Nell’ultimo quarto del XIX secolo, le profonde trasformazioni economiche e sociali determinate dalla rivoluzione industriale polvere in primo piano l’esigenza di una disciplina specifica del contratto e del rapporto di lavoro, per i quali fino ad allora si riteneva sufficiente il diritto comune dei contratti.

La legislazione ottocentesca nemmeno prevedeva una disciplina propria del contratto di lavoro. Il codice civile di allora assiduità a vietare l’assunzione dell’obbligo di lavorare senza termine.

Anche la prima legislazione speciale della materia tendeva più a realizzare l’interesse pubblico che a tutelare l’interesse dei lavoratori, limitandosi a porre limiti in tema di occupazione delle donne e fanciulli e di orario di lavoro.

I lavoratori ben presto si resero conto che la debolezza economica e sociale che caratterizzava la posizione di uno di loro nei confronti del proprio datore di lavoro poteva essere superata esclusivamente con una azione collettiva.

Nacque così il sindacato che è la volontaria, e perciò libera, associazione dei lavoratori alla quale è affidata alla tutela degli interessi collettivi di questi.

L’associazionismo operaio fu osteggiato a lungo dallo stato sia per la sua connessione con movimenti politici ritenuti eversivi dell’ordine pubblico, sia per l’idea che l’azione coalizzata dei lavoratori potesse impedire lo spontaneo equilibrio del mercato.

Il sindacato crebbe tanto che già aveva acquistato una notevole capacità di pressione sul datore di lavoro ed avevo ottenuto riconoscimenti dell’ordinamento giuridico.

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