di concedere a dette persone ogni agevolazione affinché ottengano i visti necessari.

Al fine di agevolare l’ingresso del familiare,la Corte ha affermato che il cittadino di uno Stato terzo,coniugato con il cittadino di uno Stato membro,non può essere respinto alla frontiera qualora,privo di un documento valido o,se necessario,di un visto,possa comunque provare la sua identità ed il legame coniugale,purché non vi siano elementi per stabilire che rappresenti un pericolo per l’ordine pubblico o la sicurezza o sanità pubblica.

La direttiva 2004/38 riconosce,a certe condizioni, il diritto del familiare di ottenere un diritto al soggiorno autonomo; essa prevede che in ogni caso la partenza del cittadino dell’Unione o il suo decesso non comportano la perdita del diritto di soggiorno dei figli o del genitore che ne ha l’effettivo affidamento, se essi risiedono nello Stato membro ospitante e sono iscritti in un istituto scolastico per seguirvi gli studi,finche non terminano. Il diritto di soggiorno è comunque soggetto al requisito che il familiare eserciti un’attività lavorativa o disponga di risorse sufficienti.

Riguardo la regime di soggiorno, la direttiva estende i limiti previsti per i cittadini degli Stati membri(ordine pubblico,pubblica sicurezza e sanità pubblica) anche al familiare ammesso al ricongiungimento, qualunque sia la sua cittadinanza. Ai fini del soggiorno per un periodo inferiore a 3 mesi dei familiari che non siano cittadini di uno Stato membro non può essere prevista alcuna formalità; per soggiorni superiori a 3 mesi, può essere richiesto il rilascio di un documento,detto “carta di soggiorno di familiare di un cittadino dell’Unione”, soggetto alla sola condizione che l’interessato presenti il passaporto,un documento che attesti la qualità di familiare,nonché la prova del soggiorno nello Stato membro ospitante del cittadino dell’Unione che accompagna o raggiunge. La carta di soggiorno è valida 5 anni oppure per la durata del soggiorno del cittadino UE se inferiore a 5 anni. I familiari che non hanno cittadinanza di uno Stato membro acquistano il diritto di soggiorno permanente dopo aver soggiornato legalmente e continuativamente per 5 anni nello Stato ospitante

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