Licenziamento discriminatorio

A parte viene contemplato un tipo di licenziamento ritenuto offensivo di beni importanti e protetti in modo particolare dal medesimo, in relazione al principio costituzionale di uguaglianza, ossia il licenziamento discriminatorio, determinato, appunto, da ragioni discriminatorie (es. sindacali, politiche, religiose, razziali, sessuali). Da parte del lavoratore, asserire che il licenziamento ha avuto tale carattere significa addurre un vizio ulteriore rispetto alla semplice carenza di giustificazione dello stesso. Inoltre, diversamente che per il giustificato motivo, l’onere della prova delle discriminazione effettuata attraverso il licenziamento ricade sul lavoratore.

Il licenziamento discriminatorio è sempre nullo, a prescindere dalla motivazione formalmente adottata e comporta sempre, a prescindere dal numero dei dipendenti occupati, l’applicazione dell’art. 18 St. lav.

Residue ipotesi di licenziamento ad nutum

In relazione al regime del recesso del datore di lavoro, la regola della libera recedibilità sopravvive ormai in poche residue ipotesi:

  • dirigenti, a motivo del carattere spiccatamente fiduciario del relativo rapporto di lavoro, sebbene a favore di essi i rispettivi contratti collettivi di solito prevedano la facoltà del dirigente di far valere, dinanzi ad un collegio, il carattere ingiustificato del recesso.
  • lavoratori domestici.
  • lavoratori ultrasessantenni in possesso dei requisiti per la pensione di vecchiaia.
  • lavoratori in periodo di prova, licenziati per esito negativo della medesima, sebbene in questo caso il lavoratore possa comunque impugnare il licenziamento, asserendo di non essere stato posto in condizione di effettuare la prova nelle mansioni per le quali era stato assunto, o comunque per un tempo sufficiente a dare prova delle proprie capacità.

Occorre sottolineare che, anche qualora un’eventuale impugnazione sia vittoriosa in giudizio, essa non dà titolo a richiedere l’applicazione dell’ordinario regime sanzionatorio (es. art. 18 St. lav.), bensì soltanto ad un risarcimento dei danni, in una misura da stabilire da parte del giudice.

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