Anche il diritto del lavoro si è occupato del caso in cui un imprenditore trasferisca la proprietà o il godimento di un’azienda, e lo ha fatto prevedendo una disciplina speciale, più garantista rispetto a quella generale della cessazione di azienda (art. 2558 e ss.). Tale disciplina è contenuta nell’art. 2112, che mira a tenere indenni i lavoratori dalle conseguenze dell’operazione di trasferimento, prevedendo che i loro rapporti vengano trasferiti , assieme con l’azienda, alle dipendenze del nuovo titolare della medesima.

Per trasferimento d’azienda, comunque, si intende qualsiasi operazione che comporti il mutamento nella titolarità di un’attività economica organizzata, con o senza scopo di lucro, al fine della produzione e dello scambio di beni . Tale disposizione suscita numerosi interrogativi a cominciare dalla locuzione attività economica organizzata , con la quale il legislatore sembra aver inteso comprendere nella fattispecie la cessione di qualunque attività , anche se prova di un significativo substrato di beni materiali. In considerazione del riferimento all’attività e non più ai beni, è quindi lecito affermare che l’oggetto del trasferimento è ormai la stessa impresa ex art. 2082. Tale disciplina, comunque, si applica anche al trasferimento di un mero ramo d’azienda, del quale è necessario dare una definizione concreta, dal momento che quanto più facile è circoscrivere un ramo d’azienda, tanto più lo è esternalizzare segmenti dell’attività aziendale, che a loro volta si portano dietro il rispettivo carico di dipendenti. L’art. 2112 (co. 5) dispone che per ramo d’azienda si intende una articolazione funzionalmente autonoma di un’attività economica organizzata, identificata come tale dal cedente e dal cessionario al momento del trasferimento . L’elemento cardine di questa definizione è il concetto di articolazione funzionalmente autonoma : perché un complesso di beni aziendali costituisca un ramo d’azienda, occorre che essi diano luogo ad un’articolazione dell’azienda dotata di autonomia funzionale nel quadro del processo produttivo aziendale. Mentre in passato tale autonomia doveva essere preesistente al trasferimento , il d.lgs. n. 276 del 2003 ha soppresso il requisito della preesistenza , ritenendo sufficiente che il ramo d’azienda sia identificato come tale al momento del trasferimento. Si tratta chiaramente di una previsione tendente a favorire le esternalizzazioni, in quanto rende più facile trasferire anche piccoli segmenti di attività, con il loro portato di lavoratori.

Precisati i confini di tale fattispecie, occorre analizzare gli effetti giuridici che la legge connette al verificarsi della stessa:

  • l’art. 2112 co. 1 ( in caso di trasferimento d’azienda il rapporto di lavoro continua con l’acquirente e il lavoratore conserva tutti i diritti che ne derivano ) sancisce l’automatico passaggio del rapporto di lavoro (successione legale).

Tale regola comporta che il lavoratore appartenente ad un’azienda o ad un ramo d’azienda in vista di essere ceduto non possa essere licenziato a causa del trasferimento. L’art. 2112 co. 4, infatti, dispone che il trasferimento dell’azienda non costituisce di per sé motivo di licenziamento . Peraltro, può essere il lavoratore a non essere contento del trasferimento, per cui la legge gli consente di dimettersi per giusta causa dal rapporto di lavoro, entro tre mesi dal trasferimento.

  • l’art. 2112 co. 1, oltre alla continuazione del rapporto di lavoro, stabilisce la conservazione dei diritti maturati nella pregressa fase del rapporto (es. anzianità di servizio, condizioni previste dal contratto individuale). Tale conservazione dei diritti, tuttavia, non comporta l’inalterabilità del regime del rapporto per il futuro. Per ciò che attiene ai diritti che derivano al singolo dal contratto collettivo, infatti, l’art. 2112 co. 3 dispone che il lavoratore che passa alle dipendenze del nuovo datore di lavoro ha diritto di vedersi applicati i contratti collettivi vigenti alla data del trasferimento, ma ciò non nel caso in cui vi siano altri contratti collettivi applicabili all’impresa cessionaria. L’effetto di sostituzione, quindi, si produce soltanto fra contratti del medesimo livello.
  • l’art. 2112 co. 2, disciplinando l’ipotesi in cui, all’atto del trasferimento, il lavoratore vanti dei crediti dal precedente datore di lavoro, dispone che il cedente e il cessionario sono obbligati, in solido, per tutti i crediti che il lavoratore aveva al tempo del trasferimento .

Fra i diritti di credito, tuttavia, non rientra quello al trattamento di fine rapporto, dal momento che questo giunge a maturazione soltanto alla cessazione del rapporto, per cui ne è formalmente responsabile solo il cessionario.

  • l’art. 47 della l. n. 428 del 1990, introducendo una garanzia procedurale, prevede l’obbligo, per chi progetta di cedere un’azienda con più di quindici dipendenti, così come per chi intende acquisirla, di attivare una procedura di informazione e consultazione, onde consentire un controllo sindacale sulla vicenda.

Tale procedura consta delle seguenti fasi:

  • deve essere data una comunicazione informativa, da inviarsi almeno venticinque giorni prima del trasferimento, alle rappresentanze sindacali unitarie o aziendali, nonché alle associazioni sindacali di categoria che hanno stipulato il contratto collettivo applicato nelle imprese interessate al trasferimento.
  • ricevuta la comunicazione, i soggetti sindacali possono richiedere alle imprese un esame congiuntivo della situazione, che però può protrarsi al massimo per dieci giorni.
  • l’eventuale violazione di tale diritto di partecipazione costituisce un comportamento antisindacale ex art. 28 St. lav.
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