La questione sull’oggetto del giudizio ha diviso la dottrina tra coloro che lo identificavano con la disposizione e coloro che invece lo identificavano nella norma.

Va tenuto presente che :

1) se si vuole identificare l’oggetto avendo attenzione alla natura ed effetti delle decisioni di costituzionalità si può notare una disarmonia infatti:

a) a seguito di sentenza di accoglimento non si applicherà + non solo la norma impugnata ma anche ogni altra norma desumibile dalla stessa disposizione, quindi la disposizione stessa. Quindi l’oggetto teorico del giudizio è la norma, ma negli effetti è la disposizione à cioè, con tali pronunzie cade la norma e cade il testo , anche se la corte si pronuncia solo nei confronti della norma.

b) se la sentenza è di rigetto la corte si pronuncia sì sulla questione ma senza alcun effetto sulla norma oggetto, potendo questa essere oggetto di un successivo giudizio

2) se si vuole identificare l’oggetto in base alla concretezza ( incidenza ) del giudizio si può dire che ogni evento giuridicamente significativo , pur avendo per oggetto disposizioni date, si propaga all’ordinamento restante. Le pronunzie della corte quindi, anche se hanno come oggetto norme date, si propagano alle norme di contorno.

Concludendo l’oggetto del sindacato della corte è la situazione normativa che comprende elementi normativi e fattuali connessi fra loro. Ogni norma è l’esito di un processo che comprende sia elementi risultanti dalla disposizione, sia “fatti”.

Non lontano da questo orientamento è la ricostruzione degli studiosi che assegnano un rilievo centrale ai fatti nei giudizi di costituzionalità ( diritto vivente ). Quindi, quale che sia la norma su cui la corte si pronuncia, è necessario per mettere a fuoco e risolvere la questione, considerare tanto gli elementi positivi ( disposizioni ) quanto quelli fattuali

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