Le vicissitudini di attuazione e di riforma del sistema delle autonomie:

  • 1948-1970:
    • emanazione di poche norme dedicate all’attuazione di norme costituzionali sulle regionali speciali.
    • approvazione di una legge (n. 62 del 1953) dedicata al contenuto degli statuti delle Regioni di diritto comune.
    • 1970: viene data attuazione alle Regioni e viene emanata una legge (n. 281) che:
      • accordando il potere legislativo alle Regioni, ne stabiliva i limiti di conformazione alla legge nazionale.
      • trasferiva le funzioni ed il personale dallo Stato alle Regioni, sebbene venne attribuita allo Stato la funzione di indirizzo e coordinamento delle attività amministrative delle Regioni.

Nonostante l’intervento della Corte Costituzionale, teso a stabilire la legittimità costituzionale di questa legge, la prevalente opinione politica riteneva che il trasferimento delle funzioni fosse insufficiente, dato anche dal fatto che furono creati numerosi ritagli di funzioni che venivano mantenute alla competenza dello Stato.

  • 1977, la legge 616:
    • operava un decisivo ampliamento degli ambiti materiali affidati all’intervento delle Regioni.
    • provvedeva ad ampie deleghe per l’esercizio di funzioni amministrative di cui lo Stato rimaneva formalmente titolare.
    • perdurava nel limitare fortissimamente le sfere di autonomia regionale sia riguardo la potestà legislativa sia riguardo quella amministrativa, mentre definiva pressoché inesistente quella finanziaria.
    • seconda metà degli anni ’80:la Corte costituzionale contribuì fortemente a valorizzare la collaborazione fra Stato e Regione, promuovendo il più ampio coordinamento tra tutti i livelli di Governo.
    • 1990: viene approvata una legge (n. 142) avente come obiettivo quello di attribuire al legislatore regionale un ruolo chiave specialmente nella realizzazione di un efficiente sistema di autonomie locali.
    • Leggi Bassanini (1997-1998): piena attuazione dei principi costituzionali riguardanti il riconoscimento e la promozione delle autonomie e il decentramento, in particolare:
      • numerando tassativamente le funzioni spettanti alla titolarità degli apparati statali.
      • provvedendo residualmente al conferimento di tutte le altre funzioni alle Regioni ed alle autonomie.
      • subordinando il passaggio delle funzioni agli enti all’avvenuto trasferimento da parte dello Stato alle Regioni del personale e delle risorse finanziarie indispensabili per il loro esercizio.
      • Legge costituzionale del 1999: aveva il preciso obiettivo di superare il precedente modello di Governo, caratterizzato dalla prevalenza del Consiglio rispetto all’esecutivo:
        • costruzione di un modello costituzionale incentrato sull’elezione diretta del Presidente della Giunta regionale, in linea con la evoluzione in senso maggioritario dei sistemi elettorali.
        • ampliamento dell’autonomia statutaria delle regioni di diritto comune.
        • Legge costituzionale del 2001: viene sviluppata e completata la tendenza innovativa che aveva ispirato la riforma del federalismo amministrativo a Costituzione invariata, semplicemente attraverso un riassetto del sistema delle autonomie e dei suoi rapporti con lo Stato. I punti salienti di questa legge costituzionale sono:
          • la parificazione da un punto di vista gerarchico dei livelli di Governo.
          • la conferma dell’esistenza di due tipi di Regione:
            • Regioni a statuto speciale, che dispongono di forme e condizioni particolari di autonomia, secondo i rispettivi Statuti speciali, adottati con legge costituzionale (art. 116).
            • Regioni di diritto comune, la cui autonomia è disciplinata dalla Costituzione secondo un modello ispirato alla uniformità. Viene tuttavia introdotta la possibilità di ottenere forme e condizioni particolari di autonomia.
  • viene ribaltato il riparto della potestà legislativa dall’art. 117 che stabilisce che la potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione . Si passa dalla elencazione delle materie sulle quali vi è potestà legislativa delle Regioni ad un elenco tassativo di materie nelle quali lo Stato ha la potestà (117 II co.), accompagnato da un altro elenco tassativo di materie per le quali lo Stato deve fissare i principi fondamentali (117 III co.). La potestà legislativa facoltativa non risulta prevista, ma si ammette comunque la tesi secondo la quale lo Stato possa delegare alla Regione il potere di dettare una disciplina nelle materie di legislazione statale esclusiva. Per tutte le altre materie hanno competenza le Regioni.
  • viene superato il principio del parallelismo e vengono introdotti quelli di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza, secondo i quali gli atti amministrativi devono essere affidati al livello di Governo più vicino ai cittadini. Sono al contrario attribuite al livello di Governo più elevato le funzioni amministrative incompatibili con le dimensioni territoriali dei livelli di Governo inferiori (art. 118).
  • viene prevista una garanzia di autonomia finanziaria, in modo tale che ogni ente possa disporre di risorse che non siano dipendenti da altri enti sovraordinati (art. 119).
  • viene eliminato il controllo preventivo dello Stato sulle deliberazioni legislative delle Regioni, tanto che queste, come lo Stato, possono ricorrere alla Corte Costituzionale nei casi sopra descritti.
  • vengono abrogati gli articoli 130, 124 ed il primo comma del 125.
  • viene introdotto un ampio potere sostitutivo straordinario del Governo nei casi previsti dall’articolo 120.
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