La contrattazione collettiva può svolgersi con diverse modalità e a diversi livelli.

Al vertice e si possono collocare gli accordi inteconfederali, che intervengono fra le confederazioni sindacali dei lavoratori (Cgil-Cisl-Uil) e quelle dei datori di lavoro; con essi di regola vengono disciplinati istituti di portata generale o comuni ai diversi settori produttivi. In passato gli accordi interconfederali hanno regolato spesso aspetti ancora non disciplinati dalla legge, come è accaduto per i licenziamenti individuali e collettivi, e per le modalità di costituzione delle rappresentanze unitarie del personale..

Il livello di negoziazione più diffuso è sicuramente il contratto nazionale di categoria, che coinvolge gli organismi centrali dei sindacati interessati, e mira ad individuare una piattaforma comune a tutti i lavoratori di un particolare settore produttivo (metalmeccanici, chimici, tessili eccetera) indipendentemente dall’impresa di appartenenza e dal luogo di lavoro. Tale contratto ha costituito il principale punto di riferimento per i contratti individuali, ma ha svolto anche importanti funzioni innovative.

I contratti nazionali tendono ad uniformare le situazioni lavorative diversificate, in particolare attribuendo alle aree di lavoro più disagiate condizioni uguali a quelle più evolute. Un’uniformità fra la retribuzione delle varie aree territoriali sembra non adeguata, potendo il contratto nazionale fare rifermiento per questo ai contratti decentrati.

La contrattazione a livello aziendale, particolarmente sviluppata nelle aree in cui è maggiore il radicamento sindacale, è finalizzata a ottenere localmente condizioni più favorevoli di quelle ottenute a livello nazionale. Attualmente, a seguito del protocollo del 93, la contrattazione aziendale può riguardare solo argomenti diversi rispetto alla contrattazione aziendale. Con l’insorgere della crisi economica ed il contemporaneo ridursi della forza dei sindacati, dalla fine degli anni 70, il contratto collettivo aziendale ha svolto anche funzioni gestionali.

L’origine dei contratti collettivi gestionali è legata proprio all’affermazione di una contrattazione di minuti va delle tutele e non più soltanto acquisitiva cioè rivolta essenzialmente al miglioramento delle condizioni economiche e normative dei lavoratori. Infatti il contratto collettivo gestionale e utilizzato nei processi di ristrutturazione delle aziende in crisi, affidandosi ai sindacati il compito di intervenire durante la formazione delle decisioni imprenditoriali, nel tentativo di attenuare l’impatto negativo sui lavoratori occupati nell’impresa.

In questi casi si distingue fra gli accordi che definiscono l’intervento sindacale nella fase della formazione della decisione imprenditoriale, che non hanno effetti diretti sui rapporti individuali, e quelli che vincolano gli atti di esercizio dei poteri del datore, con riflessi sulle posizioni individuali dei lavoratori.

Ciò ha fatto sorgere la questione dell’efficacia soggettiva dei contratti collettivi gestionali, che secondo alcuni produrrebbero effetti nella sfera giuridica dei singoli lavoratori sono a seguito dell’esercizio del potere unilaterale del datore di lavoro, con conseguente applicazione a tutti i lavoratori impiegati nell’azienda a prescindere dalla loro iscrizione ai sindacati stipulanti. Ad analoghe conclusioni è pervenuta la corte costituzionale (268/94), che ha ritenuto che il contratto collettivo, laddove incida indirettamente sui rapporti individuali, attraverso l’esercizio dei poteri unilaterali dell’imprenditore condizionati dall’accordo, avrebbe efficacia generale e come tale non contrasterebbe con l’art. 39 cost.

A tale tesi si oppongono quelli che negano qualsiasi diversità fra i contratti normativi e gestionali, affermando che l’attività negoziale con cui datore di lavoro dispone del proprio potere organizzativo, non è diversa da quella impiegata nei rapporti con i lavoratori, oggetto del contratto normativo.

Al fine di giustificare l’efficacia generalizzata dei contratti collettivi, una parte della dottrina afferma che tali previsioni, sottoscritte dai sindacati maggiormente rappresentativi, sarebbero quindi vincolanti per la maggioranza dei lavoratori sindacalizzati. Questa tesi però si scontra contro la libertà sindacale del singolo di sottrarsi a tali previsioni.

In conclusione va negata all’autonoma configurazione dei contratti gestionali come figura di specie diversa dal contratto normativo.

Un ulteriore aspetto nel quale si manifesta il potere contrattuale dei sindacati e la concertazione, cioè la sottoscrizione di accordi triangolari tra le parti sociali e governo, per armonizzare le politiche occupazionali e ridurre le conflittualità. La concertazione trova eco in una prassi di accordi territoriali, volti a determinare discipline collettive in relazione a specifiche esigenze esistenti localmente (spesso anche attraverso la previsione di condizioni meno favorevoli ai lavoratori).

 

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