La concezione di Friedrich Mommsen è nota a tutti come Differenztheorie.

{Friedrich Mommsen definisce l’interesse come oggetto dell’obbligazione risarcitoria nei termini di “differenza tra la consistenza attuale del patrimonio e quella che esso avrebbe ove non si fosse verificato l’accadimento lesivo”, distinguendolo poi in danno emergente, o danno positivo, e lucro cessante, o danno privativo, a seconda che la perdita si riferisca al patrimonio attuale o ad un aumento di esso che si sarebbe verificato se non fosse intervenuto l’accadimento lesivo}.

La definizione vige tuttora nella dottrina germanica, anche se non in termini esclusivi, essendosi intanto fatta luce una concezione normativa del danno, che lo identifica con la lesione di un interesse giuridicamente tutelato.

Una divisione analoga si è verificata nella dottrina italiana, nella quale si è da una parte accolta la definizione mommseniana di danno, dall’altra definito il danno in funzione della qualificazione di ingiustizia, identificandolo tout court con la lesione della sfera giuridica altrui.

In realtà sia nella norma tedesca che in quella italiana il danno che genera responsabilità e si traduce in oggetto dell’obbligazione risarcitoria viene giuridicizzato, ossia riceve una connotazione normativa specifica nel momento in cui viene qualificato in esito alla lesione di una situazione giuridica.

Il danno, conformemente alla definizione mommseniana, è perdita, è ammanco di utilità per chi lo subisce, ma ai fini della responsabilità non rileva come tale fin quando non sia qualificabile come risultato di una lesione giuridicamente rilevante.

{Il risarcimento previsto dal § 651 per il danno da vacanza rovinata costituisce un indice positivo preciso che il danno non sempre si identifica con una differenza patrimoniale.

Nella disciplina italiana non si trova una previsione specifica relativa al danno da vacanza rovinata}.

La lesione di ogni diritto e di ogni interesse giuridicamente tutelato è in grado di generare responsabilità, anche al di là dei confini che il legislatore storico ha inteso segnare.

Il § 823, comma I, infatti, nomina certi diritti soggettivi e poi evoca il diritto soggettivo in generale; il § 823, comma II, rende rilevante ogni interesse che, pur non ammontando a diritto soggettivo, risulti protetto da una Schutzgesetz, da una norma di protezione.

{Claudio Scognamiglio ha sostenuto la possibilità di usare la tecnica della Schutzgesetz anche nel nostro ordinamento, nei termini di un’identificazione dell’ingiustizia con la violazione di interessi che risultino protetti da una disciplina legislativa e che non abbiano acquisito la configurazione di vere e proprie situazioni giuridiche soggettive.

Applicando questo criterio, Scognamiglio perviene alla conclusione che la disciplina antitrust contenuta nella l. 287/1990, che vieta condotte anticoncorrenziali delle imprese, possa fondare una tutela risarcitoria anche a favore dei consumatori che da tali condotte risultino danneggiati}.

I significati delle espressioni normative sono stati intesi in modo restrittivo rispetto alla potenzialità dei rispettivi significanti: così, mentre gli interessi protetti la cui lesione darebbe adito a responsabilità finiscono con l’essere identificati con quelli tutelati da norme penali, i diritti soggettivi altri da quelli nominati dal § 823, comma I, hanno continuato ad essere identificati con quelli caratterizzati dall’assolutezza, come i diritti della personalità ed i diritti reali.

E se da un lato il possesso, per la sua assimilabilità al diritto reale quantomeno sotto il profilo dell’immediatezza, risulta tutelato, rimane fuori dalla tutela il diritto di credito.

{Secondo Peter Schlechtriem, Karl Larenz e Claus-Wilhelm Canaris la dottrina dominante non riconosce il diritto di credito a causa del suo carattere di relatività, come “altro diritto” suscettibile di tutela ai sensi del § 823 BGB: questi autori argomentano a favore della responsabilità nel caso in cui il credito sia reso oggetto di un atto di disposizione del non titolare, che sia efficace in favore di un terzo: quando cioè sia leso il potere di disposizione del creditore.

In Italia si parla di lesione del diritto di credito con riguardo alle ipotesi in cui il terzo rende impossibile la prestazione del debitore, cioè la realizzazione del credito, senza che ne sia stata offesa la titolarità}.

La tutela aquiliana del diritto di credito è ormai indiscussa in Italia (a far data da Cass. S.U. 174/1971).

Ai due commi del § 823 occorre aggiungere il § 826, il quale prevede che chi con dolo cagiona danno in maniera contraria al buon costume è obbligato al risarcimento nei confronti del danneggiato.

Tale norma, insieme al comma II del § 823, è in grado di ampliare la portata del § 823, comma I, ma tutte queste norme non riescono a coprire l’intera area di cui è capace il nostro sintagma “danno ingiusto”.

{È perciò inesatta l’affermazione di Cass. 1421/1998, secondo cui la nozione di danno ingiusto sembra essere approdata agli stessi risultati applicativi derivanti dalla norma del codice civile tedesco}.

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