Il danno meramente patrimoniale si caratterizza, nonostante un’accertata perdita patrimoniale, per l’assenza della lesione di una situazione soggettiva, indicata dall’avverbio “meramente” o “puramente”.

{Secondo Mario Libertini potrebbe più propriamente parlarsi di lesione del diritto alla reputazione economica, o forse del diritto di libertà di iniziativa economica}.

Cass. 4755/1986 ha affermato la risarcibilità del danno puramente patrimoniale, ribadendo l’invenzione giudiziale di un diritto all’integrità del patrimonio.

L’integrità del patrimonio non è irrilevante per l’ordinamento ed anzi costituisce l’obiettivo dominante dell’intera responsabilità civile, nella quale il danno non patrimoniale è risarcibile solo nei casi determinati dalla legge.

Il danno patrimoniale è stato sempre pensato come tutela di situazioni soggettive, ciascuna concorrente a formare la categoria complessiva “patrimonio”, equivalente all’insieme di esse e perciò non in grado di esaurirsi a sua volta in una situazione soggettiva.

Nel momento in cui oggetto della tutela risarcitoria diventa il patrimonio nella sua totalità, diventa peregrino individuare sotto quale profilo particolare esso sia stato leso.

{Secondo James Gordley l’esclusione della risarcibilità del danno meramente economico nel BGB è dovuta alla distinzione, che sarebbe frutto puro del concettualismo di fine ottocento, tra diritti assoluti e diritti relativi, i primi testualmente indicati come tutelati dal § 823 BGB ed i secondi no.

Ma non si tratta di questo.

Anzitutto il danno puramente economico è il danno che non risulta dalla violazione di una situazione soggettiva, mentre tali sono i diritti di credito onde, accertata una violazione di essi, non si dovrebbe propriamente parlare di danno meramente patrimoniale.

E se a tale categoria nel diritto tedesco sono ricondotti i danni da lesione del diritto di credito, ciò accade perché in quell’esperienza si è ancora convinti che i diritti relativi, proprio perché tali, consentono tutela solo nei confronti di un debitore, non di qualsiasi soggetto che pur abbia arrecato danno al creditore: nel momento in cui essi non vengono riconosciuti suscettibili di tutela aquiliana, il danno conseguente alla lesione di essi viene appunto ascritto alla categoria informe del danno meramente patrimoniale.

Quanto alla distinzione tra diritti assoluti e diritti relativi, essa non è figlia del concettualismo imperante in Germania ai tempi della redazione del BGB, ma è espressiva della idoneità che certi diritti (assoluti), diversamente da altri (relativi), hanno di essere tutelati nei confronti di qualsiasi soggetto.

La questione del danno puramente economico riguarda invece i casi in cui la perdita economica non si possa dire conseguenza della lesione di un diritto e per questo pone problemi di risarcibilità.

I diritti sono la forma accordata dall’ordinamento giuridico a quegli interessi da esso riputati meritevoli di tutela, e perciò anche della tutela aquiliana: nel senso che un interesse che tale forma non abbia acquisita, per definizione si pone fuori dall’area della tutela civile e perciò pure della tutela aquiliana}.

Un risultato del genere potrebbe essere salvato solo riconoscendolo quale implicazione dell’idea che la nostra responsabilità civile è un’unica, grande clausola generale, legittimante il giudice ad attribuire le qualifiche di giusto ed ingiusto ai fatti portati alla sua cognizione.

Da un lato, però, neanche i sostenitori della clausola generale hanno mai teorizzato in questi termini la responsabilità civile, timorosi che la si potesse fraintendere come luogo di una giurisprudenza di equità.

Dall’altro è la stessa Cassazione che si preclude un simile esito sul piano formale, nel momento in cui per accordare il risarcimento del danno meramente patrimoniale ritiene necessario ricorrere all’invenzione del diritto alla integrità del patrimonio.

Ma la stessa qualificazione di ingiustizia diventa a questo punto pleonastica, perché se il danno di rilevanza economica significa perdita patrimoniale, non v’è bisogno di una qualificazione ulteriore, che risulta ripetitiva del sostantivo.

La pronuncia a Sezioni unite 500/1999 ha sancito la risarcibilità del danno da lesione di interessi legittimi, e parla di un c.d. diritto all’integrità del patrimonio.

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