Le prospettive di politica giurisprudenziale che possono aprirsi al nostro organo di giustizia costituzionale sono tra loro molto diverse:

  • conservazione: alla Corte si riconoscerebbe un ruolo oppositivo ai mutamenti, in forza della funzione sostanzialmente conservatrice della giustizia costituzionale, soprattutto a seguito della sent n. 1146 del 1988 (competenza della Corte a <<giudicare sulla conformità delle leggi di revisione costituzionale e delle altre leggi costituzionali anche nei confronti dei principi supremi dell’ordinamento>>, dal momento che <<se così non fosse, si perverrebbe all’assurdo di considerare il sistema delle garanzie giurisdizionali della Costituzione come difettoso e non effettivo proprio in relazione alle sue norme di più elevato valore>>);
  • maieutica: la Corte si impegnerebbe in direzione del mutamento istituzionale, orientando la propria giurisprudenza verso una riforma costituzionale profonda;
  • garanzia revisionale: la Corte mirerebbe a difendere le garanzie insite nei processi di revisione costituzionale (artt. 138 e 139), tenendo un atteggiamento neutrale nei confronti delle riforme.

Questa terza ipotesi è sicuramente prevalente, ma nello svolgimento di tale compito è necessario che la Corte:

  • sia assolutamente indipendente dal sistema dei partiti;
  • sia tempestiva nelle decisioni: una giustizia costituzionale che arriva in ritardo, infatti, è priva di qualsiasi significato;
  • mantenga un livello costituzionale delle pronunce, evitando allineamenti con le tecniche decisorie dei giudici comuni;
  • salvaguardi la continuità giurisprudenziale.
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