Le discipline dell’ azienda che si traducono in regole diverse dal dir comune, concernono la forma del trasferimento dei beni che la compongono, i contratti stipulati per l’ esercizio dell’ impresa, i crediti e i debiti relativi all’ azienda ceduta, il divieto di concorrenza a carico del cedente, il trasferimento della ditta, e particolari oneri ed obblighi a carico di chi ne acquista l’ usufrutto o ne divenga affittuario.

A) La prima regola attiene alla forma dei negozi di trasferimento, a qualsiasi titolo, della proprietà o del godimento dell’ azienda. Questi devono essere provati per iscritto, se pertinenti ad attività d’ impresa soggetta a registrazione, anche quando la forma del trasferimento del singolo bene sia libera. Deve peraltro essere rispettata anche la forma stabilita dal codice ai fini della validità dell’ atto, con riferimento vuoi al singolo bene, vuoi allo specifico contratto stipulato. L’ atto di trasferimento dell’ azienda deve essere iscritto entro 30gg dalla sua stipula nel registro delle imprese a cura del notaio autenticante la scrittura privata o rogante l’ atto pubblico, a fini di pubblicità legale.

B) La successione nei contratti stipulati per l’ esercizio dell’ azienda e in corso d’ esecuzione è effetto naturale del trasferimento d’ azienda. Le parti possono escluderla con un’ espressa pattuizione al riguardo. L’ art. 2610.1 ribadisce che in caso di trasferimento d’ azienda l’ acquirente “subentra” anche nel contratto di consorzio. Se non è necessario che il terzo consenta alla continuazione del contratto ceduto perchè la successione si verifica ipso iure, il terzo può però recedere entro 3 mesi dalla ricezione della notizia, ma solo se prova l’ esistenza di giusta causa al riguardo: in specie la obiettiva incapacità del cessionario di adempiere alla prestazione dovuta.

C) Al trasferimento d’ azienda consegue l’ applicazione di discipline difformi da quelle civilistiche anche con riferimento ai crediti e ai debiti inerenti l’ azienda. Quanto ai crediti, questi non si trasferiscono automaticamente, dovranno invece essere menzionati espressamente in quell’ atto affinchè effetto traslativo nei loro confronti si verifichi. Peraltro, l’ iscrizione dell’ atto di trasferimento d’ azienda nel registro delle imprese sostituisce alla notificazione al debitore o alla sua accettazione ex art. 1264, anche per risolvere situazioni di conflitto. Il debitore che non fruisce più di notizia personalizzata trova solo una protezione residuale: è liberato se prova di avere pagato in buona fede all’ alienante, il quale poi ovviamente tenuto a consegnare all’ acquirente l’ importo ricevuto. Quanto ai debiti che risultino dalle scritture contabili obbligatorie, ve ne è ipso iure accollo cumulativo in capo all’ acquirente anche se non sono menzionati nell’ atto traslativo d’ azienda (art. 2560.2).La ratio è di voler comunque conservare al creditore aziendale pretesa sul complesso dei beni che rappresentano l’ azienda. L’ alienante non è però liberato a meno che il creditore vi abbia acconsentito.

D) Altro effetto naturale del trasferimento d’ azienda è il divieto di concorrenza da parte dell’ alienante (art. 2257). Ha per contenuto il non essere legittimato, l’ alienante, ad iniziare una nuova attività d’ impresa che “per l’ oggetto, l’ ubicazione o altre circostanze” sia idonea a sviare clientela dall’ acquirente. Dura 5 anni. Il contenuto del divieto può essere ampliato per accordo fra alienante e acquirente, purchè non impedisca ogni attività professionale del primo. La clausola che contravvenga a tale precetto limitando eccessivamente l’ iniziativa dell’ alienante è La durata del divieto non può essere invece ampliata. Nel caso di usufruttore di affitto d’ azienda, il divieto si applica nei confronti anche del proprietario e del locatore per la durata dell’ intero rapporto.

E) E’ intimamente collegato al trasferimento d’ azienda quello della La ditta infatti non può essere trasferita separatamente dall’ azienda. Si applicano tuttavia discipline diverse a seconda che ricorra trasferimento per atto tra vivi o successione mortis causa. Nel primo caso, la ditta passa all’ acquirente solo se così le parti abbiano espressamente pattuito nell’ atto traslativo d’ azienda o in atto separato a quello collegato (art. 2565.2). Nel secondo caso la ditta si trasmette al successore come effetto naturale della successione d’ azienda per causa di morte, a meno di diversa disposizione testamentaria (art. 2565.3).

F) Infine, usufruttuario ed affittuario dell’ azienda devono condurre l’ impresa senza modificare il complesso aziendale. Si usa distinguere, nella pratica, fra “capitale fisso” e “capitale circolante”: il secondo sarebbe nella disponibilità dell’ usufruttuario e dell’ affittuario, il primo no. La vicenda risulta in realtà meno semplice. In particolare, l’ azienda potrà arricchirsi di nuovi beni che entrano nella titolarità del nudo proprietario. Ed è proprio a ragione della dinamicità della gestione imprenditoriale considerata che l’ art. 2561.4 prevede un inventario iniziale ed uno alla fine del rapporto. La differenza, calcolata sulla base dei valori correnti al termine del rapporto, verrà regolata in danaro dal proprietario all’ usufruttuario o all’ affittuario se il valore è aumentato, e viceversa se ciò che si restituisce vale meno di ciò che si era ricevuto ad inizio del rapporto. Il principio non è inderogabile, potendosi pattiziamente porre a carico dell’ una o dell’ altra parte il rischio dell’ incremento o decremento di valore. Alla costituzione in usufrutto e alla concessione in affitto si applicano, sempre come effetto naturale dell’ atto, le discipline di cui agli artt. 2558 e 2559. Nell’ ipotesi in cui infine l’ usufruttuario o l’ affittuario disattendano all’ obbligo di esercitare l’ impresa in modo da conservare efficienza ed organizzazione degli impianti, tali rapporti si sciolgono.

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