Queste teorie politiche, a seguito della sottomissione della Grecia a Roma nel III sec.a.C. vengono riprese da Polibio. Anche Polibio di fronte alla decadenza politica di Roma cerca la costituzione migliore che è la politeia, cioè la costituzione mista, modello di equilibrio tra democrazia ed aristocrazia. Tuttavia, egli sostiene che la costituzione mista non deve rispecchiare l’equilibrio tra ricchi e poveri, bensì l’equilibrio tra i centri di potere. In tal modo il discorso sulla costituzione mista non ha più un carattere spiccatamente sociale come in Grecia ma si traduce in una teoria delle magistrature e dell’equilibrio dei poteri in un contesto, come quello di Roma repubblicana, dove è necessario mantenere l’equilibrio tra i consoli, la componente regia, il Senato, gli aristocratici ed il popolo. Con Polibio, dunque, si registra un forte slittamento di piano della dottrina politica greca del IV sec .a.C.

Infatti, Aristotele e Platone auspicavano innanzitutto un equilibrio sociale prima ancora che istituzionale. Invece, Polibio ritiene necessaria la creazione di un meccanismo produttivo di limitazioni dei poteri che non compete certamente ai cittadini nell’ambito della società.

Quindi non siamo più in presenza di una teoria dell’equilibrio sociale ma di una teoria del disciplinamento del potere. La crisi della repubblica romana fece ritornare in auge la teoria politica di Aristotele perché il mero equilibrio dei poteri realizzato dalla repubblica non fu più efficace. La nuova tendenza fu portata avanti da Marco Tullio Cicerone che scrisse nel momento in cui imperversava il conflitto tra patrizi e plebei e si sentiva l’esigenza della conciliazione. Cicerone, quindi, teorizzò la res publica come res che è del popolo; tuttavia il popolo è solo la moltitudine di individui riunita sulla base di un consenso sul diritto e di una comunanza d’interessi. Pertanto, è chiaro che anche per Cicerone come per la dottrina politica greca del IV sec. a.C. una forte res publica esige la presenza di un contesto sociale pacificato e fondato sull’equilibrio e il consenso. La res publica in altri termini può nascere solo se esiste il consenso, l’impegno di tutti , della classe dirigente e del popolo ed ha bisogno per non degenerare, della Costituzione mista , un insieme di regole che Cicerone chiama status civitatis. Questo insieme di regole che sono l’essenza della res publica si basa sull’aequabilitas che è la proiezione sul piano politico dell’equità e della moderazione cui tutti i componenti della collettività a qualsiasi classe sociale appartengono sono chiamati.

La costituzione è intesa come criterio di ordine e di misura dei conflitti sociali e politici.

Non è una norma come per i moderni ma è un’esigenza da soddisfare, un’ideale da perseguire nei momenti di crisi.

Essa rappresenta un progetto di conciliazione sociale e politica e, quindi, non può nascere da una concessione unilaterale dei vincitori ai vinti ma, come la costituzione dei padri, deve nascere dall’accordo e dalla mediazione. Glia antichi suggeriscono ai moderni che una comunità politica può avere una costituzione, una regola che ne garantisca l’unità e la stabilità solo se in essa non prevale un unico principio in modo assoluto ma si combinano interessi e principi diversi.

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